43 anni fa il maestro venerabile della loggia P2 Licio Gelli ordinò che si scrivesse uno studio di riforma della Costituzione e delle istituzioni. Era lo schema R, che dopo verrà trasformato nel Piano di Rinascita Democratica. Per la verità lo schema R, molto meno conosciuto del piano di Rinascita Democratica, era molto più radicale e più esplicito e presenta singolari analogie con il piano di riforma costituzionale voluto da Renzi. Non sto dicendo che c'è una prosecuzione della P2 di cui Renzi farebbe parte, non è questo, io sto dicendo soltanto una cosa con questo libro: che c'è una cultura politica che ha messo radici in questo Paese, che avuto in Licio Gelli il suo promotore, e che poi ha continuato a farsi strada un po' per volta conquistando anche settori di sinistra fino a imporsi. Prima con la riforma elettorale del 1993 che ha travolto il sistema proporzionale e con esso i partiti organizzati sul territorio, e dopo ha creato man mano nuovi partiti sotto forma di club riuniti intorno a una corte personale, come quella di Arcore o adesso quella del Giglio magico di Renzi.
Per Renzi, come per Gelli, si vota non tanto per eleggere un Parlamento quanto per eleggere il governo, che è quasi un dittatore temporaneo che opera senza limiti. Forse Renzi, che è uomo più di azione che di pensiero, più d'istinto che di studio, non è consapevole di questa somiglianza fra il suo progetto è quello della P2. Restano però le incredibili similitudini e restano soprattutto tre elementi di forte analogia fra quello che è stato la P2 è l'attuale fenomeno del Giglio magico: in primo luogo una cultura politica con molti elementi di contatto; in secondo luogo la comune origine sociale e geografica dei due movimenti che si presentano come fenomeni toscani legati al giro delle piccole banche in conflitto col grande capitale (vorrei ricordare che la banca dell'Etruria nacque su impulso proprio di Licio Gelli nel 1971); e in terzo luogo, un giro di amicizie anche non italiane, fra cui si annoverano molti amici israeliani, la destra repubblicana americana e in particolare Michael Ledeen, personalmente vicino alla P2 e oggi molto amico di uomini della giro stretto renziano.
E sulla base di queste similitudini, io credo che si possa dire che c'è un filo che forse inconsapevolmente porta da Gelli a Renzi passando per Berlusconi. Quello che è comune al progetto di Gelli e al progetto di Renzi è una cultura politica di base che vede come centrale il governo, a scapito del Parlamento e del potere giudiziario. si immagina un governo che sia l'unico elemento decisore, con un Parlamento -e quindi di riflesso con una minoranza una opposizione ridotta ai margini- e con un potere giudiziario sempre più condizionato. Un potere privo di controlli o comunque con controlli assai ridotti, e a loro volta condizionabili.
Si dice che la riforma di Renzi sia una riforma di tipo presidenziale: è vero solo fino a un certo punto. Perché gli Stati Uniti hanno un ordinamento presidenziale che sicuramente privilegia l'esecutivo rispetto al Parlamento, ma che ha molti contrappesi, ha molti meccanismi di limitazione del potere, che invece nella riforma renziana scoloriscono sempre di più. In secondo luogo, vorrei ricordare una cosa: io non credo che questa riforma sia il punto di arrivo, io credo che questa riforma sia semplicemente la premessa per la nuova riforma. L'azzeramento sostanziale del Senato, insieme ad altre norme, rende di fatto molto più facilmente aggirabile l'articolo 138 che è quello sulla revisione costituzionale, e nello stesso tempo serve a riscuotere attraverso il referendum un via libera per un'ulteriore revisione della Costituzione.
Quello che sarà in pericolo, se dovesse vincere il sì, è tutta la prima parte della Costituzione della quale la banca americana JP Morgan ha chiesto esplicitamente il superamento, perché concede troppi diritti e troppe libertà ai governati. Per una volta la propaganda del sì non dice completamente una bugia quando dice "la riforma attendeva da 40 anni”, effettivamente attendeva da 40 anni. Ma chi la attendeva?
Ad attendere quella riforma da 40 anni c'era la P2 e suo piano di rinascita democratica, che risale appunto a 40 anni fa. Non certamente l'opinione pubblica o i lavoratori di questo paese.
#iovotoNo: la deriva autoritaria e la riforma costituzionale attesa da 40 anni....attesa, ma da chi?
Vietato conoscere i contratti segreti tra Stato e Banche: quando la giustizia è asservita al sistema politico
Vi racconto un piccolo pezzo di una triste storia, in cui un popolo viene ridotto a vivere di stenti, condotto verso l'oblìo del fallimento morale e del decadimento sociale, da una classe politica autoreferenziale, corrotta e sprovveduta al governo della res pubblica ma perfettamente integrata e funzionale ad un sistema che ha fatto della disonestà e del malaffare il fondamento della propria esistenza.
Ecco che ogni pezzo del mosaico si ricompone e tutte le parti in gioco collaborano perché il sistema risulti funzionale ad un unico obiettivo: continuare a fruire di centri di potere, prebende, favoritismi e clientelismi che garantiscano la sopravvivenza del sistema stesso, restituendo impunità, potere ed agiatezza.
La sentenza è scritta con linguaggio particolarmente involuto ma, in sostanza, sostiene che il diritto di informare non è motivo che legittimi la richiesta di accesso a documenti della Pubblica amministrazione. Il CdSconferma così la paradossale affermazione del Tar secondo cui se fosse “sufficiente l’esercizio dell’attività giornalistica ed il fine di svolgere un’inchiesta… su una determinata tematica per ritenere, per ciò solo, il richiedente autorizzato ad accedere a documenti della PA sol perché genericamente riconducibili all’oggetto di detta ‘inchiesta’, si finirebbe per introdurre una sorta di inammissibile azione popolare sulla trasparenza dell’azione amministrativa che la normativa sull’accesso non conosce…”. Paradossale, poiché i documenti richiesti non erano “genericamente riconducibili” all’inchiesta ma ne costituivano l’oggetto; e poiché l’informazione giornalistica non è certo ontologicamente funzionale ad “azioni popolari sulla trasparenza dell’attività amministrativa” ma esclusivamente a un’informazione la più completa possibile che consenta conoscenza e consapevolezza, condizioni minime per la sussistenza di una società democratica.
Fin qui si tratta di ovvietà. Dove la sentenza rivela la sua funzionalità ad impedire che l’opinione pubblica sia informata della gestione economicadelle risorse nazionali (ricordiamoci che si tratta di contratti che – in ipotesi – si prospettano sfavorevoli per lo Stato, per alcuni dei quali è tuttavia presente la possibilità di un recesso anticipato), è nella parte in cui sostiene che, pur dovendosi tener conto del DL n. 97 del 2016 art. 5, restano i limiti previsti dall’art. 5 bis. In tal caso, la “PA dovrà in concreto valutare se ilimiti ivi enunciati siano da ritenere in concreto sussistenti”. Motivazione contraddetta da specifiche disposizioni di legge.
Art.5: “Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis.” Quindi “chiunque”; non è necessario “l’interesse giuridicamente rilevante” previsto dalla legge 241/90. Sicché l’affermazione “si deve tener conto, nella suddetta valutazione, anche delle peculiarità della posizione legittimante del richiedente” è in contrasto con la legge.
Quanto al rispetto dei limiti di cui all’articolo 5 bis, essi riguardanosicurezza pubblica e ordine pubblico; difesa e le questioni militari; relazioni internazionali; politica e stabilità finanziaria ed economica dello Stato; indagini penali; protezione dei dati personali; libertà e segretezzadella corrispondenza; interessi economici e commerciali di persone fisiche o giuridiche; segreto di Stato.
Con tutta evidenza, l’unica previsione rilevante nel caso di specie è quella che riguarda la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato. Su questo punto il CdS avrebbe dovuto motivare: la conoscenza dei documenti attinenti alla stipulazione dei contratti derivati avrebbe pregiudicato la politica e la stabilità finanziaria dello Stato? Nessuno lo sa poiché nessuno conosce detti documenti. Ma è significativo che il ministero del Tesoro non ne abbia rifiutato l’accesso con questa motivazione (in realtà non ha dato nessuna motivazione, semplicemente non ha risposto all’istanza del giornalista Romeo). E ancora più significativo è che il CdSnon abbia motivato su questo punto. Perché, se lo avesse fatto, avrebbe dovuto riconoscere che, in mancanza di opposizione da parte del Ministerodel Tesoro fondata su una delle previsioni di cui all’articolo 5 bis del DL 97/2016, la richiesta del giornalista avrebbe dovuto essere accolta.
Insomma, come chiunque a questo punto avrà capito, si doveva nascondere un pessimo affare e un danno per lo Stato di chissà quale ammontare. È così è stato. Facciamo tesoro di queste informazioni e, nel segreto dell'urna elettorale ricordiamoci chi e come ci ha governati negli ultimi lustri.
Renzi, le banche, i mutui e la dittatura del sistema finanziario!
Benvenuti in Italia, paese nel quale la sovranità appartiene alle banche ed il cui governo è totalmente asservito al sistema finanziario. Il governo Renzi non sfugge a questo ordine di cose anzi peggio di altri esecutivi è totalmente al soldo del sistema bancario! Dopo il decreto "salva-banche" e l'estorsione perpetuata ai danni di inermi cittadini cui sono stati sottratti truffaldinamente i risparmi di una vita, arriva in Parlamento una nuova trovata geniale studiata per favorire, ancora una volte e come se ce ne fosse ancora bisogno, l'associazione (a delinquere) bancaria italiana.
Con il decreto legislativo del governo che recepisce la direttiva Ue sui mutui ipotecari «non c’è il rischio di avere la casa pignorata». Questo è quanto chiarisce il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, a margine di un convegno alla Luiss in relazione alle norme sul pignoramento della casa in caso di mancato pagamento di 7 rate di mutuo in discussione nelle commissioni Finanze di Camera e al Senato.
«È una direttiva europea, non è una richiesta dell’Abi» sottolinea Patuelli. «Ho studiato il documento del governo che recepisce la direttiva e non riguarda fatti passati, ma eventualità, possibilità per il futuro, è una cosa lasciata alla libera contrattazione tra le famiglie e gli istituti bancari, e non riguarda il passato e i crediti deteriorati».
Ma che cosa sta succedendo? Il termine tecnico per definire quanto sta accadendo lo sfodera l’avvocato Rosanna Stifano, presidente provinciale di Assoutenti: «È una porcata», assicura. La parola d’ordine è invece sempre la stessa: «Ce lo chiede l’Europa», garantisce il Governo. Alt, perché in realtà non è proprio così. Spiega Stifano: «L’Italia è tenuta a ratificare entro il 21 marzo 2016, quindi adesso, la direttiva europea 17/2014. La direttiva è favorevole ai consumatori, e noi la condividiamo: dice che se acquisto a rate un bene di consumo e poi non posso più pagarlo, posso restituirlo facendomi scalare quanto ho versato».Attenzione: si parla di beni di consumo.
Però nel Governo ci deve essere qualche problema con le traduzioni: «Nel decreto legislativo in discussione alla Commissione Finanza della Camera, ai beni di consumo sono state aggiunte le abitazioni, parlando esplicitamente dei mutui», denuncia Stifano. Naturalmente, non è che se non posso più pagare le rate del mutuo restituisco la casa: semplicemente se ritardo sette rate, anche non consecutive (o non ne pago una entro 180 giorni), la banca acquisisce automaticamente il diritto di vendere l’abitazione all’asta.
«Non c’è più un giudice o un perito - nota Stifano - Dunque l’immobile può essere venduto a qualsiasi cifra, senza che ci sia un giudice a verificare sull’asta, o avvocati a poter tutelare gli interessi del debitore: si apriranno nuovi spazi per l’usura. E la norma è retroattiva. Viene cancellato per decreto il divieto di patto commissorio che abbiamo già dal diritto romano».
Ovviamente, se il prezzo di vendita è basso, il debitore è comunque tenuto a rifondere la differenza. E, per la precisione, il patto commissorio è un accordo con il quale il debitore, a garanzia di un debito, mette a disposizione un proprio bene, con l’intesa che, in caso di inadempimento, il bene passerà in proprietà del creditore.
Attenzione, il bello deve ancora venire: «Entro giugno l’Italia dovrà recepire un’altra direttiva europea che impone alle banche di rientrare dalle sofferenze - denuncia Furio Truzzi, presidente nazionale di Assoutenti - Ciò lo farà in parte con il capitale sociale, in parte vendendosi le case non pagate per intero. Questo avrà conseguenze che in confronto il bail-in è una passeggiata».
Sussurra Stifano: «Non sta a me dire, perché lo hanno già fatto in tanti, che la norma introdotta dal Governo italiano è un regalo alle banche». Ma il Governo non aveva assicurato che la prima casa era impignorabile? «Sì, da Equitalia, non da altri soggetti - puntualizza Stifano - E non è neppure vero questo, perché in realtà Equitalia non può avviare il processo di pignoramento ma può costituirsi a processo avviato: tipico il caso dei ritardi nelle spese condominiali. E poi sopra i 20 mila euro c’è l’ipoteca: di cosa stiamo parlando?».
Per cui, ci sarà una raffica di pignoramenti, con i debitori che manterranno il proprio debito? «Noi ci metteremo di traverso - garantisce Truzzi - Con i colleghi della Casa del Consumatore abbiamo già chiesto di essere sentiti dal Governo e in commissione. Siamo pronti a una raccolta di firme, e a ogni forma di protesta». C’è poi chi ci mette la malizia, e avanza il sospetto che le banche possano vendere a un prezzo ridotto le case pignorate a istituti a loro riconducibili, per mantenere in larga parte il credito e incassare quando i loro istituti rivendono le abitazioni a prezzo di mercato.
Cosa vuol dire “Non ci sono più soldi”? I “soldi” non si cercano sul fondo del mare ma si stampano. Quindi, se mancano, è perché “QUALCUNO” VUOLE CHE MANCHINO !
E lo Stato ? Perché non stampa il denaro in misura proporzionale alla quantità di merci e servizi che circolano? Semplice: perché lo Stato ha ceduto ai banchieri il potere di creare moneta, così quelli sono di fatto padroni degli stati e dei partiti politici e ci stanno pignorando tutto il continente europeo usando l’euro come moneta/debito. L’importante è che il meccanismo/truffa sia silenzioso, oscuro e la gente non se ne accorga.
L’ERRORE PIU’ GRANDE E’ PENSARE CHE LAVORIAMO PER MANTENERE I POLITICI. NO! QUESTA E’ PROPAGANDA VOLUTA DAI MEDIA E DAGLI STESSI BANCHIERI.
Lavoriamo per mantenere l’intero sistema bancario, i politici sono i loro servi e percepiscono le BRICIOLE IN CAMBIO DELLA LORO FEDELTA’, IN CAMBIO DELLA CESSIONE DELLA SOVRANITA’ MONETARIA E IN CAMBIO DELLA SVENDITA DELLE AZIENDE DI STATO E DI TUTTE LE IMPRESE PRIVATE FATTE FALLIRE.
Questo imbroglio colossale, ha trasformato noi cittadini sovrani in schiavi a disposizione dei signori del denaro, anzi peggio, schiavi consenzienti perché ignoriamo i meccanismi della truffa monetaria e accettiamo la nostra condizione di schiavitù in nome di ciò che ci viene fatto percepire come “necessario” (CE LO CHIEDE L’EUROPA…).
ECCO LE 5 BALLE CHE CI HANNO RACCONTATO PER FREGARCI, DITELO A TUTTI!
1) – C’è la crisi e nessuno l’ha voluta, nessuno è responsabile, men che meno i banchieri.
2) – Abbiamo speso oltre le nostre possibilità, si parla del popolo mai dei governi (gli F35?)
3) – Non ci sono più soldi, per il popolo naturalmente ma per le banche ci sono sempre
4) – Quindi ci vogliono ancora sacrifici e rigore tagliando sui servizi sociali e finanziamenti
5) – Bisogna pagare più tasse in cambio di un tenore di vita sempre più basso e scadente
In questo modo ci hanno ridotti a lavorare gratis per loro e ci hanno tolto anche le mutande. I banchieri sono i veri parassiti della società, noi tutti lavoriamo per mantenerli.
Noi milioni di criceti che fanno girare la ruota del sistema finanziario, dell’industria bellica e delle multinazionali. Siamo obbligati a pagare persino un mostruoso sistema repressivo e poliziesco (EUROGENDFOR) nel caso volessimo ribellarci e non UBBIDIRE alle loro leggi con le quali ci rendono sudditi e schiavi del loro sistema.
SVEGLIAMOCI! SE OGNUNO DI NOI CONDIVIDESSE QUESTO POST, DOMANI SAREMMO IL DOPPIO DI QUELLI DI OGGI o quantomeno a tantissimi verrebbero dei seri dubbi sulla nostra vecchia e cara DEMOCRAZIA che però stranamente somiglia sempre di più a una DITTATURA !!!