L’iniquità del sistema pensionistico italiano ha le sue radici nei privilegi di alcuni settori, nelle pensioni (di anzianità) più alte, nel loro numero e nel sistema di calcolo retributivo. Abbiamo calcolato lo sbilanciamento tra prestazioni contributive e retributive dal 2008 al 2012.
Il confronto sulla legge di stabilità ha avuto il merito di portare alla luce la grande iniquità distributiva che caratterizza il nostro sistema pensionistico.
Ed ecco che i giornali con grande stupore scoprono che la distribuzione delle pensioni in Italia ha un che di “brasiliano”: al 5 per cento dei pensionati più ricchi (800 mila persone su 16 milioni) va più del 16 per cento del totale della spesa per pensioni (43 miliardi su 270).
IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA
Ma possiamo anche sottolineare come nei cinque anni della crisi sono andati in pensione (previdenziale) circa 1,6 milioni di persone, con un costo complessivo pari a 31 miliardi a regime (cioè nel 2012), e che di questi 31 miliardi ben l’80 per cento della spesa (e cioè 24 miliardi) è andato a 717 mila persone che hanno avuto le pensioni più alte, con medie di 2600 euro o importi più elevati. Molti di questi hanno poi continuato a lavorare cumulando (legalmente) pensione e reddito.
Ma il welfare italiano non è solo il paese per ricchi che qui abbiamo descritto ed è popolato anche da quelli più sfortunati. Gli sfortunati sono coloro che dovranno aspettare a volte senza poter lavorare non la pensione di anzianità appannaggio di chi lavora con carriere piene alle spalle, ma la pensione di vecchiaia, improvvisamente portata a 67 o 70 anni.
L’iniquità distributiva del sistema pensionistico italiano ha le sue radici principali nei privilegi di alcuni settori, nelle pensioni (di anzianità) più alte, nel loro numero preponderante negli anni 2000 e nel sistema di calcolo retributivo che ha consentito trattamenti insostenibili.
I DATI DELL’INIQUITÀ
Ma quale è stato il meccanismo che ha prodotto tutto ciò, e come si può quantificare questa “iniquità”?
In uno studio in procinto di pubblicazione che abbiamo recentemente presentato all’Università La Sapienza di Roma abbiamo illustrato i risultati di un modello che valuta lo sbilanciamento tra prestazioni contributive e retributive delle pensioni erogate dal 2008 al 2012 stimando in tal modo quanto è stato effettivamente sulle pensioni di anzianità liquidate negli ultimi cinque anni e valutandone anche il costo in termini di spesa complessiva effettiva.
Per fare ciò sono state utilizzate come benchmark le pensioni medie per ogni scaglione di reddito ricalcolate secondo le regole del contributivo. L’eccedenza della pensione percepita rispetto a questo benchmark costituisce la pensione “in squilibrio” rispetto ai contributi accreditati.
Per calcolare le pensioni contributive è stata ricostruita la serie delle retribuzioni con i relativi contributi in tutta la vita attiva, utilizzando come anzianità contributiva quella media effettiva, circa 38 anni, e ipotizzando un andamento della retribuzione pari a quello medio di fatto effettivo, più un profilo di carriera individuale, differenziato in relazione al livello di retribuzione dell’ultimo anno, che abbiamo stimato sulla base di analisi empiriche (longitudinali). Vediamo i principali risultati.
La platea sulla quale facciamo la valutazione è costituita dalle pensioni di anzianità maturate tra il 2008 e il 2012 da circa 486 mila lavoratori dipendenti privati pensionatisi in media a 58,5 anni, tra il 2008 e il 2012, per un importo medio di quasi 2000 euro lordi. La spesa per questa platea è stata di 12 miliardi di euro nel 2012. Il 37 per cento di questi pensionati è collocato sopra i 2000 euro e percepisce un totale di 7 miliardi pari quasi al 60 per cento della spesa.
I risultati dello squilibrio sono riportati nella tabella 1, sia in termini di pensione mensile sia di spesa totale. La parte non “giustificata” dai contributi pagati è in media pari al 28 per cento circa e si concentra principalmente nella fascia delle pensioni più alte, dove il 37% dei pensionati, quelli con più di 2500 euro mensili, accumula il 63 per cento dello squilibrio complessivo.
Tabella 1 – Squilibrio dei contributi nelle prestazioni pensionistiche
Schermata 2013-12-03 alle 08.12.01
DOVE SI ANNIDANO GLI SQUILIBRI
Per le pensioni dei lavoratori dipendenti privati maturate dopo il 2008, sui circa 12 miliardi di spesa pensionistica circa 3,5 miliardi non sono “giustificati” dai contributi pagati (1). In particolare l’entità dello squilibrio diminuisce all’aumentare dell’età di pensionamento per effetto della minore speranza di vita nel calcolo contributivo. Infatti per le pensioni percepite all’età di vecchiaia (di cinque anni più alta in media di quella di anzianità) lo squilibrio è minore ed è in media pari al 15 per cento.
Questi valori crescerebbero includendo anche i dipendenti pubblici (2). Per le sole pensioni di anzianità, vi sarebbero quindi ulteriori 2,5 miliardi che porterebbero il totale dello squilibrio (solo per le pensioni di anzianità maturate dal 2008 al 2012) a circa 6 miliardi di euro annui nel 2012.
È opportuno sottolineare che per le pensioni superiori a 44 mila euro annui si è valutato anche l’effetto di riduzione dello squilibrio causato dall’operare del “tetto” sull’aliquota di rendimento che attenua il valore delle pensioni retributive più alte. Il grafico evidenzia come, al crescere della retribuzione oltre i 5 mila euro mensili, lo squilibrio percentuale cominci a ridursi.
Schermata 2013-12-03 alle 08.08.18
Questi dati evidenziano una situazione di grande iniquità distributiva nella quale lo stato trasferisce risorse ingenti per sostenere le pensioni più opulente e godute in età anteriori a 60 anni. Si è osservato da alcune parti che le pensioni di anzianità sarebbero state principalmente la “compensazione” al lavoro operaio e precoce. Non è così: nel milione di persone circa (tabella 2) che è andato in pensione di anzianità, tra il 2008 e il 2012 compresi i dipendenti pubblici e gli autonomi, le pensioni inferiori ai 1500 euro mensili, che comprendono verosimilmente quelle degli operai, sono solo il 18 per cento, ed hanno complessivamente il 10 per cento della spesa pensionistica.
Tabella 2 – Pensioni di anzianità dipendenti e autonomi liquidate dal 2008 al 2012 per classi di reddito inferiori e superiori a 1500 euro mensili
Schermata 2013-12-03 alle 08.12.41 ns elaborazioni su dati Inps Inpdap
Lo stupore per queste cifre può ancora lasciare spazio a chi pensa che si possa contribuire a rilanciare l’economia italiana attraverso una politica capace di connettere politiche del welfare e mercato del lavoro, ristrutturando e non tagliando la spesa pubblica. Si può partire aggredendo il nodo del sistema previdenziale, mettendo in campo un’operazione di verità sulle pensioni che scopra i margini per un intervento redistributivo al suo interno e che favorisca l’occupazione, tuteli i più deboli, eliminando iniquità e privilegi: un modo efficace per sostanziare la retorica del “circuito virtuoso tra equità e sviluppo”.
(1) Ci si riferisce ai risultati medi e casi particolari dovuti a profili di carriera che, ad esempio, non crescono negli ultimi anni abbiano squilibrio inferiore o nullo e viceversa.
(2) le cui pensioni medie di anzianità sono mediamente più alte del 20 per cento di quelle dei privati.
Lo squilibrio nelle pensioni di anzianità
Search
Questo blog nasce proprio nell'intento di condividere opinioni, idee, esperienze, progetti, filosofie, culture, modelli di sviluppo alternativi e/o complementari che per la prima volta, forse, ci permettano di sentirci un POPOLO unito che ha la consapevolezza, la forza e la capacità di scegliere il proprio futuro per sè e per le generazioni a venire. Un popolo che urla la propria indignazione verso quella classe politica cinica ed autoreferenziale che interpretando la politica come mezzo ad uso esclusivo proprio e dei propri affini a vantaggio personale e clientelare ha spezzato la catena di congiunzione con l'elettorato attivo, non fornendo risposte, non risolvendo problemi. Non resta che rimboccarci le maniche, fare politica attiva, dare il proprio contributo! ciascuno di noi, nel proprio piccolo, può fare grande l'italia! Che ognuno di noi possa interpretare nel proprio quotidiano, con il proorio lavoro, le proprie aspirazioni, i propri sogni il CAMBIAMENTO che vorremmo vedere nella nostra bella ITALIA!
La più grande difficoltà sta nell'interpretare la politica come un mezzo al servizio della collettività, della giustizia sociale, uno strumento utile a migliorare la qualità della vita di tutti noi. gli anni trascorsi dal '94 ad oggi hanno segnato le menti, le coscienze ed i cuori, riempendoli di scontri verbali, contrapposizioni ideologiche, dietrologie politiche, lotte di classe. Tutto ciò fa gioco alla oligarchia classista avida di potere che detiene non soltanto il potere politco, ma soprattutto, il potere economico e finaziario di questo paese. In realtà "gli affari" vengono fatti con l'accordo di tutti trasversalmente ad ogni "finta ideologia" politica. La politica degli opposti schieramenti, delle tifoserie selvagge, della contrapposizione liberista-comunista è nella realtà odierna una assurda amenità anacronistica utile soltanto al conservatorismo liberista finto riformista che così continua a tenere sotto scacco le capacità imprenditoriali, i talenti intellettuali, la voglia di "cambiamento" di questo paese. Facciamo che queste eccellenze non rimangano inespresse: lottiamo "insieme" senza inutili contrapposizioni ideologiche. Una cosa ci accomuna tutti: l'amore per il nostro paese. lottiamo insieme per costruire un futuro migliore per tutti!
Powered by Blogger.
0 Comments Received
Leave A Reply