La Cgil ha lanciato un nuovo sciopero generale per il 6 settembre, a 4 mesi esatti dall’ultimo, convocato il 6 maggio scorso. L’obiettivo è opporsi ad una manovra giudicata, si legge nel comunicato, non solo iniqua e inefficace, ma anche antisindacale.
Il decreto prevede infatti, tra le misure in materia di occupazione, la possibilità di definire le condizioni di lavoro in base ad accordi aziendali, quindi a prescindere sia dai contratti collettivi nazionali, che dalle leggi in materia di licenziamento.
Una norma che lascia i lavoratori soli e sprovvisti di alternative di fronte ad una negoziazione in cui il datore di lavoro ha tutti gli strumenti per puntare al ribasso.
Come per chi è già escluso dalla tutela offerta dai contratti collettivi e dall’art. 18, lo scenario che si prospetta è ancora una volta quello del ricatto.
Di fronte a questa situazione i compromessi cui stiamo assistendo – a cominciare dall’accordo unitario del 29 giugno scorso – finiscono per tenere in piedi l’impianto del diritto del lavoro, mentre lo si svuota di efficacia dall’interno.
D’altra parte non basta neanche la proposta, tanto in voga, del contratto unico, che per definizione lascia ai margini tutti quelli che nella figura del lavoratore standard non rientrano.
Non entra chi lavora su più committenze, su singoli incarichi, chi per esigenze familiari è intermittente. Decine di figure professionali nella galassia dei servizi.
Allora bene lo sciopero, ma è un intero modello di organizzazione del lavoro, e di welfare, a dover essere ripensato, e con esso anche il sindacato deve riformulare il senso della propria presenza e le proprie forme di lotta.
Questo significherebbe per i sindacati, per la Cgil, alzare la posta in gioco, passare da una posizione puramente reattiva alla posizione di soggetto politico che detta un’agenda e che si riappropria del significato dei diritti che difende, annacquati e delegittimati nel discorso corrente come residui di un passato arcaico.
Sono attuali purché li si pensi nel presente e li si pensi per tutti.
E il punto non è la difesa del posto fisso in sé. Il punto è difendere dall’arbitrio, non lasciare soli nella contrattazione o addirittura azzerare la contrattazione, non renderci tutti costretti a dire sempre, a qualsiasi condizione, sì.
CGIL, è il modello socio-economico ad essere in crisi, lo sciopero é inutile!
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La più grande difficoltà sta nell'interpretare la politica come un mezzo al servizio della collettività, della giustizia sociale, uno strumento utile a migliorare la qualità della vita di tutti noi. gli anni trascorsi dal '94 ad oggi hanno segnato le menti, le coscienze ed i cuori, riempendoli di scontri verbali, contrapposizioni ideologiche, dietrologie politiche, lotte di classe. Tutto ciò fa gioco alla oligarchia classista avida di potere che detiene non soltanto il potere politco, ma soprattutto, il potere economico e finaziario di questo paese. In realtà "gli affari" vengono fatti con l'accordo di tutti trasversalmente ad ogni "finta ideologia" politica. La politica degli opposti schieramenti, delle tifoserie selvagge, della contrapposizione liberista-comunista è nella realtà odierna una assurda amenità anacronistica utile soltanto al conservatorismo liberista finto riformista che così continua a tenere sotto scacco le capacità imprenditoriali, i talenti intellettuali, la voglia di "cambiamento" di questo paese. Facciamo che queste eccellenze non rimangano inespresse: lottiamo "insieme" senza inutili contrapposizioni ideologiche. Una cosa ci accomuna tutti: l'amore per il nostro paese. lottiamo insieme per costruire un futuro migliore per tutti!
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