Meno carne, pesce verdura e frutta fresca in frigorifero, più confezioni piccole, maggiore attenzione agli sprechi. Sono gli italiani al tempo di crisi visti dal carrello della spesa, secondo quanto emerge da un recente studio sui consumi degli italiani fornito dall'ISTAT.
Italiani sempre più poveri, almeno così si sente l’80% delle famiglie intervistate, convinte di vivere al di sotto o appena al limite di un livello di benessere accettabile. La spesa rimane ancora ampiamente inferiore ai livelli pre-crisi e per trovare la quadra le famiglie hanno adottato strategie di sopravvivenza. Meno formiche ma anche meno cicale, più sobri nel limitare i consumi all'ambito domestico. Nel complesso gli italiani sono più pessimisti sulle proprie condizioni economiche legate alle prospettive di lavoro: l'anno scorso il 23% vedeva un peggioramento del proprio status, oggi a vedere nero è 42%. Dato su cui grava l'accelerazione dell'inflazione e la debolezza del mercato del lavoro. La manovra non aiuta e la misura dell'aumento dell'aliquota Iva si farà sentire sulla perdita del potere d’acquisto delle famiglie, calato del 7% negli ultimi dieci anni. Ogni punto di Iva in più pesa 7 miliardi sui minori consumi annuali. L’aumento al 21% va a intaccare settori già fortemente penalizzati (l’abbigliamento nel primo semestre 2011 fa segnare un -8%, il bazar sfiora il -6%, il multimediale sfiora il -15%). Il rischio è riportare la spesa delle famiglie a livelli ancora più bassi dei minimi toccati nel 2009.
Come fare per tirare avanti? Si fa di necessità virtù, sfoderando la proverbiale arte della sopravvivenza. Gli italiani sacrificano i consumi no-food: via l'auto, l'arredo per la casa, il multimedia, gli elettrodomestici e l'abbigliamento.
Da quanto esposto è evidente che la soluzione dell'aumento della imposta sul valore aggiunto non sia altro che "la tassa sui poveri e non fa che deprimere ulteriormente i consumi e mandare irrimediabilmente il nostro Paese in recessione", come ha dichiarato il Presidente dell'Adusbef Elio Lannutti.
Allora come uscire dalla crisi? Semplice, lasciando saldi invariati ecco le proposte che avevamo fatto prima della approvazione di questa manovra iniqua, inefficace ed inappropriata in quanto chi ha meno paga tutto il conto, non una parte ma tutto. In modo diretto e in modo indiretto, attraverso i tagli a enti locali e assistenza. Anche l'aumento dell'IVA al 21 %, per di più in autunno, quando i prezzi tendono ad aumentare, significa scaricare sulle fasce popolari la manovra, correndo il rischio, come abbiamo già visto di creare tensioni nel paese. E' giusto che la crisi se la paghino quelli che l'hanno generata con le loro operazioni speculative e la globalizzazione dei mercati che porta in occidente il primo starnuto mattutino dei mercati di Tokyo o Singapore. E' giusto che la crisi la paghino coloro i quali in questi anni, approfittando delle lacune normative e di verifica, degli scudi fiscali, dei condoni o delle semplici amicizie particolari e molto influenti, si sono arricchiti ai danni del popolo.
Vediamo nel dettaglio le nostre proposte:
- Tagli ai parlamentari
I tagli ai costi della politica sono stati sbandierati a più riprese nelle ultime due settimane, ma l'intesa nella maggioranza sulle modifiche al testo originario hanno rimesso tutto in discussione. Non ci sarà più la soppressione dei piccoli comuni (che dovranno, invece, esercitare insieme alcune funzioni), mentre le province spariranno del tutto, ma solo per via costituzionale. Il che allunga i tempi per il via libera e mette in forse l'effettiva soppressione (i colpi di scena sono all'ordine del giorno quando i politici sono chiamati a rinunciare ai loro privilegi). Lo stesso percorso seguirà il progetto di dimezzare i parlamentari.
Nuove risorse potrebbero essere trovate se passassero almeno alcuni degli 80 emendamenti presentati dall'Idv. Tra le altre cose vengono previsti l'abolizione dei vitalizi e un taglio del 20% alle indennità dei parlamentari (soglia da portare al 50% per onorevoli e senatori che svolgono anche attività professionale), oltre che lo stop ai doppi incarichi. Si potrebbero ricavare dai 150 ai 250 milioni di euro, ma l'impatto maggiore sarebbe in termini di immagine, con i governanti che mostrerebbero di partecipare ai sacrifici chiesti ai cittadini. - Tagli ai partiti
Il finanziamento pubblico ai partiti è un tema dibattuto dall'epoca di Tangentopoli e non è bastata la chiara volontà degli italiani, espressa tramite referendum, a porre fine a questo approccio. Sempre l'Idv propone la soppressione dei rimborsi elettorali. Le stime su questo fronte non sono omogenee, ma di certo la somma non sarebbe inferiore agli 80 milioni annui, considerando tutte le tornate elettorali. - Dismissioni pubbliche
Un altro capitolo che finora è stato solo sfiorato dai tagli concerne le dismissioni di alcuni beni statali, con l'obiettivo di ridurre il debito pubblico (e quindi la necessità di emettere titoli di Stato). Diversi emendamenti presentati da esponenti della maggioranza e dell'opposizione prevede la cessione di immobili dello Stato, delle Regioni e degli enti locali. Le funzioni continuerebbero a essere esercitate negli stessi locali (laddove necessario), ma in locazione. Gli immobili pubblici valgono intorno ai 500 miliardi di euro: basterebbe alienarne una piccola parte per ricavare una somma ingente. Il Governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, auspica la cessione di Rai e Poste, enti spesso accusati di scarsa produttività, che frutterebbero tra i 12 e i 14 miliardi. Lo ascolterà qualcuno dagli scranni del Parlamento? - Meno spese militari
Alle stesse finalità mira l'emendamento presentato dal PD che chiede di tagliare le spese militari, rinunciando ai programmi di sviluppo e acquisto dei superbombardieri F-35 e degli Eurofighter Typhoon. L'impatto sarebbe di circa 3 miliardi di euro in cinque anni. - Lotta all'evasione, ma sul serio
La riscrittura della manovra ha portato all'introduzione di un nuovo strumento per combattere l'evasione: si tratta di una stretta alle società di comodo, quelle create per ridurre l'imposizione fiscale. Se il patrimonio detenuto risulterà di gran lunga superiore al reddito dichiarato, scatterà l'accertamento. È stata, inoltre, confermato l'abbassamento a 2.500 euro della soglia oltre la quale è necessario tracciare gli acquisti. L'Idv chiede una stretta maggiore su quest'ultimo fronte, abbassando la soglia a 500 euro. - Ici, basta esenzioni alla Chiesa
La Chiesa è proprietaria di circa un quinto degli immobili italiani, con una tendenza a crescere grazie alle donazioni dei fedeli, ma è esentata dal pagamento dell'Ici. Se solo si estendesse il pagamento dell'imposta ai beni non deputati a finalità di culto e che fanno reddito (come ospedali e ostelli), si potrebbero ricavare all'incirca 3 miliardi di euro. I radicali si spingono oltre e chiedono l'abolizione di tutti i privilegi ecclesiastici, compresi i finanziamenti comunali alle singole diocesi. - Meno dipendenti pubblici
Per ovvie ragioni, gli emendamenti della maggioranza sono ridotti al minimo. Nelle ultime due settimane, tuttavia, sta crescendo il partito degli scontenti anche tra i parlamentari Pdl, che contestano l'impatto recessivo di alcune misure previste dal decreto licenziato dal Consiglio dei Ministri. I cosiddetti "frondisti", capitanati dal sottosegretario all'Economia Giulio Crosetto, propongono tra le altre cose la riduzione dei dipendenti pubblici fino al 25%. Dovrebbero essere i singoli ministeri a disporre le nuove piante organiche, secondo criteri di popolosità dei territori. Una misura da attuare in più anni, con risparmi per diversi miliardi di euro. - Introduzione Imposta Patrimoniale
Come ai tempi del leggendario Robin Hood, tassare i più ricchi per aiutare i meno abbienti. L'introduzione di una tassa patrimoniale significherebbe una più equa redistribuzione delle redditualità e la volontà di indirizzamento politico verso un modello di società ispirato da criteri di giustizia sociale. Non è un tabù, tanto meno una inverecondia. In Francia la tassa patrimoniale è progressiva (da 790 mila euro a 1,3 milioni si paga lo 0,55%, lo 0,75% fino a 2,5 milioni, l'1,5% fino a 16 milioni e l’1,8% oltre i 16 milioni). - Asta per le frequenze Tv
Alcuni parlamentari del Pd hanno presentato un emendamento per riformare i criteri di assegnazione delle nuove aste per la Tv digitale. La proposta prevede di passare dal beauty contest (vedi post, che porterebbe a scegliere tra i vari offerenti quelli con i requisiti migliori (in sostanza sarebbe una gara a due tra i soliti noti, Rai e Mediaset), a un'asta competitivi. I proponenti stimano incassi aggiuntivi per circa 3 miliardi di euro. - Tassare i capitali scudati
Giallo sulla paternità del contributo sui capitali rientrati con l'ultimo scudo fiscale. Il Pd ha avanzato la proposta di una tassazione al 20% per i 95 miliardi sanati nel 2007-08, ma l'Idv ha ricordato di aver proposto un'analoga misura già sul finire del 2010. A prescindere dalla querelle, la misura avrebbe un importo elevato — si parla di 4 o 5 miliardi di euro — ma si scontra con due possibili problemi: la possibile dichiarazione di anticostituzionalità e il carattere una tantum dell'incasso per lo Stato.
La cruda verità è che qui di meretrice ce ne è soltanto una: l'Italia.
Ci siamo prostituiti al satrapo misogino soddisfacendo le sue orgiastiche e morbose voglie illudendoci che la sua ascesa al potere sarebbe coincisa con la nostra personale scalata sociale e con quella del prestigio politico ed economico del paese intero. Adesso, dopo 17 anni ci siamo destati dal sogno e siamo piombati nell'incubo del fallimento.
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