"Il movimento antiglobalizzazione è stato il primo passo lungo questa strada. All’epoca il nostro modello era attaccare il sistema come un branco di lupi. C’era un maschio alfa, un lupo che guidava il gruppo, e altri che seguivano. Ora il modello si è evoluto. Oggi siamo un grande sciame di persone “.Con queste parole Raimundo Viejo (Università Pompeu Fabra Barcellona, Spagna), ha posto la questione dei nuovi metodi dipartecipazione e resistenza al nuovo giro di vite che il capitalismo finanziario ha messo in campo per guidare questa particolare fase storica di rimodellamento delle istituzioni pubbliche. Rinnovamento tanto nella sostanza quanto nella forma.
Oggigiorno siamo in quella particolare fase del ciclo capitalista di accumulazione che Shumpeter ha definito di distruzione creatrice. Questo concetto può essere spiegato paragonando le istituzioni che governano l’esistenza di una determinata società in un particolare momento storico, ad un contenitore, entro il quale i rapporti economici possono avere concreta esistenza. Ma, le relazioni economiche capitalistiche, caratterizzate da quei processi di accumulazione individuati da Marx, portano inevitabilmente ad un punto in cui il “contenitore” socio-culturale che sino a quel momento ne ha garantito il progredire, esplode. Prima in una crisi di sovrapproduzione poi in una crisi delle istituzioni per cui si rende necessario distruggere ciò che vi era e sostituirlo con un nuovo contenitore adatto alla nuova dimensione dei mutati rapporti.
Questo video servirà ai profani a capire meglio ciò che voglio affermare:
E’ questo che sta alla base della progressiva privatizzazione delle funzioni pubbliche, della precarizzazione delle nostre vite, dell’affermazione dell’individualismo, in atto negli ultimi decenni.
L’ assorbimento nel ciclo economico di attività che fino ad oggi erano assicurate in maniera spontanea dalle istituzioni sociali (famiglia, quartiere o comunità locale, scuola), è bene comprendere, non è altro che la messa in opera di strategie progettate a tavolino dalle lobby e dai gruppi di potere e attuate dai governi (queli che siano le loro bandiere). Fino alla crisi, indotta al fine di ristrutturare, attraverso i colpi di stato monetari e non, le istituzioni che governano le nostre vite e compiere un ulteriore giro di boa della storia di questo sistema economico.
Nel 2011 è infatti entrato in vigore il cosiddetto «six pack», il pacchetto legislativo per il rafforzamento della governance e della disciplina di bilancio approvato a Bruxelles, che ha portato ad un «cambiamento radicale nel modo di fare sorveglianza economica e finanziaria» nei paesi Ue. ha infatti portato ad una Governance blindata per non avere ostacoli sulle tabelle di marcia dei governi unici delle banche.
Perciò, chi è che ha la sovranità delle nostre vite? Le banche, i governi da loro assoldati e i soldati di questi ultimi.
E ben oltre l’indignazione, ovunque nel mondo (da piazza Tahir a Bogotà, da Atene al Tokyo, da Madrid a New York a L’Aquila ), milioni di persone, da mesi, si stanno impegnando per ideare e attuare nuovi processi di organizzazione dinamica della società. Processi di resistenza e autorganizzazione, volti a arrestare l’indifferenza che opera potentemente nella storia, volti a distruggere la fatalità figlia dell’abdicazione di noi tutti alla nostra volontà, volti ad impedire alla massa di ignorare che le tele tessute nell’ombra da poche mani possano giungere a compimento presentandoci la Storia come un fenomeno naturale.
Solo costruendo un “ordine nuovo” sarà possibile sostituire quello vigente. Ed è oggi il momento per farlo. Nelle piazze nelle scuole nelle università negli uffici nelle fabbriche nei collettivi è necessario discutere, confrontarsi e organizzarsi sul come e quando deve aver luogo la nostra Rivoluzione. Trascendendo dalle logiche organizzative tradizionali. In quanto l’assemblearismo, l’orizzontalità delle decisioni, la partecipazione al processo decisionale, sono le pratiche da adottare in contrapposizione alle gerarchizzazioni imposte dal sistema. Per questa via lo sperimentare nuove relazioni sociali nei processi decisionali diviene, di per se, pratica lotta e resistenza quando ad esso si accompagna una radicale e ragionata critica allo status quo. Con questa critica, strategicamente condivisa, perché collettivamente elaborata, si cerca di muore le coscienze a migrare fuori dalla massa perché la massificazione, il consumismo, il capitalismo monopolista, sono rispettivamente la forma, il modo e il meccanismo oggi egemoni.
Abbiamo il dovere morale di lottare per costruire insieme un futuro per noi e le generazione a venre. Dobbiamo ridare la speranza a chi l'ha persa. Dobbiamo lottare contro il potere precostituito miope e sordo ad ogni nostro grido al fine di innestare le istanze di ciascuno di noi su di un unica radice comune che è la volontà del cambiamento.
Per iniziare un percorso che sia nostro, globale e rivoluzionario, in cui convergano tutti quelli sin oggi portati avanti soggettivamente, nelle rispettive realtà.
Per riprenderci la nostra dignità usurpata dal diabolico dio denaro. Un mondo diverso, nuovo, giusto è POSSIBILE!
Un popolo unito che stabilisca categoricamente il più fermo rifiuto al vincolo del debito; la necessità di operare politiche di ridistribuzione dei redditi, specie quelli finanziari attraverso il meccanismo della Tobin Tax; l’abolizione delle frontiere necessarie ai capitali per asservire intere regioni alle logiche di profitto; restituire al Vaticano (emblema, oggi, del potere finanziario) la sua caratura di guida soltanto spirituale, distruggere i monopoli, che sono la concretizzazione del dominio imperialista.
La nostra forza sarà quella che ciascuno di noi vive la crisi prima di tutto sulla propria pelle. Il corpo del movimento non è più composto da benpensanti e tecnocrati, da politologi e studiosi, da semplici filantropi o illusi, i quali a manifestazione finita tornano ad essere “uomini qualunque” (o nella caparezziana moderna versione uomini qualcuno). Bensì da persone.
Per questo stiamo attenti a chi ancora crede di poter vivere nel passato.
La piccola borghesia cerca di conservare una posizione di iniziativa storica denigrando coloro i quali le donano la possibilità di esistere. Asservita al potere governativo attraverso la corruzione, proverà a corrompere la piazza, credendosi, come il popolo delle scimmie di Kipling, dotata di tutta l’intelligenza e di tutto lo spirito rivoluzionario.
Il popolo delle scimmie è fondamentalmente incapace di svolgere un qualsiasi ruolo storico: il popolo delle scimmie riempie la cronaca, non crea la storia, lascia traccia sui loro giornali (Repubblica, La Stampa, ecc) e sui loro media, non offre materiali per scrivere libri.
Mentre noi, noi tutti, oggi abbiamo l’occasione, la capacità, la forza e la volontà di farla da noi, la Storia.
Gandhi diceva che è sicuramente preferibile chi si ribella, finanche in modo violento, all’inettitudine, ma finché nella prassi non saranno sostituite le logiche di competizione e violenza con quelle di autorganizzazione e resistenza, non vi è alcun cambiamento perché non vi è alcuna differenza.
Riprendiamoci la nostra dignità, riconquistiamo il nostro futuro, abbattiamo la dittatura dello status quo, ribelliamoci…