La Germania, dieci anni fa, era nei guai come noi. Si sono rimboccati le maniche, prima con Gerhard Schröder poi con Angela Merkel e hanno fatto ciò che Berlusconi, Mario Monti, Letta ed ora Matteo Renzi non sono riusciti a fare: hanno aiutato l’economia a ristrutturarsi per adeguarsi al nuovo mondo. Per compiere un piano strategico così strutturato ci vogliono anni, loro ce ne hanno messi dieci. Non bastano i pochi mesi che hanno dato a Monti. Schröder riunì sindacati e confindustria tedeschi, convincendo questi ultimi che fosse conveniente ritornare a investire in Germania dopo che, negli ultimi anni, avevano guardato con molto più interesse ad altri paesi (ricordate la Polonia?). La conseguenza fu il ritorno di Confindustria a reinvestire in casa. Ora noi, mutatis mutandis e con un ritardo di due lustri, ci ritroviamo nella medesima condizione. È chiaro che ci sono delle differenze: la Germania è fabbrica di grandi fabbriche, noi siamo fabbrica di piccole fabbriche. Ma, fatte le debite proporzioni, nella meccanica ad esempio, l’Italia è come la Germania. Da anni, come accadeva nella Germania negli anni Ottanta, in Italia il suo meglio cresce altrove. Quando Schröder convocò al tavolo la confindustria tedesca propose questo patto: voi ristrutturate le fabbriche del paese, ma sull’altro piatto della bilancia mettiamo il patto coi sindacati: zero ore di sciopero, anzi, di più: un ora di lavoro alla settimana gratis. Hanno tirato la cinghia per dieci anni e adesso c’è ancora qualcuno che si stupisce del fatto che i tedeschi si arrabbino coi greci, con gli spagnoli e con noi italiani? Mi fanno un po’ ridere i nostri politici che se la prendono con la Merkel. La cancelliera tedesca ha alle spalle 80 milioni di tedeschi che la ripresa se la sono sudata sulla pelle.

Dopo questi dieci anni di sacrifici, l’economia tedesca ha iniziato ad andare bene e non si può dire che sia stata aiutata dalla Bce. La politica monetaria di Jean-Claude Trichet prima e di Mario Draghi non ha favorito la Germania più di altri. Ha garantito liquidità abbondante ma inflazione bassa, ha alzato i tassi quando altrimenti l’inflazione saliva troppo. Il fatto che la Bce stia a Francoforte non significa che i sacrifici dei tedeschi siano stati favoriti dalla stabilità monetaria garantita dalla banca centrale. Quel che ha favorito la Germania è il suo modello. Quando ci sono problemi, il paese non si spacca tra governo, confindustria e sindacati. I tedeschi hanno sindacati presenti nella holding delle aziende, là dove si elaborano le strategie, e questo permette loro di coinvolgere i lavoratori in discorsi strategici e non solo congiunturali, come accade in Italia. Se anche in Italia avessimo il coraggio di fare un discorso strategico da qui al 2020, anche la Cgil di Susanna Camusso sarebbe costretta a dare un contributo non conflittuale, ma cooperativo.
Insomma dovremmo avere una visione a lungo termine, non miope.
Avere la veduta lunga significa ragionare sulle conseguenze che avrai fra vent’anni, rispetto alle decisioni odierne. La stessa miopia italiana l’ha avuta la Spagna il cui premier José Zapatero si è molto sfogato sull’ambito sociale e familiare ma ha fatto poco dal punto di vista economico. Gli spagnoli con Zapatero hanno perso sette anni. I tedeschi, al contrario, hanno messo molto fieno in cascina.
Ma in questo quadro programmatico l'euroscetticismo forzato o addirittura l'uscita dalla moneta unica sono quadri destabilizzanti davvero pericolosi.
In questi dieci anni di moneta unica abbiamo avuto tre strategie. Quella della cicala, che è stata adottata da Italia, Grecia, Spagna, Portogallo: hanno preso i bassi tassi tedeschi e se li sono mangiati. Per dieci anni i politici di queste nazioni hanno distrutto il welfare costruito in anni di lotte e, con la complicità delle agenzie di rating che dormivano, abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità. Anziché finanziarci la produttività, li abbiamo dissipati in consumi privati e pubblici, svendendo letteralmente il futuro nostro e dei nostri figli.
La seconda strategia è stata quella francese che ha fatto quello che Napoleone sognava di fare con gli eserciti e che i francesi in questi due lustri hanno fatto con la moneta. Si sono comprati tutto quello che l’Italia aveva da vendere: energia, reti commerciali, banche.
La Germania ha messo in atto la terza strategia che somiglia a quella francese ma si differenzia per un particolare importante. I tedeschi non hanno comprato in Italia, ma hanno usato delle nostre produzioni di qualità per sostenere le loro industrie. Molte imprese del nostro nord est lavorano per la filiera tedesca e da essa vengono trainate. Mentre, quando le nostre industrie vanno male, si portano dietro la Francia.


Inoltre in Germania il mondo dell’imprenditoria ha una grandissima influenza su quello politico e, normalmente, non agisce in aperto contrasto con i sindacati dei lavoratori. Quest’ultimi d’altra parte non hanno il potere condizionante che c’è in Italia

In Germania vi sono alcuni dei più rilevanti colossi mondiali dell’industria meccanica, chimica, alimentare, farmaceutica e della grande distribuzione, che a loro volta sono strettamente interconnessi con il sistema bancario tedesco che li supporta alla grande nei loro investimenti sia nazionali che, soprattutto, esteri.

In Germania ben difficilmente si legifera senza avere sempre bene a mente che il proprio sistema industriale-manifatturiero è un immenso patrimonio nazionale che va salvaguardato e soprattutto tutelato e supportato a tutti i costi, per il bene di tutti.

In Germania pure le norme che sembrerebbero penalizzare l’industria, quali quelle contro l’inquinamento e la sicurezza, alla fine vengono gestite in senso positivo. Nella fase iniziale di applicazione ci sono ampi contributi economici che riducono l’impatto sui costi delle imprese. Poi ci pensano gli emissari del governo a Bruxelles a estenderli agli altri paesi che dovranno anch’essi applicarli, magari con la fornitura di prodotti e servizi Made in Germany.

La formazione dell’opinione pubblica tedesca avviene, come dappertutto, attraverso i vari tipi di media che, normalmente, sono di alta qualità e serietà, specie quella che fa informazione politico economica. Anche nei dibattiti dove sono presenti i politici si parla in modo serio, responsabile e concreto. Chi vi interviene deve dimostrare la competenza necessaria e quasi mai la discussione degenera nello scambio di accuse reciproche al solo fine di denigrare l’avversario.

Dell’opinione pubblica dei tedeschi, che possiamo dire mediamente ben informati, è necessario tenerne sempre gran conto. Il tedesco non è lusingabile con promesse improbabili, demagogiche ma non per questo è docile e arrendevole. Insomma al tedesco puoi far digerire anche bocconi amari ma nel contempo bisogna fargli ben capire il perché.

In Germania tutti sono ben consapevoli e convinti che la pubblica amministrazione è al servizio dei cittadini e delle imprese. Ben difficilmente nella pubblica amministrazione di questo paese avvengono atti di malcostume, di soprusi o vessazioni nei confronti dei cittadini. Se un pubblico dipendente fa lo scansafatiche, o compie malversazioni o ancora peggio, è additato al pubblico ludibrio per cui ben difficilmente questo accade. Il pubblico dipendente tedesco è inteso come un servitore dello stato, leale per definizione, che deve agevolare la vita al cittadino e alle imprese.

Se è vero che ogni paese ha i politici che si merita, ne deriva che quelli tedeschi devono degnamente rappresentare un popolo complessivamente molto virtuoso. E così è infatti.

In Germania i governanti, se vogliono restare in sella, devono comportarsi da tedeschi e dimostrarsi agguerriti paladini degli interessi della Germania. Devono confermare continuamente la loro competenza, pena la loro morte politica. Trascurando le frange estremiste con poco avvenire, la gestione politica della Germania è in mano a personalità competenti che in ogni ambito devono dimostrare di essere all’altezza del compito, specie se questo viene svolto in contesti internazionali dove più che altrove si portano avanti gli interessi della propria nazione.

Il dibattito politico in Germania è comunque tutt’altro che sobrio. Anzi spesso è molto infuocato sugli argomenti che toccano gli interessi della gente e lì, come dappertutto, ci si accapiglia per proporre varie metodologie di divisione della torta, senza dimenticare però che la torta bisogna anche che qualcuno sia messo nelle condizioni di produrla.

La Germania, a suo tempo, grazie alla competenza dei suoi governanti è sostanzialmente riuscita a imporre tutte le sue regole nel governo generale dell’Unione Europea. In questo modo ha creato le premesse per la progressiva assunzione del ruolo di stato egemone all’interno della UE.

Grazie alle riforme interne implementate per tempo, che hanno contenuto al minimo l’aumento del costo dei salari tedeschi e al fatto di essere stato il primo paese europeo a de localizzare nei paesi low-cost, Cina in primis,la Germania è oggi il paese con un attivo commerciale stratosferico. Delocalizzando le sue produzioni di prodotti di massa o a basso contenuto tecnologico la Germania, attraverso l’importazione, è diventato il maggior concorrente nella Unione Europea delle aziende degli altri paesi europei anche in questi settori. Tutto ciò, unito alla capacità tutta teutonica di sviluppare con metodo ogni tipologia di business, ha fatto di questo paese un competitor formidabile, oggi senza rivali in Europa e che nel mondo riesce a conseguire ottime performance non ottenibili però se la Germania fosse fuori dall’EURO o questi non ci fosse mai stato.

A questo punto tocca anche dire il successo economico mondiale della Germania è per la maggior parte attribuibile proprio l’appartenenza all’EURO.

Il tasso di cambio dell’EURO nel mercato FOREX è oggi una sorta di interpolazione fra i valori che potrebbero avere le singole valute nazionali dei paesi della UE, qualora non ci fosse mai stata una moneta unica, oppure si ritornasse a valute nazionali disgregando l’EURO. Tanto per buttare qualche numero molto verosimile, nel caso di disgregazione dell’EURO, un eventuale nuovo Marco potrebbe valere 1,15-1,20 EUR, una nuova Lira 0,80-0,85 EUR.

In queste condizioni l’economia reale tedesca cadrebbe in una profonda crisi, tutta la competitività tedesca attuale sarebbe in molti settori compromessa, Insomma una catastrofe. Non per nulla l’imprenditoria tedesca fa un tifo matto perché la Germania resti nella moneta unica, essendone il grande beneficiario. Basta guardare gli utili delle corporate tedesche per comprenderne la misura

Ciò però provoca un continuo trasferimento di produzioni industriali dai paesi periferici verso la Germania per effetto del sistema dei cambi fissi all’interno della UE che consente al sistema più efficiente di acquisire sempre maggiori quote di mercato.