“Il Caimano se ne va ma è davvero finita?” si domandava Antonio Padellaro sul Fatto di ieri. Bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno?
Padellaro lo vede comprensibilmente mezzo vuoto: “La fine di Berlusconi non porterà con sé la fine della peggiore classe politica europea, ma anzi rischia di dar vita a una stagione di zombie, vecchi democristiani resuscitati per spartirsi i resti del nostro povero paese”.
A parte il fatto che di zombie ce ne sono a bizzeffe anche non democristiani, in un bicchiere mezzo pieno si potrebbe intravedere il venir meno del primato della politica, che dalla sua apoteosi del ’68, ci ha talmente pervaso che il Financial Times di un paio d’anni addietro, vergò che “gli italiani sono fissati con la politica”.
Tanto è vero che i nostri media per lo più sovvenzionati, invece che riportarci proposte & soluzioni dei nostri migliori talenti per lo più all’estero, si dedicano a pedisseque analisi politiche, retroscena politici, opinioni politiche scaturite da interviste a politici e ai loro commentatori a stufo e a stanco, vista & considerata l’acclarata inamovibilità di questi ultimi, oltre a quella cronica dei primi.
Resoconti sempre politici ordunque e tecnici quasi mai: invece che indagare sulle cause poniamo del familismo dell’im/prenditoria italiota, l’assenza di meritocrazia, il nepotismo accademico, la corruzione istituzionale, il connubio tra potere politico e potere mafioso – Henry Miller già nei ’30 ebbe a stigmatizzare la politica come affare da criminali – ripropongono quotidianamente la denuncia degli effetti e quasi mai delle cause, poniamo del debito pubblico, della disoccupazione giovanile e femminile & chi più ne ha, più ne metta.
Questo è il Paese degli effetti e mai delle cause, ha già scritto Beppe Grillo.
L’improvvida ma non inaspettata accelerazione degli eventi di questi ultimi giorni, delineanti il passaggio dal liberismo delle vacche grasse a quello delle magre, sembra smascherare, ridicolizzare e mettere a nudo il persistente primato della politica, nonostante essa, di fronte alla complessità del tempo e dello spazio in cui viviamo, rimanga abbacinata e in mutande di fronte alledelizie dello spread, alle previsioni avverate e alle proiezioni su quel che succederà domani mattina e dopodomani pomeriggio, sul precipizio in cui il mondo sembrerebbe precipitare e sul quale fior d’esperti, specialisti e scienziati – i famosi tecnici – non sembrano essere in grado di fornirci risposte certe.
Daniel Baremboim, direttore musicale della Scala e dell’Opera di Berlino, in un suo pezzo sulCorsera di ieri, dopo aver preso atto della “crisi globale, sistemica e ideologica, pervasa da incertezza e instabilità”, dichiara che “l’Italia non deve credere ai politici”. Perché, esplicita Baremboim, “quando i cittadini non sono contenti non devono aspettare che i politici intervengano (…) perché sono occupati a pensare a come saranno rieletti”.
Baremboim, rifacendosi al pensiero dello scomparso Edward Said, saggista palestinese-statunitense e docente alla Columbia University, ripropone il ruolo degli intellettuali pubblicicapaci di “aiutare singoli cittadini ad andare oltre i confini di ciò che è accettabile, e indirizzare l’opinione pubblica verso la comprensione dello stato delle cose, di ciò che veramente conta ed è doveroso fare per il bene pubblico comune”.
“Per questo – conclude Baremboim – c’è bisogno di gerarchia [la quale] non è obbligatoriamente imposta dall’alto, ma piuttosto una necessità umana”.
Come dire che certe volte taluni dettagli potrebbero rivelarsi assai più importanti di tutto l’insieme, anche se il ritardo endemico delle risposte istituzionali alla crisi sia endemico al ceto politico che continuiamo velenosamente a tenerci in pancia.
Fine del primato della politica?
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Questo blog nasce proprio nell'intento di condividere opinioni, idee, esperienze, progetti, filosofie, culture, modelli di sviluppo alternativi e/o complementari che per la prima volta, forse, ci permettano di sentirci un POPOLO unito che ha la consapevolezza, la forza e la capacità di scegliere il proprio futuro per sè e per le generazioni a venire. Un popolo che urla la propria indignazione verso quella classe politica cinica ed autoreferenziale che interpretando la politica come mezzo ad uso esclusivo proprio e dei propri affini a vantaggio personale e clientelare ha spezzato la catena di congiunzione con l'elettorato attivo, non fornendo risposte, non risolvendo problemi. Non resta che rimboccarci le maniche, fare politica attiva, dare il proprio contributo! ciascuno di noi, nel proprio piccolo, può fare grande l'italia! Che ognuno di noi possa interpretare nel proprio quotidiano, con il proorio lavoro, le proprie aspirazioni, i propri sogni il CAMBIAMENTO che vorremmo vedere nella nostra bella ITALIA!
La più grande difficoltà sta nell'interpretare la politica come un mezzo al servizio della collettività, della giustizia sociale, uno strumento utile a migliorare la qualità della vita di tutti noi. gli anni trascorsi dal '94 ad oggi hanno segnato le menti, le coscienze ed i cuori, riempendoli di scontri verbali, contrapposizioni ideologiche, dietrologie politiche, lotte di classe. Tutto ciò fa gioco alla oligarchia classista avida di potere che detiene non soltanto il potere politco, ma soprattutto, il potere economico e finaziario di questo paese. In realtà "gli affari" vengono fatti con l'accordo di tutti trasversalmente ad ogni "finta ideologia" politica. La politica degli opposti schieramenti, delle tifoserie selvagge, della contrapposizione liberista-comunista è nella realtà odierna una assurda amenità anacronistica utile soltanto al conservatorismo liberista finto riformista che così continua a tenere sotto scacco le capacità imprenditoriali, i talenti intellettuali, la voglia di "cambiamento" di questo paese. Facciamo che queste eccellenze non rimangano inespresse: lottiamo "insieme" senza inutili contrapposizioni ideologiche. Una cosa ci accomuna tutti: l'amore per il nostro paese. lottiamo insieme per costruire un futuro migliore per tutti!
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