L’accordo “futuribile” sulla legge elettorale, raggiunto dai tre segretari dei partiti dell’inedita e improbabile maggioranza che sostiene il governo Monti richiede, urgentemente, di porre al centro del dibattito politico, come stiamo cercando di fare con insistenza da tempo, il tema del rapporto tra cultura politica e – appunto – legge elettorale.
Il progetto dei tre partiti dell’attuale maggioranza può ben essere giudicato, prima di tutto come assolutamente confuso: c’è scritto, infatti, che prevede “la restituzione ai cittadini del potere di scelta dei parlamentari, un sistema non più fondato sull’obbligo di coalizione, l’indicazione del candidato premier, una soglia di sbarramento e il diritto di tribuna”. Insomma tutto e il contrario di tutto.
Si tratta, infatti, di principi in gran parte opposti. Senza l’obbligo di coalizione non ha senso l’indicazione del premier, nessun partito può ambire alla maggioranza assoluta dunque quell’indicazione è un’illusione o un inganno.
Se il 50% dei seggi è assegnato con il sistema proporzionale non si capisce il diritto di tribuna ,una quota di seggi destinata alle piccole formazioni ,tanto più che soglia di sbarramento (alta o il 4 o il 5%) nega, in partenza, la piena rappresentatività del voto
Il potere dei cittadini di scegliere i parlamentari in concreto diventerà il potere di scegliere quel candidato che i partiti decideranno di paracadutare nel collegio uninominale, questo per la metà dei seggi in palio.
Per l’altra metà si dovranno votare liste bloccate, come oggi,senza preferenze. In più dovrebbe rientrare dalla finestra anche il premio d maggioranza, cioè il fondamento delle vecchie coalizioni.
Un’evidente contraddizione ma ora il premio dovrebbe andare direttamente ai partiti, al primo e anche al secondo classificato.
E’ prevista, infine, anche la riduzione del numero dei parlamentari (500 alla Camera e 250 al senato).
Un progetto, se così lo si vuol definire, che dimostra, se mai ce ne fosse stato ancora bisogno, la lontananza siderale che divide le attuali espressioni partitiche dalla realtà concreta di vera e propria “non credibilità” del sistema politico, all’interno della società italiana.
Si tratta dell’ennesima dimostrazione di un ritardo accumulato da anni nella capacità di sviluppare un’analisi di fondo sulle forme e le strutture dell’agire politico.
Un’analisi che pare proprio impossibile riuscire a far decollare.
La realtà della profonda crisi economica e sociale richiederebbe, prima di tutto, un salto di qualità sul piano culturale, attraverso l’avvio di un serio tentativo di ricostruzione di una sintesi progettuale.
Una sintesi da realizzarsi riuscendo a oltrepassare le espressioni correnti dell’individualismo dominante (frutto dell’approccio neo-liberista ormai introiettato, fin dai primi anni’90 del XX secolo, anche dalla sinistra italiana di tradizione socialista e comunista: salvo alcune eccezioni rimaste minoritarie).
E’ stato attraverso le espressioni dell’individualismo che si sono affrontate, almeno fin qui, le cosiddette contraddizioni “post-materialiste”.
Quelle contraddizioni “post-materialiste” che Inglehart, fin dal 1997, ha definito come “le scelte sullo stile di vita che caratterizzano le economie post-industriali”.
Oggi, proprio nella realtà della crisi globale (della quale, almeno n questa sede, non enucleiamo le caratteristiche specifiche per evidenti ragioni di economia del discorso) reclama il ritorno all’espressione di valori orientati, invece: “ alla disciplina e all’autolimitazione, che erano stati tipici delle società industriali”.
Appaiono evidenti le esigenze che sorgono nel merito della programmazione, dell’intervento pubblico in economia, della redistribuzione del reddito, dell’eguaglianza attraverso l’espressione universalistica del welfare, del ritorno a una “dimensione geografica” che, nel nostro caso, dovrebbe chiamarsi “Europa Politica” oltrepassando l’Europa delle banche e delle monete.
Dal nostro punto di vista il tema della legge elettorale risulta, così, strettamente collegato a quello di una presenza politico-istituzionale capace di elaborare quel “progetto di sintesi” cui ci siamo già riferiti.
Perché questo stretto legame? Ripercorriamo velocemente le caratteristiche dei due principali sistemi elettorali: il maggioritario (nella cui direzione ci si è rivolti, In Italia, al fine di costruire un artificioso bipolarismo) e il proporzionale.
L’idea del maggioritario è stata frutto, al momento dell’implosione del sistema politico nei primi anni’90 del XX secolo, di una vera e propria “ubriacatura ideologica”, strettamente connessa alla già citata ondata liberista: non si sono avuti risultati sul terreno della frammentazione partitica e su quello della stabilità di governo.
Inoltre il maggioritario ha aperto la strada allo svilimento nel ruolo delle istituzioni, alla crescita abnorme della personalizzazione (fenomeno che ha colpito duramente a sinistra, al punto da renderla in alcune sue espressioni di soggettività del tutto irriconoscibile), alla costruzione di quella pericolosissima impalcatura definita “Costituzione Materiale” attraverso l’esercizio della quale si tende verso una sorta di presidenzialismo surrettizio, all’allargamento del distacco tra istituzioni e cittadini.
Il sistema proporzionale, quello “vero” (non certo quello del sistema elettorale vigente o quello ipotizzato dall’accordo tra i tre segretari) è stato accusato d rappresentare, nel passato recente della storia d’Italia, il veicolo di quel consociativismo considerato l’origine di tutti i mali del sistema politico, inefficienza e corruzione “in primis”.
Rivolgiamo, allora, a tutti una domanda: il sistema misto usato, in due diverse formule, tra il 1994 e il 2008 ha forse contribuito a ridurre inefficienza e corruzione? Non crediamo proprio, considerata l’attenta lettura delle cronache di questi anni.
Cogliamo quindi l’occasione per esprimere una valutazione di fondo favorevole al sistema proporzionale: il proporzionale (facciamo riferimento, tanto per intenderci, al sistema elettorale usato in Italia dal 1953 al 1992) rappresenta, infatti, un sistema fondato necessariamente sul ruolo dei partiti, quali componenti fondamentali di una democrazia stabile.
Inoltre lo scrutinio di lista con preferenza esige, necessariamente, un diverso equilibrio tra le candidature, affrontando così il tema del decadimento complessivo della classe politica.
Interessa, però, soprattutto il legame tra sistema elettorale e struttura dei partiti.
E’ questo il punto fondamentale del discorso che intendiamo sostenere in questa sede: il sistema, per recuperare il dato fondamentale della capacità di rappresentanza, ha bisogno di adeguate soggettività politiche che, proprio alla presenza di un’articolazione così evidente nelle richieste della società, produca reti fiduciarie più ampie e meno segmentate, più aperte verso le istituzioni, in grado di essere produttrici e riproduttrici di capitale sociale, di allentare la morsa del particolarismo dilatando anche le maglie delle appartenenze locali e rilanciando il “consolidamento democratico”.
Se dovesse andare in porto il sistema elaborato dai tre segretari di maggioranza avremmo invece un ulteriore inasprimento dello sterile corporativismo che i partiti stano esprimendo in questo momento e un ulteriore salto nel buio nella crisi del sistema.
Serve, in ogni caso, anche sul terreno delle regole istituzionali una proposta di vera alternativa.
Il dato incontrovertibile è che la crisi economica, culturale e morale sia generata dallo svuotamento istituzionale e sociale della politica, soprattutto in Italia, causata dalla scelta del bipolarismo esasperato ed una legge elettorale che violenta il pluralismo democratico e la rappresentanza parlamentare. "Lasciate ogni speranza o voi che votate!".
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