Basta guardare a quello che sta succedendo in Italia: la recessione è iniziata nel 2008 e l'anno successivo il Pil ha registrato un crollo senza precedenti: oltre il 5%. Poi nel 2010 c'è stata una leggera ripresa, ma già nel 2011 il Prodotto interno lordo è cresciuto di appena mezzo punto. Per quest'anno è attesa una nuova caduta di circa il 2%. Secondo gli economisti più ottimisti l'andamento dell'economia ha un segno grafico rappresentato dalla lettera «W» (double dip, in inglese) che significa recessione, piccola ripresa e nuova recessione. Questo andamento era largamente prevedibile osservando ciò che stava accadendo ai settori produttivi. In primo luogo l'industria che, anche nella fase di ripresa del 2010, non ha mai recuperato i livelli pre-crisi, ma, nel momento migliore, è risultata del 15% inferiore a quei livelli.
I dati diffusi ieri dall'Istat (anticipati dal Centro studi Confindustria) confermano che all'inizio di quest'anno (gennaio e febbraio) la caduta della produzione è diventata ancora più violenta. D'altra parte i dati sulle ore concesse di Cassa integrazione l'avevano largamente anticipato. Per Corrado Passera si tratta di dati «attesi» per contrastare i quali, tuttavia, il governo non ha fatto nulla.
La crisi attuale era stata anticipata anche dal Fondo monetario che in un report dell'aprile 2009 aveva scritto che la crisi (allora virulenta a livello mondiale) sembrava avere un andamento grafico a «L» che la rendeva simile alla crisi del '29. Quando a una caduta della produzione (e del Pil) molto forte era seguita una fase di stagnazione lunghissima, interrotta solo dalla «ripresa» conseguente la seconda guerra mondiale. I grandi della terra hanno finto di non accorgersi (come fa oggi Monti) di quello che stava accadendo e hanno concentrato tutte le attenzioni sulla crisi della finanza e sul risanamento dei conti pubblici con manovre restrittive, come sta facendo Monti. E questo ha prodotto un effetto perverso: frenando la crescita del Pil ha provocato un aumento del deficit e del debito pubblico. Di qui la necessità di nuove manovre correttive che a loro volta frenano la domanda globale e creano nuovi disoccupati.
Insomma, siamo di fronte a una situazione drammatica dominata oltretutto da una ideologia perversa: solo le liberalizzazioni, le privatizzazioni e il basso costo del lavoro possono rilanciare i sistemi economici. Produrre più merci anziché allargare l'area del welfare non genererà nuova crescita, ma solo nuove crisi e povertà diffusa.
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