Fino a dicembre, però, non si saprà precisamente quanto. Il testo dei correttivi al decreto fiscale votato in commissione finanze al Senato, infatti, sposta a quella data il termine entro il quale un Dpcm (decreto Presidenza dei ministri) potrà cambiare le aliquote dell’imposta per garantire allo Stato il gettito previsto.
In realtà si tratta di un doppio decreto: il primo interesserà abitazioni e immobili commerciali o industriali, il secondo sarà dedicato all’agricoltura.
Quello relativo alle abitazioni e immobili commerciali andrà scritto entro il 30 settembre, giusto in tempo per consentire ai Comuni di rivedere le proprie scelte locali e, probabilmente, aumentare le aliquote nei termini stabiliti.
Il secondo, invece, può essere ultimato entro il 30 novembre, data entro la quale si concluderanno le operazioni di accatastamento dei fabbricati rurali. In altre parole, una famiglia non saprà esattamente quando deve pagare per l’Imu 2012, fino alla fine dell’anno.
Addio tredicesime, quindi, per chi le incassa ovviamente. Eppure è ben definita la “somma erariale” che i Comuni dovranno versare a Roma, già scritta nel decreto “Salva Italia”: 9 miliardi di euro. I meccanismi, come detto, rimangono ancora da definire con regole in continua evoluzione. Nel passaggio in commissione al Senato, per esempio, i fabbricati rurali nei Comuni classificati come “montani” hanno incassato l’esenzione dall’Imu, come i fabbricati “inagibili” e “inabitabili”, oltre all’azzeramento per i fabbricati di Comuni, edilizia popolare e cooperative a proprietà indivisa. Salve anche le fondazioni bancarie che non dovranno versare neanche un centesimo.
Ma gli italiani quanto e quando dovranno pagare? Ci si deve preparare per il 18 giugno, entro questo termine si deve provvedere a pagare l’acconto dell’Imu. Nell’attesa che il quadro della nuova imposta municipale unica sia delineato, si usano i meccanismi ben rodati della vecchia Ici. Per il calcolo, secondo l’emendamento passato in Senato, l’acconto sarà computato in base alle aliquote “di riferimento” fissate dalla legge (4 per mille per l’abitazione principale, 7,6 per gli altri immobili tranne quelli strumentali all’attività agricola, per i quali è il 2 per mille). Non bisogna dimenticarsi, però, di rivalutare la rendita catastale per il calcolo del 5% per poi moltiplicarla per 160. Dalla somma così ottenuta si detraggono 200 euro, se si tratta dell’abitazione principale, più altri 50 euro per ogni figlio di età inferiore a 26 anni se residente nella stessa casa. L’aliquota standard per gli altri immobili è dello 0,76% senza nessuna ulteriore detrazione. Per quanto riguarda i box, il calcolo è lo stesso delle abitazioni principali; per i negozi occorre aumentare la rendita del 5% e moltiplicare il risultato per 55; per gli uffici e gli studi professionali si deve aumentare la rendita del 5% e moltiplicare per 80. L’acconto di giungo sarà pari alla metà dell’importo così ottenuto.
Il decreto “Salva Italia” lascia un buon margine di manovra ai Comuni che possono far variare le aliquote per l’abitazione principale dallo 0,2 allo 0,6% mentre l’oscillazione per gli altri immobili può spostarsi dallo 0,46 all’1,06% con possibilità di scendere allo 0,4% per gli immobili locati e per quelli posseduti da persone giuridiche. Un esempio pratico per chiarire del tutto le idee. Se si ipotizza una rendita originaria per un’abitazione principale di 1000, il proprietario, senza figli, dovrà sicuramente pagare entro il 18 giugno 236 euro. A dicembre la sua la cifra del saldo varierà molto: se il suo Comune scegliesse di tassare con l’aliquota più bassa (0,2%), il proprietario maturerà un credito d’imposta di 100 euro; se invece opterà per l’aliquota dello 0,6%, il contribuente dovrà sborsare altri 572 euro.
Ma non c’è solo l’Imu per i sempre più tartassati contribuenti italiani. Tra l’estate e dicembre dello scorso anno sono entrate in vigore le manovre del governo Berlusconi e il decreto “Salva Italia” di Mario Monti. Le stime prevedono che entro fine del 2014, nell’ottica del pareggio di bilancio, lo Stato incassi 81,2 miliardi di euro, circa 50 entro la fine di quest’anno e altri 27 nel 2013. Ci sono già nuove imposte programmate, pronte ad abbattersi, come una mannaia sui lavoratori. Due su tutte: Iva e accise sul carburante. Il prossimo ottobre potrebbe scattare l’aumento dell’Iva che passerebbe dal 21 al 23%. E se non dovesse bastare dal primo gennaio 2014 potrà salire fino al 23,5%, come deciso dal governo Monti. Rincari in agenda anche per icarburanti il cui costo è già alle stelle. Il primo aumento c’è stato lo scorso 7 dicembre, ma le accise potranno aumentare di nuovo dal primo gennaio 2013. Super bollo per le auto di lusso, imposta sui conti correnti bancari, tassa sugli aerei privati, imposta sui capitali, sulle barche (per gli scafi oltre i 64 metri si potrà arrivare a pagare fino a 703 euro al giorno), immobili esteri, rifiuti, tassa sulle attività finanziarie estere, innalzamento delle aliquote contributive per artigiani e commercianti e delle addizionali regionali Irpef, completano il quadro.
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