La resa dei conti
Soros, è arrivata la fine dell'euro!
Il Magnate ungherese mise in ginocchio il nostro paese nel 1992 e ora le sue parole sull'Euro suonano sinistre...
“Siamo convinti che l’Europa sia un sonnambulo che cammina verso un disastro di proporzioni incalcolabili. Il senso di una crisi senza fine, con una pedina del domino che da un momento all’altro potrebbe cadere su tutte le altre, deve assolutamente essere invertito”.
Un’analisi amara e impietosa che reca la firma dell’Institute for New Economic Thinking (Inet), un team di economisti guidato daalcuni consulenti del governo tedesco e da George Soros.
Il nome del magnate degli investimenti rimbomba nella mente di molti italiani: il 17 settembre del 1992 realizzò un clamoroso attacco speculativo che mise in ginocchio la lira che si svalutò del 30 per cento e fu costretta a uscire dalla Sme. Il giorno precedente aveva venduto allo scoperto circa 10 miliardi di dollari in sterline e la conseguenza fu che anche la Banca d’Inghilterra dovette far uscire la propria moneta dalla Sme. Un’operazione che a Soros fruttò 1,1 miliardi di dollari. E’ per questo che oggi le sue fosche previsioni sul futuro dell’euro rischiano di suonare come una minaccia.
Sembra vada ben oltre la dietrologia l’ipotesi che l’8 febbraio del 2010 alcuni imponenti hedge fund – Soros, Paulson, Greenlight, Sachs e Sac Capital – stabilirono un attacco simultaneo all’euro durante una cena segretissima. L’accusa è contenuta in un’inchiesta effettuata dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti. Appaiono quindi quasi paradossali le proposte formulate da Soros per salvare l’euro, in quanto provengono proprio da chi si è guadagnato negli anni la fama di specialista nel mettere in ginocchio le monete. In un’intervista rilasciata lo scorso giugno a Bloomberg, l’investitore di origine ungherese ha suggerito ai governi europei di creare un redemption fund, plasmato appositamente per erodere progressivamente il debito pubblico.
Il passo successivo dovrebbe consistere nell’emissione di European Treasury Bills, cioè buoni del tesoro a breve termine garantiti da tutta l’unione monetaria. Questa ricetta ha raccolto diversi consensi, proprio mentre il quadro finanziario globale diventa sempre più complesso. Lo scorso 20 luglio i mercati sono capitolati in maniera violenta e imprevista, a causa di uno tsunami di vendite che ha affossato in particolar modo Roma e Madrid.
E dietro a questo terremoto molti hanno individuato un disegno preordinato, molto simile alle macchinazioni ordite proprio da Soros negli anni Novanta.
Il magnate della finanza è intervenuto anche durante l’ultima edizione del Festival dell’Economia di Trento per articolare le sue tesi. Ha spiegato con decisione come l’Europa necessiti di una radicale inversione di rotta, possibile soltanto quando si comprenderà che i problemi sono di natura bancaria e di concorrenza, non fiscali. Soltanto un sistema comunitario a copertura dei depositi delle banche potrebbe arginare la fuga di capitali dall’area Euro.
Avvoltoio pronto a divorare le rovine del Vecchio Continente o raffinato analista in grado di proporre soluzioni efficaci per uscire dalla burrasca? L’effettivo ruolo di Soros non è ancora chiaro a nessuno. Forse l’affresco più intrigante proviene dalle parole di Paul Volckler, ex presidente della Federal Reserve. “George Soros ha lasciato un segno nella veste di speculatore dall’enorme successo, saggio abbastanza da ritirarsi sostanzialmente quando il gioco volgeva a suo favore. Il grosso delle sue enormi vincite sono oggi votate ad aiutare paesi emergenti o in via di transizione a rendersi delle società aperte, aperte non solo nel senso di scambi commerciali, ma soprattutto tolleranti nei confronti delle nuove idee e ei diversi approcci di pensiero e comportamentali”.
Crisi finanziaria e Nuovo Ordine Mondiale
1. Esportatori di democrazia... no, di inflazione
Questa crisi era inevitabile? Gli Stati Uniti ne sono responsabili? Stanno davvero risolvendo questa crisi, o piuttosto dobbiamo aspettarci che qualche potenza affondi? Ma gli USA non erano i dominatori del mondo? Com’è che si ritrovano con le pezze al sedere?
Queste domande sono tutt’altro che oziose, pur (o meglio, a maggior ragione) nell’attuale clima di incertezza in cui la gente vuole sapere solo cosa fare dei propri risparmi. Ma per arrivare ad avere una qualche risposta concreta, bisogna partire dall’inizio e capire come si è prodotta questa situazione.
Se diamo ascolto ai guru dell’economia, ai dirigenti delle banche, ai ministri del tesoro e capi di stato, potremmo farci l’idea che nessuno in realtà sappia da dove venga l’attuale crisi, che sia tipico del “sistema capitalista” questo ciclo di recessioni e boom economici, che gli stessi operatori siano stati colti di sorpresa dalla crisi, che nessuno poteva immaginare... che insomma l’origine vera è un gran mistero.
Lungi dall’esserlo, si tratta invece di una causa piuttosto chiara, almeno nei suoi tratti essenziali: la crisi era inevitabile innanzitutto perché l’intero sistema poggia su basi traballanti, che non possono farlo durare a lungo.
Questi “piedi d’argilla” dell’economia mondiale sono in sostanza:
A. Creazione di denaro dal nulla
B. Corso legale
C. Riserva frazionaria
Spiegherò brevemente questi tre concetti base, mentre suggerisco la lettura degli articoli contenuti nelle Note per i necessari approfondimenti [1].
A. Creazione di denaro dal nulla (anche detta “magica stampante”)
Si stampano banconote che sono vera e propria carta straccia, perché non hanno alcun bene reale a garanzia del loro valore. Semplicemente, sono foglietti a cui si attribuisce un certo valore e si crede che valgano davvero la cifra impressa sulla carta.
Una volta, ogni banconota aveva un corrispettivo d’oro che la garantiva, in modo che non si potesse stampare soldi a piacimento (almeno teoricamente, poi si può sempre infrangere la legge, impunemente se chi lo fa è al potere): c’era cioè un limite, e questo era dato dalla disponibilità reale di metalli rari e preziosi.
A più riprese questa convertibilità banconota-oro è stata sospesa da vari governi, soprattutto per fare guerre (che richiedono letteralmente una montagna di denaro).
L’ultima volta che è stata presa una simile decisione, però, anziché essere temporanea è divenuta permanente (proprio come la “guerra permanente” al terrorismo). E’ il 1971: il presidente USA Nixon, per salvare il suo paese dalla bancarotta, annuncia la sospensione totale della convertibilità dollaro-oro, che stiamo pagando ancor oggi [2].
Bene, anzi male: da allora è lecito stampare soldi a piacimento con la “magica stampante”, senza ritegno. Che significa? Che si può immettere nel sistema una quantità spropositata, virtualmente illimitata, di banconote, del tutto legalmente: una quantità slegata dai beni reali in circolazione. Ma l’aumento della massa monetaria in circolo ha un nome ben preciso: inflazione [3].
Dunque si tratta di una truffa legalizzata.
Ma se le attuali banconote sono carta straccia, com’è che le usiamo? Com’è che la gente ci pensa due volte prima di bruciare una banconota da 50 euro? Queste ragionevoli domande trovano risposta nel secondo fattore, che alla loro ragionevolezza oppone tutta l’assurdità del sistema.
B. Corso legale (o corso forzoso)
Lo Stato obbliga i suoi cittadini ad usare esclusivamente le banconote da esso approvate (da noi gli euro), anche se create dal nulla: è il meccanismo detto “fiat money”. In sostanza abbiamo in mano pezzi di carta colorata senza alcun valore, ma siamo costretti a credere che questi foglietti abbiano davvero un valore e siamo obbligati ad accettarli e usarli, cioè a scambiare beni reali con quei foglietti colorati.
La gente non brucia le banconote, perché crede che valgano quanto scritto su di esse: pensa“Non posso bruciare questa banconota, vale 100 euro!” quando materialmente quel foglietto vale circa 3 centesimi di euro.
E’ un sistema basato sulla fiducia (ma sarebbe più attinente dire sulla fede): la banconota ha valore nel momento in cui si crede che ne abbia, anche se essa è svincolata da qualunque garanzia di avere realmente quel valore. Ma anche nel caso in cui la gente si renda conto che ciò che ha in mano è solo carta colorata, resta incastrata comunque nel sistema, perché lo Stato obbliga tutti ad usare quei foglietti.
Ma non è finita: c’è un terzo meccanismo, che assieme ai primi due costituisce i piedi d’argilla del gigantesco mostro monetario attuale.
C. Riserva frazionaria
Ovvero un altro astuto modo per creare denaro dal nulla. In poche parole, il sistema bancario può -anzi deve, essendo stabilito per legge- detenere solo una piccola parte dei depositi dei correntisti, utilizzandone una buona parte per creare credito (cioè moltiplicando magicamente il denaro esistente) [4]. Lo Stato stabilisce una riserva minima da detenere e le banche devono tenere una quantità di denaro non inferiore ad essa.
In sostanza, se tutti noi volessimo ritirare i soldi che abbiamo depositato sui nostri conti corrente, la banca ci direbbe “niet”: non li hanno, anche se io li avevo materialmente depositati, perché buona parte dei miei risparmi è stata usata per fare credito ad altre persone. Questo concetto astuto e subdolo, che la banca si guarda bene dal rivelarci quando apriamo un conto, fa in modo che si crei dal nulla ulteriore denaro, come semplici bit su uno schermo di computer. Nulla di più semplice.
Ma in questo modo si rafforza il danno già prodotto tramite fiat money, cioè si costruisce un sistema destinato all’inflazione perenne.
Inoltre, se tutti nello stesso giorno andassimo a ritirare i soldi dai nostri conti correnti, le banche fallirebbero all’istante per insolvenza (come già accaduto, peraltro).
Base monetaria degli Stati Uniti d'America:
Non è un caso che dal 2003 la FED (Federal Reserve, cioè la banca centrale statunitense) si rifiuti di rendere pubblico un importantissimo valore, l’M3, cioè un dato relativo alla massa monetaria in circolazione. Ci sono statistiche non ufficiali sull’M3 [5], di cui il grafico sottostante è un esempio. La massa monetaria è completamente scollegata dai beni reali esistenti, c’è uno scollamento imponente tra l’economia reale e i dollari prodotti dalla FED.
Su queste basi si può ben capire come il sistema non possa durare a lungo: ogni volta si ricorre ad astuzie, sotterfugi, trucchi di vario genere pur di mantenere in vita quel che è in realtà un cadavere, rimandando così lo sfascio dell’intero sistema. Ma rimandare significa solo aggravare il botto che farà quando scoppierà. Lo stiamo vedendo proprio ora.
A questi “piedi d’argilla” bisogna poi aggiungere altri elementi per capire l’attuale crisi finanziaria: in particolare il comportamento dei governi e le speculazioni degli operatori finanziari su derivati e altri prodotti [6].
Il secondo elemento è presto detto, almeno nel suo nocciolo: il “credito facile” erogato dalle banche ha fatto sì che molti accedessero a mutui che poi non hanno potuto ripagare [7]. Ma questi mutui subprime ad alto rischio di insolvenza venivano inseriti in pacchetti azionari (iderivati) e immessi nel circolo finanziario. Erano null’altro che prodotti “tossici”. Quindi questi crediti non ripagati hanno avviato un effetto domino, che sta mandando gambe all’aria il sistema spregiudicato costruito anche su di loro. E oggi, quelli che si stracciano le vesti con il mantra del“Non potevamo immaginare”, sono gli stessi che per anni hanno giocato al monopoli con i soldi dei risparmiatori, ben consapevoli che quella bolla sarebbe scoppiata, e facendo un botto tremendo.
"Pensavo stessimo solo comprando una casa!"
Che dire invece dei governi? Come interpretare il comportamento degli USA, “un impero fondato sul debito”, che spendono cifre smisurate per le loro assurde guerre in giro per il mondo,contraendo debiti esorbitanti che certo sanno di non poter ripagare? E perché gli altri Stati accettano questa situazione?
Gli USA sono grandi esportatori di inflazione.
Il dollaro non vale più della carta igienica, eppure tutti accettano dollari negli scambi internazionali.
La realtà è che viviamo in un sistema falsato, in cui nulla ha più il valore che dovrebbe avere. La supremazia degli USA si basa fondamentalmente sul fatto che gli scambi nelle borse petrolifere vengono effettuati con i dollari: il petrolio è scambiato con dollari, non con euro o altre valute. Questo perché gli USA imposero quella condizione quando il dollaro aveva ancora un valore, e ora semplicemente bombardano quei paesi che vorrebbero vendere petrolio in cambio di euro [8]. Il dollaro ha l’apparenza di una moneta “valida” perché viene scambiato con petrolio, bene con un forte valore reale. Paesi come l’Arabia Saudita straripano letteralmente di dollari. E li spendono sui mercati occidentali: questi sono ben contenti di tutta quella valanga di denaro, che però non fa altro che peggiorare l’edulcorazione già presente nel sistema.
Un vero circolo vizioso, quindi, che non viene spezzato da nessuna delle parti in gioco perché tutti ci guadagnano. Tranne la gente comune, su cui sempre si fa ricadere il peso delle scellerate scelte dei governi.
La massa monetaria in circolazione a livello mondiale è totalmente scollata dalla quantità di beni reali prodotti (vd. grafico seguente). Una situazione del genere non può certo durare a lungo.
La moneta circolante nel mondo è cresciuta molto più che la produzione di beni
Tutti quei giochetti finanziari con cui per anni i vari operatori si sono “divertiti”, hanno portato all’attuale disastro, che secondo molti è stato scientemente preparato: qualcuno ha operato affinché oggi scoppiasse, con il massimo danno possibile, una crisi finanziaria planetaria.
La “bomba da un quadrilione di dollari” dei derivati: quella dei mutui subprime, in confronto, è una bazzecola (600 miliardi di dollari contro più di 1 milione di miliardi di dollari... cioè il 1760% del prodotto interno lordo mondiale)
Da un certo punto di vista è vero che molti bancari si sono trovati spiazzati (almeno non quelli ai massimi livelli che gestiscono il sistema, s’intende): in quei giochetti le banche per cui lavoravano non avevano nulla da temere: grosse compagnie assicuratrici, come AIG, erano nate apposta per coprire le spalle alle banche in caso di investimenti e operazioni negative. Era già accaduto, e le banche sono ricorse alle assicurazioni per non avere danni (un ottimo sistema per perpetuare questo gioco truccato, senz’altro).
Ma oggi assitiamo ad una cosa mai vista: una dopo l’altra, le grandi compagnie di assicurazioni bancarie sono fallite (sono state fatte fallire, per meglio dire).
Per capire meglio questo aspetto del meccanismo, parliamo brevemente dei CDS (Credit Default Swap), che sono strumenti derivati.
In sostanza, sono un sistema che permette alle banche finanziarie di comprare qualsiasi cosa sul mercato -recentemente per es. i mutui subprime- senza preoccuparsi del loro valore effettivo; in altre parole non importa più se una cosa ha valore realmente o no, perché i CDS garantiscono che una terza parte pagherà un’assicurazione se quelle aziende o quei bond perdono di valore per un default o anche solo per un downgrade delle agenzie di rating.
Ecco dunque il meccanismo perverso, secondo molti scientemente preparato e attuato: a differenza del passato, questa volta nel momento stesso in cui tutte le banche e tutte le istituzioni (persino i municipi) si sono esposte con i CDS, con lo scoppio della bolla le assicurazioni finanziarie falliscono misteriosamente a catena, lasciando banche e nazioni in debito di triliardi con qualcuno, che di fatto è ora in grado di ricattare l'intera economia mondiale. Ma in debito con chi? E a quale scopo?
Entrano qui in gioco gli hedge fund: i contratti CDS, e i contratti derivati da questi come i CDO, non hanno un valore determinabile di per sè, per definirlo ci sono degli indici di rating. C'è una borsa di questi indici dove si può speculare su tale valore. E chi specula su questi indici? Gli hedge fund, molti dei quali sono controllati da famiglie come i Rothschild e i Morgan, che controllano da sole quasi tutto il sistema finanziario mondiale.
In pratica, le compagnie che assicuravano i CDS (come per esempio AIG, Ambac, MBIA, ACA, Monolines ecc.), nonostante avessero fatto bene i loro conti in vista dello scoppio della bolla immobiliare -che sapevano perfettamente sarebbe scoppiata- non potevano prevedere un attacco diretto degli hedge fund contro gli indici dei CDS. Hedge Fund come quelli di Soros o dei Rothschild sono soliti fare operazioni speculative in borsa bruciando miliardi con obiettivi politici e non di guadagno.
Quindi gli hedge funds fecero questo: dapprima si comprarono i CDS dei mutui subprime che le banche vendevano per crearsi liquidità, sicure perché erano assicurate da compagnie come AIG; poi andarono sul mercato degli indici e specularono al ribasso su quei CDS facendogli perdere di valore; questo fece saltare AIG e gli altri istituti finanziari che assicuravano le banche sui contratti CDS; le banche smisero di fare mutui sulle case, perché non si fidavano più dei CDS, e questo accelerò ancor più la caduta dei prezzi delle case, perché nessuno più le poteva comprare e la domanda scendeva a picco; tutto ciò aggravava ulteriormente lo stato di istituzioni come AIG che alla fine falliscono, e in un effetto domino trascinano con sè le banche; alla fine banche e intere nazioni sono indebitate con gli hedge fund per trilioni di dollari di CDS.
In sostanza, qualcuno ha dapprima fatto in modo che le banche facessero mutui a più gente possibile e senza il minimo controllo, sapendo benissimo che sarebbero andati per la maggior parte in default, essendo le banche sicure che grazie ai CDS sarebbero state coperte.
Poi è stato fatto in modo che aziende assicuratrici come AIG, che in passato avevano protetto dalle ricadute degli scoppi delle bolle, fossero messe in crisi e fallissero. Hanno scatenato un’orda di hedge fund pilotati per speculare sugli indici di rating dei CDS accelerando il fallimento di tali istituti assicuratori in modo che avvenisse proprio a ridosso delle elezioni. Quindi il sistema bancario si è trovato scoperto da tutti e due i lati: da una parte mutui senza valore e dall'altra assicurazioni che nessuno avrebbe mai pagato.
L’attuale crisi mondiale è stata scientificamente creata: l'andamento della bolla immobiliare non solo è stato previsto, ma è stato creato. [9]
A tal proposito, giova ricordare qui una lettera che abbiamo segnalato a suo tempo sul blog Nuovo Ordine Mondiale [10] e che trascrivo solo nei suoi punti salienti: la lettera è di Samuel Rothschild, che a giugno 2008 scriveva al Financial Times:
Il Credito crea denaro.
[...]
Comunque, visto che denaro e potere sono sinonimi, e visto che il potere dovrebbe essere concesso in modo selettivo, anche lo scopo del prestito merita considerazione.
Il recente "panico bancario" è stato autoinflitto.
I banchieri hanno abusato del loro privilegio di creazione del denaro.
[...]
Un dollaro sottovalutato ed una enorme liquidità, scatenata da un eccesso di prestiti bancari, hanno fornito la scusa per la bolla speculativa del petrolio, delle case, delle azioni e delle commodity.
Le bolle scoppiano.
La caduta dei prezzi minaccia le case, i mutui e l'intera struttura bancaria.
[...]
E' tempo di delimitare il privilegio dei banchieri della creazione del denaro.
Ripristinare il potere nelle mani dei pochi che tradizionalmente lo detenevano, ecco dunque la ricetta di mr. Rothschild. Una buona ricetta, secondo lui, soprattutto perché quando dice che il potere deve essere concesso in modo selettivo, intende dire che lui, con pochi altri amici, rientra nella categoria di chi avrebbe diritto a detenere quel potere. Concentrato, però. Quindi ancor più pericoloso.
Ma in tutto ciò, che cosa hanno fatto i grandi leader politici mondiali per affrontare questa crisi di proporzioni colossali?
Misteriosamente, dapprima si sono affrettati a dire alla gente che non era nulla di grave e che non bisognava preoccuparsi, poi hanno iniziato a dire che i nostri conti correnti “sono al sicuro, perché tanto c’è il fondo interbancario che li assicura” (come a dire: sì, sono a rischio, ma non ve lo diciamo apertamente), dopo di che hanno iniziato all’unisono a suonare le trombe della crisi globale e le grancasse della recessione. Termine -sia detto per inciso- che non veniva più pronunciato da decenni perché troppo “forte” alla percezione della gente, preferendo sostituirlo con altri termini più soft.
Ora gli stessi che fino a un mese fa rassicuravano sul fatto che “il peggio è passato”, parlano di recessione globale, di crisi profonda, di calo della domanda, invocando a gran voce un intervento a livello globale per riformare l’intero sistema finanziario.
Ed ecco finalmente la perla, la punta di diamante che emerge dall’oscurità del caos: la soluzione preparata per una crisi scientemente pianificata, soluzione offerta ai popoli del mondo come panacea per sanare un sistema finanziario corrotto.
Serve una soluzione globale a una crisi globale (termine adorato dal mondialista Gordon Brown, che infatti riesce a infarcire ogni suo discorso facendolo letteralmente straripare di “globalismi” [11] ).
Innanzitutto gli stati devono farsi carico delle perdite delle banche, tramite ricapitalizzazione delle stesse: in sostanza, la banca va in crisi e lo stato la salva (o meglio i nostri soldi la salvano). Peccato che uno stato che si accolla i debiti di una banca debba anche impegnarsi a restituire quei debiti: come? Facendo ricadere sui propri cittadini tutto il peso di una simile sciagurata decisione. Aumento delle tasse, tagli alla spesa sociale, inflazione, sono i mezzi principali con cui lo stato costringe i cittadini a sopportare l’onere delle proprie decisioni.
La ricetta classica degli stati per superare crisi di questo genere, ci dicono i soloni della politica e dell’economia, è “iniettare stimoli” sottoforma di nuova moneta, facendosi carico di errori, malagestione e speculazioni degli istituti finanziari, finanziando alcuni segmenti dell’industria e infine facendo partiregrandi progetti infrastrutturali nel paese: in sostanza, i cittadini sono con le pezze al sedere, lo stato si accolla i debiti delle banche, la gente cerca di non spendere più del necessario, e la soluzione consisterebbe nel realizzare colossali infrastrutture con i soldi di quegli stessi cittadini che già se ne trovano pochi. [12]
Qualcosa non mi torna, ma nell’ottica dei soloni si tratta di un dovere imprescindibile: far ripartire l’economia, in un modo peraltro piuttosto deleterio.
La soluzione per sanare questa crisi dunque non starebbe nel ripensare da zero il sistema monetario ed economico, slegandolo innanzitutto da quelle tre bestie nere di cui abbiamo parlato all’inizio (fiat money, corso legale, riserva frazionaria), e poi dal gioco di speculazioni da quelle permesso. Non sia mai: meglio invece continuare sulle stesse fondamenta marce, soltanto dando una ripulita alla polvere superficiale. La gente paghi le nefandezze altrui e non se ne parli più. [13]
Anzi, diamo l’affondo finale: riformiamo l’intero sistema finanziario ed economico mondiale in modo da accentrare ancor più il potere nelle mani di pochi: innanzitutto promuoviamo l’idea della necessità di un coordinamento internazionale, che passi non più tra i singoli stati ma tra aggruppamenti di stati; poi potenziamo il potere degli organi di governo centrali e infine concentriamo le redini dell’intero sistema nelle mani di pochissime persone al vertice di questa piramide globale.
L’Europa unita è stato uno dei primi passi, seguiranno prestissimo altri poli di aggregazione: l’unione dei paesi nord-americani con l’accordo Nafta e la moneta unica amero; l’accordo Sadc per i paesi del sud-Africa; l’unione delle forze petrolifere attorno all’Arabia Saudita; il Patto Andino per i paesi della costa occidentale del sud-America e il Mercosur per quelli della costa orientale.
Qualcuno prospetta anche un’ulteriore aggregazione tra Europa e Russia attraverso Germania e Francia (ci sono interessi nel settore energetico che giocano un ruolo preminente); o addirittura un patto USA-Cina per evitare il totale affondamento della (ormai ex) superpotenza mondiale statunitense [14].
Questi accordi di natura prevalentemente economica ripercorreranno presumibilmente l’iter toccato all’Europa: da un accordo economico tra singoli stati si è passati, senza ovviamente sentire il parere della gente, ad un’unione politica il cui potere sui cittadini è divenuto sempre più asfissiante e burocratico.
Accentrando in pochi grandi nuclei gli stati del mondo, si spiana la strada all’avvento delgoverno unico globale, idea dapprima sussurrata e oggi apertamente prospettata da una moltitudine di capi di stato, con il nome di Nuovo Ordine Mondiale.
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2. A carte scoperte
Il percorso dunque sembra abbastanza chiaro, pur nel marasma di falsità elargite da banchieri e politici, e nella disinformazione imperante nei mass-media.
Qualcuno forse ha spinto gli eventi nella direzione di affossare la superpotenza USA? Almeno come primo gradino di un progetto più vasto.
Questa mia ipotesi si basa sia sulle modalità con cui si è innescata l’attuale crisi, spiegate in precedenza, sia su altri eventi e dinamiche storiche recenti, sia sulle dichiarazioni degli stessi politici, banchieri, operatori finanziari ai massimi livelli.
Il tracollo della potenza USA è annunciato ormai da tutti, il Washington Times ha parlato apertamente di bancarotta (evento assai rilevante); molti sussurrano che entro l’estate 2009 la superpotenza avrà un debito dalla cifra indicibile e non potrà più ripagare i suoi creditori (i principali detentori di titoli di debito estero USA sono: Giappone, Cina, Regno Unito, paesi esporatori di petrolio come Venezuela, Iran, Iraq, Arabia Saudita ed Emirati Arabi); il governo americano ha dichiarato di voler discutere la creazione di una “struttura di governo internazionale per i mercati finanziari”.
I leader politici di mezzo mondo hanno ultimamente iniziato a citare sempre più spesso e con disinvoltura il Nuovo Ordine Mondiale (il primo politico ad annunciarlo apertamente fu Bush senior in un discorso del 1991); esistono istituzioni come il Council on Foreign Relations (CFR) dichiaratamente dedicate a destabilizzare gli stati nazionali e alla creazione di un governo unico globale, mentre gruppi come il Bilderberg costituiscono momenti in cui decisioni dall’alto vengono fatte passare agli esecutori materiali più in basso nella scala gerarchica (politici, rappresentanti del sistema finanziario ed economico, capi d’industria e giornalisti).
L'Onu ha rappresentato un primo passo verso questo obiettivo (la sua nascita è un’idea della stessa élite che ha creato il CFR e altri enti mondialisti, élite in cui ricorrono nomi come quello dei Rothschild). Ma alla centralizzazione del potere politico deve accompagnarsi la centralizzazione del potere economico, per questo da tempo si sta operando per accentrare anche il controllo finanziario e monetario. L’attuale crisi e il discorso del 13 ottobre 2008 di Gordon Brown confermano che tale obiettivo è vicino [15].
Le dichiarazioni in tal senso sono innumerevoli, per cui ne ripoterò soltanto un assaggio, invitando a una ricerca più approfondita chi stia pensando che tutto ciò non sia solo fantasia.
Sul progetto di un nuovo ordine mondiale:
"Che lo si voglia o no avremo un governo mondiale. La sola questione che si pone è di sapere se questo governo mondiale sarà stabilito col consenso o con la forza"
James Paul Warburg, banchiere, 17 febbraio 1950, in un discorso al senato americano.
"Il mondo si divide in tre categorie di persone: un piccolissimo numero che fa accadere gli avvenimenti; un gruppo un po’ più importante che veglia alla loro esecuzione e assiste al loro compimento, e infine una vasta maggioranza che giammai saprà ciò che in realtà è accaduto"
Nicholas Murray Butler, membro del Council on Foreign Relations (CFR).
"In politica nulla accade per caso. Ogni qualvolta accade un avvenimento, si può star certi che era stato previsto che si svolgesse in quel modo"
Franklin D. Roosvelt, presidente USA, massone (33° grado del Rito Scozzese), membro della Pilgrim Society e del CFR.
"Per unire il popolo americano al seguito di George W. Bush, non riesco ad immaginare nulla di meglio di un attacco terrorista su di un obiettivo americano, dall'esterno"
Henry Kissinger, 2000.
Siamo sull'orlo di una trasformazione globale. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è la "giusta" crisi globale e le nazioni accetteranno il Nuovo Ordine Mondiale.
David Rockefeller.
"Se l'agenda del Nuovo Ordine Mondiale non viene realizzata tramite gli attacchi terroristici all'America e se gli americani non accettano di deporre le loro armi e di cedere la loro sovranità al Nuovo Ordine Mondiale, il prossimo attacco sarà una guerra chimica, biologica e/o nucleare contro il popolo americano. Gli architetti del Nuovo Ordine Mondiale non esiteranno a usare come ultima risorsa una bomba atomica o all'idrogeno su una delle maggiori città americane"
New York Times, 24 settembre 2001.
"Oggi gli americani si sentirebbero oltraggiati se le truppe delle Nazioni Unite entrassero a Los Angeles per ristabilire l'ordine; domani essi ne saranno grati. Ciò è particolarmente vero se alla gente viene detto che c'è un pericolo esterno imminente, vero o inventato che sia, che minaccia le loro stesse vite. Allora tutti i popoli pregheranno i propri leaders perché li proteggano da questo demone. L'unica cosa che ogni uomo teme è l’ignoto. Quando questo scenario si presenta si rinuncia volentieri ai propri diritti in cambio della garanzia del proprio benessere concessa dal Governo Mondiale"
Henry Kissinger in un discorso durante un incontro del gruppo Bilderberg a Evian, Francia, 21 maggio 1992. All'insaputa di Kissinger, il suo discorso fu registrato da un delegato svizzero durante il meeting.
"Andremo insieme verso questo nuovo ordine mondiale. E nessuno, insisto, nessuno potrà opporsi"
Nicolas Sarkozy, 16 gennaio 2009, in un discorso all'Eliseo.
Finanza, economia e nuovo ordine mondiale:
“Abbiamo bisogno di un nuovo ordine finanziario mondiale”
Barroso, ottobre 2008
“...ecco perché ho paura del fatto che stiano facendo passare questa idea di un’unica banca centrale mondiale”
Ron Paul intervistato da Alex Jones, ottobre 2008
“Se la gente capisse la natura del nostro sistema monetario e creditizio, credo che avremmo una rivoluzione entro domani mattina"
Henry Ford
Propaganda:
"L'individuo è in difficoltà quando viene a trovarsi faccia a faccia con una cospirazione così enorme che non può credere che esista"
Edgar Hoover, ex direttore dell'FBI.
"Le grandi masse di gente cadranno più facilmente vittime di una grande bugia piuttosto che di una piccola. Particolarmente se la bugia viene ripetuta spesso"
Adolf Hitler.
"Tutta la propaganda deve essere così popolare e a un tale livello intellettuale, che anche il più stupido di quelli a cui è diretta la recepirà... Tramite l'applicazione intelligente e costante della propaganda, la gente può essere spinta a vedere il paradiso come inferno, e anche nel senso opposto, considerare la condizione di vita più miserevole come paradiso"
Adolf Hitler.
3. Signore e signori, il nuovo ordine mondiale
Gli stati si sono accollati l’onere di tappare i buchi creati da banche e altri istituti finanziari, e questo onere pesantissimo ricadrà interamente sui cittadini. Ben difficilmente gli stati potranno uscire da soli dal pozzo senza fondo di debito che si sono accollati: diventa così necessario l’intervento di un organo decisionale centrale, che coordini un’azione a livello mondiale.
I capi di stato continuano a ripetere che è un problema globale e quindi c’è bisogno di una soluzione globale (slogan imparato a memoria per esempio da Sarkozy, che non smette di ripeterlo, memore degli insegnamenti sulla propaganda di Bernays ripresi anche da Gobbels).
Benvenuti nell’unica economia mondiale.
A breve seguirà l’unica valuta mondiale (presumibilmente solo elettronica, per sottrarre alla gente anche l’ultimo tipo di controllo sul proprio denaro): molti governi di tutto il mondo, tra cui la Cina, hanno richiesto una nuova moneta unica mondiale [16].
Recentemente, la Gran Bretagna ha evitato per un soffio il tracollo totale del sistema bancario ed economico, e pare si appresti ad entrare nell’area euro [17].
Probabilmente, quando il dollaro verrà mostrato per quello che già è, carta straccia senza valore, si innescherà un meccanismo simile, che porterà all’aggregazione nell’unica moneta americana, l’amero. Si tratta sempre di una sorta di “nuclei di condensazione” attorno a cui organizzare super-stati in vista dell’unica governance mondiale.
Recentemente i TG hanno assunto sempre più i toni allarmistici della recessione. Sembrerebbe strano, visto che fino a pochi giorni prima si davano un gran da fare per dare risonanza alle parole tranquillizzanti di politici e banchieri. Ma forse non è così strano. I mass-media non parlano mai con bocca propria, ma sempre imbeccati a dovere.
La strategia classica per il controllo delle masse è sempre stata quella di creare una costante percezione di pericolo, perché gli esseri umani in questo stato "concedono maggiore potere ai leader". E’ tutta questione di percezione. Semplice, lineare, efficace.
I media trasmettono costantemente notizie di furti, rapine, aggressioni, sciagure, incidenti. In questo modo la gente emotivamente è in uno stato di “perenne guerra”, una percezione di perenne insicurezza che spinge ad accettare qualunque decisione governativa nella speranza che l’insicurezza cessi.
La strategia in questo caso quindi si innesta su quella classica: sfruttare l’attuale crisi percondizionare la gente attraverso il panico. Ma la situazione attuale va ben oltre questa “ricetta classica”. Questa volta non è la manipolazione della massa l’obiettivo primario: si tratta di condizionare le classi dirigenti, che notoriamente non si spaventano facilmente, a meno che non vedano i propri soldi sparire improvvisamente nel nulla. Per creare un cambiamento globale eimporre “una nuova Bretton Woods” che centralizzasse il controllo finanziario, era necessario un vero cataclisma, una crisi di dimensioni epocali che mettesse tutti i vertici in ginocchio. E nel 1995, con un nuovo strumento finanziario costruito ad hoc -i CDS- e una deregolamentazione del settore immobiliare, è stata creata.
Il cataclisma è stato annunciato alle classi dirigenti con il crollo di Lehman Brothers, un istituto che poteva essere salvato ma è stato fatto deliberatamente fallire. Questo primo botto ha dato la scossa al sisma che si sarebbe scatenato di lì a poco. Giusto per far capire a chi aveva i mezzi per farlo, la portata di ciò che sarebbe accaduto.
Il fatto che il 20 gennaio (data di insediamento del presidente alla casa bianca) Obama si troverà a fronteggiare una crisi di tale portata, è dovuto al fatto che la transizione da un controllo USA indiretto sull'economia mondiale tramite il dollaro, che comunque lasciava spazio di manovra e indipendenza sulle politiche finanziarie interne (come ad esempio svalutare la propria moneta per ridurre debiti) a un controllo diretto di un ente sovranazionale (che sicuramente regolamenterà il mercato monetario tramite un paniere prefissato di monete e toglierà agli stati il diritto di svalutare arbitrariamente la propria moneta) non sarà indolore.
Il controllo del mondo tramite una sola moneta di un solo paese non potrebbe durare a lungo. L'uso di una sola moneta produce inevitabilmente l'effetto di una dislocazione dell'industria, di una separazione tra produzione e consumo: il paese che produce moneta tende a divenire sempre più consumatore, mentre i paesi che la importano diventano sempre più produttori, fino a mandare in crisi il paese che produce moneta, come infatti è accaduto agli USA.
Fin dai tempi di Reagan si sapeva che ad un certo punto gli USA sarebbero finiti, e che altri stati avrebbero avanzato la pretesa di usare la loro moneta come moneta di riferimento. Ed ecco perché l’élite al potere doveva fare in modo che quando questo fosse successo, si sarebbe scatenata una tale crisi da rendere impossibile per singoli paesi ereditare in modo naturale lo scettro del controllo monetario. Era necessaria una crisi globale che obbligasse gli stati ad accettare una soluzione globale. [18]
Non dimentichiamo infine che l’unico governo mondiale dovrà avere anche il suo esercito mondiale: anch’esso, come per l’ONU, già abbozzato con la nascita della NATO (primo passo da cui far sorgere un nuovo corpo di polizia internazionale), e ancora con la costituzione europea (trattato anzi, in modo da evitare l’obbligo di sottoporlo ai cittadini dei singoli stati per l’approvazione), che prospetta la nascita di un esercito europeo unico.
A tale proposito vorrei almeno accennare a una serie di fatti inquietanti che si stanno succedendo a ritmo sostenuto da qualche mese in terra statunitense: la costruzione di veri e propri “campi di detenzione/concentramento” in tutti gli USA, destinati a contenere cittadini in rivolta; la preparazione di sacerdoti con appositi “corsi” perché a tempo debito invitino la gente dai loro pulpiti a seguire senza proteste le disposizioni del governo; l’ordinazione da parte della FEMA di centinaia di migliaia di contenitori in plastica resistente per bare; la predisposizione di corsi per reduci dell’Iraq per abituarli alla possibilità che un giorno potranno trovarsi a sparare ai propri familiari; il rimpatrio di interi contingenti dal Medio Oriente e la loro dislocazione sul suolo americano; l’attivazione da parte di Bush della 1st Brigade Combat Team, per azioni dicontenimento di disordini nazionali; l’elezione di un nuovo presidente giovane e di colore, che si è fatto amare a suon di slogan e sorrisi, a cui probabilmente toccherà l’ingrato compito ditraghettare il popolo americano verso il nuovo ordine mondiale, assumendosi l’onere di far accettare decisioni governative liberticide, ed eventualmente di sedare ogni focolaio di rivolta che si presenterà.
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Siamo giunti al termine di questo lungo -ma spero interessante- articolo sulla crisi finanziaria e i suoi legami con il progetto per un Nuovo Ordine Mondiale.
Durante la stesura di questo scritto, molte cose sono avvenute, parecchie dichiarazioni di politici ed economisti sono cambiate con una rapidità e una capacità di voltagabbana piuttosto sorprendenti (ma è il loro mestiere, dopotutto).
Un mutamento interessante è quello relativo all’uso della terminologia “Nuovo Ordine Mondiale”: se infatti fino a un paio di anni fa, chi ne parlava veniva preso per pazzo/visionario/complottista e quant’altro possa suggerire la mente, ultimamente sono sempre più i politici che infilano questaprecisa terminologia nei loro discorsi (Tremonti ne è un esempio lampante). Con non-chalance, come fosse una cosa scontata conosciuta da tutti che non ha nemmeno bisogno di spiegazioni.
Una moneta unica, elettronica (fate caso a quanta pubblicità stanno mandando in onda per convincere gli italiani ad usare di più le carte di credito...); un governo unico, imposto con la violenza dell’unica forza del (dis)ordine globale; una religione unica, sorta di sincretismo neo-ecologista, neo-pagano e pseudo-esoterico che periodicamente spopola nelle moderne società occidentali.
Come dicono diversi ricercatori, il nuovo ordine mondiale ci vuole tutti rimbambiti allo stesso modo, passivi e sempre proni ad accettare qualunque decisione dall’alto venga imposta.
La propaganda sfrutta le conoscenze nel campo della psicologia delle folle. Ogniqualvolta si passa a parlare di massa e non già di insieme o comunità di individui, ci si infila nel campo minato della psicologia delle folle, dove non ci sono più persone distinte ma un ammasso spersonalizzato su cui si sono focalizzati decenni di studi.
Orwell nelle sue opere 1984 e La fattoria degli animali aveva previsto bene il futuro che si stava dipanando e che si sarebbe concretizzato nel nostro presente. Ma non era un indovino, quanto un attento osservatore degli eventi e delle tendenze in atto, che ha unito i diversi elementi a sua disposizione per delineare i probabili sviluppi della storia.
Anche Aldous Huxley ha scritto opere sul possibile futuro della società (per esempio Il mondo nuovo). A differenza di Orwell però, che immaginava una società schiavizzata con la violenzada un Grande Fratello tiranno, Huxley concepisce un mondo in cui le persone sono ugualmente schiave, ma non solo non ne sono consapevoli ma addirittura difendono quel tipo di sistema. Programmati fin dalla nascita ad occupare un certo ruolo nella società (avete mai sentito parlare di microchip sottocutanei? [19] ), crescono amando la loro schiavitù, rimbambiti dai divertimenti, ripetendo gli slogan che erano stati impressi alla nascita, inconsapevoli della storia della nascita di quel mondo nuovo in cui esiste un unico Stato.
Sembra fantascienza?
Beh... Guardiamoci un po’ attorno.
Eugenetica, controllo mentale, programmazione ipnopedica, antidepressivi come caramelle, propaganda, restrizione della libertà, dittatura mascherata da buon governo(“questo è il migliore dei sistemi possibili”)...
Aldous Huxley sapeva di cosa parlava: conosceva fin troppo bene il pensiero e i propositi di alcuni esponenti della famiglia Huxley, una delle più influenti dinastie inglesi. Conosceva i progetti di controllo che si stavano portando avanti, la propensione per l’eugenetica, il malthusianesimo, la depopolazione; semplicemente nei suoi scritti annunciava ciò che era in preparazione.
"Ci sarà, nella prossima generazione o quasi, un metodo farmacologico che farà in modo che gli uomini amino la loro servitù, e produrrà una dittatura senza lacrime, in modo che la gente si vedrà di fatto le proprie libertà portate via, però ne sarà felice, perché sarà allontanata da ogni desiderio di ribellarsi dalla propaganda o dal lavaggio del cervello, o da un lavaggio del cervello attuato per mezzo di metodi farmacologici.
E questa sarà l’ultima rivoluzione."
Aldous Huxley, discorso alla California Medical School, San Francisco, 1961. [20]
Tutto ciò con buona pace delle pecore, pardon, dei cittadini mondiali.
Ma, un momento... Cosa significa dunque tutto ciò, cosa aspettarci nel breve e lungo periodo, per quanto riguarda il lato economico di tutta questa storia?
Il problema principale nell'attuale crisi economica, secondo i vari “super-esperti” che pontificano dai mass-media --soloni dell’economia a libropaga dello Stato-- sembra essere la deflazione.
E per debellare questo biblico flagello, le rotative delle banche centrali stanno stampando soldi a ritmi sempre più serrati.
Ma è proprio questo il problema: e tenendo conto di tutto ciò che avete appena letto sui meccanismi fondanti dell’attuale sistema monetario ed economico, non vi sarà difficile capirne il motivo.
Però vi consiglio comunque di leggete l’illuminante articolo di Gary North “Inflazione o deflazione?” [21] disponibile in italiano a questo indirizzo:
http://gongoro.blogspot.com/2009/02/inflazione-o-deflazione.html
Per una efficace definizione di “inflazione”, si consiglia un viaggio d’istruzione in Zimbabwe.
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NOTE:
[1] Una esaustiva storia della moneta, base per capire l’attuale sistema monetario e bancario, è stata pubblicata in tre parti da Marco Bollettino: “Bankenstein revisited, dal baratto al baratro”.
-- Versione on-line:
Prima parte [ http://luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=1563 ]
Seconda parte [ http://luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=1568 ]
Terza parte [ http://luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=1585 ]
-- Versione PDF [ http://www.scribd.com/doc/12917793/Bankenstein-Revisited ]
Altri contributi importanti:
. Video “Money, banking and the Federal Reserve” (sottotitoli in italiano)
[ http://luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=2442 ]
. “Quando lo Stato diventa falsario”
[ http://luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=1997 ]
. “Magikonomics”
[ http://luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=2851 ]
. “Il dio di carta” [ http://gongoro.blogspot.com/2008/08/il-dio-di-carta.html ]
[2] http://it.wikipedia.org/wiki/Dollaro_USA
[3] “Cos’è veramente l’inflazione?”
[ http://luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=2384 ]
[4] Per una trattazione più approfondita del meccanismo della riserva frazionaria, si vedano, oltre agli articoli consigliati nella Nota 1, la corrispondente voce di Wikipedia [http://it.wikipedia.org/wiki/Riserva_frazionaria ] e inoltre l’articolo “La grande piramide rovesciata”
[ http://www.usemlab.com/index.php?option=com_content&task=view&id=291&Itemid ]
Anche l’amico Samuel Rothschild ha messo nero su bianco che “Il credito crea denaro” [http://novoordo.blogspot.com/2008/07/samuel-rothschild-e-i-privilegi-dei.html ]
[5] http://www.shadowstats.com/alternate_data
[6] Un ottimo forum, altamente consigliato, costantemente aggiornato con news e informazioni per capire i retroscena di questa crisi: “Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso”
[ http://www.luogocomune.net/site/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=4492&forum=46 ]
[7] Gli assurdi motivi che hanno reso possibile ciò sono ben spiegati in “Approfondimento sulla crisi dei mutui”, articolo riportato da Informazione Scorretta, ottimo blog con news finanziarie e non solo.
[ http://informazionescorretta.blogspot.com/2008/10/approfondimento-sulla-crisi-dei-mutui.html]
Si veda anche “Truffe e derivati”
[ http://luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=2433 ]
e il video esplicativo “The crisis of credit visualized” sottotit. italiano [ http://vimeo.com/3722948]
[8] L’ultimo paese che, a più riprese, ha annunciato di voler aprire un borsa del petrolio in varie valute è l’Iran. Guarda il caso, l’Iran a più riprese viene minacciato dagli USA con toni da armageddon, prendendo come scusa il programma nucleare iraniano. Un buon articolo a questo proposito è “Apre la Iran Oil Bourse. O almeno, vorrebbe”.
[ http://luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=2425 ]
Quel DRAGO di DRAGHI...
E' quanto ha affermato Mario Draghi intervenendo al Global Investment Conference di Londra. Ed è stato sufficiente ad innescare un poderoso rimbalzo delle borse e un significativo ripiegamento degli spread di Spagna e Italia.
Ed è bastata questa semplice affermazione per fermare la caduta dei mercati: il differenziale BTp-Bund è sceso a a 474 punti con conseguente recupero di tutte le Borse europee e con Piazza Affari che ha messo a segno un guadagno del 5,63 per cento. Noi comuni mortali giustamente pensiamo:" Draghi, perché non intervenire prima?".
Tuttavia, resta da capire come la Bce intenda operare per preservare l'euro e quali potrebbero essere gli armamenti che potrebbe mettere in campo per abbassare i rendimenti dei titoli di stato. Se si tratterà di una nuova edizione del LTRO già sperimentato con scarso successo a dicembre e a febbraio, o un nuovo programma SMP (Securities market programme), anch'esso sperimentato con altrettanto insuccesso, oppure un vero e proprio cambio strategia nella gestione della catastrofe dell'euro, non è dato saperlo. Lo sapremo, lo spero, nei prossimi giorni e nelle prossime settimane. Certo è che ben presto, alle parole dovranno seguire i fatti e ne Draghi, tanto meno la BCE, possono permettersi di perdere credibilità. Ad ogni buon conto, se è vero che solo la BCE può disporre della potenza di fuco idonea a placare i mercati, altrettanto vero è che per essere messa in campo, si dovranno superare le resistenze tedesche da sempre contrarie al finanziamento diretto dei debiti sovrani da parte della Bce a alla monetizzazione del debito. Di conseguenza, qualsiasi soluzione che non segni una netta discontinuità rispetto agli approcci fallimentari usati fino a questo momento - e alla base del disastro della (N)eurozona - sarà destinata a fallire miseramente. E questa volta senza possibilità di appello.
La rottura monetaria
La settimana scorsa il governatore della Banque de France Christian Noyer ha concesso un'intervista al quotidiano finanziario tedesco Handesblatt, riportata per intero in francese sul sito della Banque de France. Dopo aver espresso la sua fedeltà all'euro, Noyer afferma che «la modificazione dei nostri tassi d'interesse centrali (della Bce) non si sta ripercuotendo sull'economia. Per i mercati il tasso applicato alle varie banche dipende dal costo del finanziamento dello Stato e non dai tassi fissati dalla banca centrale». E qui appare la giustissima osservazione che avrebbe dovuto ottenere titoli di prima pagina: «Ciò significa che la trasmissione della politica monetaria non è operante». Vale a dire, la Bce non riesce più a dirigere la politica monetaria dell'eurozona. Noyer sottolinea che tale fenomeno «è inaccettabile per una banca centrale in un'unione monetaria». Il sistema monetario europeo non è dunque più tale. L'unica misura che ottiene la fiducia dei mercati è l'elargizione di soldi direttamente alle banche. Tuttavia, sostiene Noyer, «in futuro non possiamo appoggiarci indefinitivamente su un sistema ove la banca centrale finanza massicciamente il sistema bancario e riceve massicciamente liquidità dall'altro lato del suo bilancio». L'euro è pertanto diventato una mucillagine.
Possiamo ora raffrontare le ineccepibili constatazioni di Noyer con l'affermazione con cui Mario Draghi chiude l'intervista a le monde di ieri 24 luglio. L'euro non è in pericolo, afferma Draghi senza addurre alcuna spiegazione economica. Tira invece in ballo l'insindacabilità della classe politica. Citiamolo integralmente: «Si vedono degli analisti immaginare scenari di esplosione della zona dell'euro. Ciò equivale a misconoscere il capitale politico che i nostri dirigenti hanno investito nell'unione e l'appoggio dei cittadini europei. L'euro è irreversibile». Certamente, fino alla sua putrefazione totale, visto che il sistema monetario di cui è espressione non funziona proprio più nelle sue arterie e centri nevralgici principali.
La Germania specula, i nostri politici oziano
Ci sono delle grosse responsabilitá della nostra classe politica e dirigente se siamo sull'orlo del baratro, ad un passo dallo spettro default sempre più vicino, sempre più palese, sempre più probabile. Le responsabilità sono soprattutto per gli ultimi 20 anni spesi in anacronistiche battaglie ideologiche, fantasiose contrapposizioni bi-partitiche e gli ultimi 10 non facendo investimenti in un periodo di contingenza economica favorevole e con bassi costi di finanziamento degli investimenti e bassa inflazione. Fin qui le nostre responsabilità, ma è del tutto evidente che dal settembre nero del 2010 quando il "fantasma" della crisi greca ha iniziato a vagabondare per "eurolandia" non si è voluto porre un argine, un freno al contagio e si è soltanto guardato al proprio particolare interesse nazionale, una moderna ed anacronistica autarchia piuttosto che risolvere immediatamente la crisi di liquidità che improvvisamente aveva investito il Tesoro Greco. Ma chi non ha voluto risolvere la crisi esponendo i cosiddetti Paesi "meno virtuosi", i celeberrimi PIGS, al publico ludibrio della speculazione finanziaria più bieca, cinica e spregiudicata ha un nome, Germania ed una condottiera, Merkel.
Ed il colpevole ritardo con il quale la Corte Costituzionale Tedesca si esprimerà, (con tutta calma il 13 settembre prossimo venturo), circa la legittimità ed ammissibilità dello scudo anti-spread ne è solo l'esempio più lampante. Ma prima c'è stato il categorico "NEIN" della Cancelliera di ferro agli EUROBOND ed il veto alla BCE a stampare moneta per far fronte alla mancanza di liquidità ed impossibilità di ricorrere agli strumenti di politica valutaria utilizzati fino all'adozione della moneta unica dai Paesi per rilanciare esportazioni e dare respiro alla bilancia commerciale. Tutto ciò perché mentre il bel Paese e tutti gli altri PIGS dovranno sobbarcarsi per gli anni prossimi venturi interessi da capogiro per reperire i fondi di finanziamento necessari e sufficienti per far muovere la macchina burocratico-amministrativa dello Stato, (circa 12 miliardi in più causa spread a 537), i cugini, alleati, amici tedeschi si finanziano a tasso negativo, risparmiando circa 15 miliardi nei prossimi 2 lustri.
Come direbbe il buon Lubrano: la domanda nasce spontanea: perché la Germania dovrebbe autolimitarsi favorendo i Paesi in difficoltà rinunciando ad un indubbio vantaggio competitivo che si misura in termini di PIL in crescita, diminuzione della disoccupazione, aumento delle esportazioni e tenore di vita crescente? Tutto ciò mentre gli stessi indicatori in tutto il resto d'Europa sono in netta controtendenza e non lasciano spiragli per miglioramenti nel futuro più prossimo. E' sicuramente una politica egoistica e miope che tiene conto della redditività nel breve periodo ma che ignora il fatto che l'attuale redditività della bilancia commerciale per certo subirà pesanti ripercussioni nella eventualità di default contemporaneo di paesi, certamente in difficoltà come Spagna ed Italia ma pur sempre importanti mercati di sbocco per le esportazioni teutoniche.
E in Italia di fronte a tutto ciò cosa si fa? Si discute di una proposta di revisione costituzionale della Repubblica in funzione semi presidenziale che per modalità e tempi non vedrà mai la luce. Infatti una proposta di revisione costituzionale non solo necessita della maggioranza qualificata dei 2/3 del Parlamento per essere approvata ma deve essere votata 2 volte per ciascun ramo del Parlamento a distanza di 4 mesi. Un impegno che senza disaccordi di natura politica porterebbe alla approvazione definitiva alla fine del 2013. Peccato che l'attuale Parlamento verrà sciolto prima del prossimo febbraio per permettere le nuove elezioni il prossimo Marzo. Palese quindi come il Paese è sull'orlo del default mentre i nostri politici stanno inutilmente perdendo tempo in discussioni su riforme che non vedranno mai la luce, come se un Paese in fiamme bruciato dalla speculazione e dalla crisi non fosse affar loro....
FERMARE LO SQUALO SPECULATORE!
Il divieto di vendite allo scoperto posto dalla Consob e dalla Cnmv, il suo equivalente spagnolo, consente alle borse europee di ridurre le perdite al termine di una seduta influenzata dai timori che la Spagna sia costretta a chiedere un piano di salvataggio, con i rendimenti dei Bonos a dieci anni che hanno toccato nuovi record. A registrare le perdite minori e' proprio Madrid, dove l'indice Ibex cede l'1,1% a 6.177,4 punti, con alcuni bancari in territorio positivo (Bbva +1,39%, Santander +1,89%, Bankia addirittura +8,41%). La Cnmv ha vietato lo short selling per tre mesi su tutti i titoli e i prodotti finanziari. A Milano, invece, lo stop durera' una settimana e riguardera' solo i bancari e gli assicurativi. Piazza Affari incassa quindi un colpo piu' duro, con l'Ftse MIb giu' del 2,76% a 12.706,36 punti. A indossare la maglia nera e' invece Francoforte, dove il Dax perde il 3,18% a 6.419,33 punti. Sotto tiro Commerzbank (-5,46%) e Munich Re (-4,47%). Banche nel mirino anche a Parigi, dove il Cac 40 scende del 2,89% a 3.101,53 punti, con Credit Agricole a -5,01%, Bnp Paribas a -5,05% e SocGen a -4,12%, societa' che pagano la loro esposizione nei confronti del debito greco. E' tornata infatti sui mercati la paura, sulla scia di indiscrezioni diffuse da Der Spiegel, che i creditori internazionali possano lasciare Atene al suo destino.
Nonostante le rassicurazioni del Fondo Monetario Internazionale, la borsa di Atene crolla cosi' dell'8,1%.
Arretra infine del 2,09% l'Ftse 100 di Londra, a 5.533,87 punti, con Barclays, la banca protagonista dello scandalo Libor, che lascia sul terreno il 4,74%.
La Speculazione allo scoperto non è altro che la combinazione di una speculazione al rialzo o al ribasso dei prezzi. Lo speculatore può anche agire allo scoperto ossia, l'investitore, detto in gergo "scopertista", può vendere degli strumenti finanziari che ancora non possiede, scommettendo su un abbassamento del loro prezzo in modo da acquistarli prima della scadenza del pagamento. In questo modo, guadagna sulla differenza fra il prezzo di vendita e quello inferiore di acquisto. Una compravendita allo scoperto offre margini di guadagno più elevati quando viene effettuata con degli strumenti finanziari che hanno una forte volatilità, cioè possono variare il loro prezzo in modo consistente anche in pochi giorni di tempo. Gli strumenti derivati rientrano in questa categoria. Per arginare il fenomeno delle vendite allo scoperto, le autorità di regolamentazione possono imporre un breve periodo per la liquidazione delle operazioni. Una misura più radicale è l'obbligo per l'emittente l'ordine di avere proprietà e disponibilità dei titoli dal giorno stesso dell'ordine fino al regolamento dell'operazione, escludendo il prestito temporaneo di titoli.
Si capisce bene come la compravendita di strumenti finanziari allo scoperto è una forma di speculazione finanziaria che è resa possibile dall'esistenza di un periodo di alcuni giorni che intercorre dal momento dell'operazione a quello della sua liquidazione con lo scambio dei titoli e del controvalore in moneta. Da un punto di vista teorico, dato che la moneta è un bene come altri, chiunque speculi al rialzo sul prezzo di un bene sta, nello stesso istante, speculando al ribasso sul valore della moneta rispetto a quel bene.
In Alcuni paesi i regolatori del mercati finanziari hanno approvato dei regolamenti per contrastare le vendite allo scoperto poiché considerate come operazioni destabilizzanti del mercato.
Da tutto ciò si evince che l'attuale crisi è generata dalla speculazione finanziaria. Non bastano manovre, non servono tagli lineari, non ci sono spending review che tengano: appena la Consob ha deciso, ieri, di impedire le vendite allo scoperto, abbiamo registrato significativi recuperi delle perdite ed abbassamento degli spread con una speculazione meno incisiva. Sono mesi che chiedo di impedire le vendite allo scoperto, visto che in Germania sono state addirittura messe fuori legge . Il fatto che in Italia non si sia fatto vuol dire una cosa sola: i nostri governanti utilizzano la speculazione per ricattare i lavoratori, smantellando lo stato sociale tagliando posti di lavoro, garanzie, diritti presenti e futuri, poi quando il gioco si fa troppo rischioso tirano un po’ il freno – ad esempio bloccando le vendite allo scoperto – ma senza fermare il fenomeno della speculazione. Il punto è proprio questo: vi è un uso politico della speculazione e nessuna azione per bloccarla davvero. Adesso le vendite allo scoperto vengano messe fuorilegge. Sarebbe un primo passo per una lotta contro gli speculatori.
Monti: disamina di un FALLIMENTO
La disoccupazione è aumentata, quella giovanile in particolare. Per quella intellettuale in formazione il governo propone ora di aumentare le tasse universitarie, così potrà essere efficacemente ridotta... Una nuova tassa sulle famiglie italiane di cui occorrerebbe informare l'on. Casini, che ne è uno zelante difensore.
Nel frattempo le più importanti riforme realizzate dal governo incominciano a mostrare effetti indesiderati che pesano e peseranno sull'avvenire del Paese. Prendiamo la riforma delle pensioni, sbandierata dai tecnici al governo come lo scalpo di un mostro finalmente abbattuto.
Pur senza considerare qui il grande pasticcio dei cosiddetti esodati, che pure costituisce un dramma inedito per migliaia di famiglie, la riforma appare come un'autentica sciagura economica e sociale. L' allungamento dell'età pensionabile ha già bloccato l'assunzione di migliaia di giovani nelle imprese. Vale a dire che essa impedirà l'ingresso nelle attività produttive e nei servizi di figure capaci di portare innovazione e creatività. Mentre riduce ulteriormente prospettive e speranze di lavoro alle nuove generazioni. Quale slancio può venire da una società se si chiede agli anziani di continuare a lavorare sino alla vecchiaia e ai giovani di aspettare, cioé di invecchiare senza lavoro? Ma le imprese dovranno tenersi lavoratori logorati e demotivati sino a 65 anni e oltre. Chiediamo: è questo un incentivo alla crescita della produttività, fine supremo di tutte le scuole economiche?
E' facile infatti immaginare - salvo ambiti limitati in cui l'anzianità significa maggiore esperienza tecnico-organizzativa - che questi lavoratori saranno più facilmente vittime di infortuni, che contrarranno più malattie , si assenteranno per stress, ecc. Dunque peseranno sul bilancio dello stato, probabilmente in maniera più costosa che se fossero in pensione. Non meno fallimentare appare la riforma del lavoro della ministro Fornero. A parte la razionalizzazione di alcuni aspetti di una normativa ingarbugliata, essa ha peggiorato la condizione dei lavoratori occupati. Come hanno mostrato tante analisi pubblicate sul manifesto, questi sono oggi più ricattabili da un padrone che può licenziarli con maggiore facilità tramite un indennizzo monetario. Nel frattempo la giungla legislativa del lavoro precario non è stata cancellata. I giovani, pochi, che entrano nel mondo del lavoro fanno ingresso nel regno dell'insicurezza, non diversamente da quanto accadeva in precedenza. Ma quanta nuova occupazione creerà questa rivoluzione copernicana della supponente ministro? Perché le imprese straniere dovrebbero precipitarsi a investire nel nostro Paese, dove prevale una forza-lavoro anziana, le università e i centri di ricerca sono privi di risorse, la pubblica amministrazione è in gran parte inadeguata, illegalità e criminalità sono fenomeni sistemici, dove spadroneggia un ceto politico fra i più inetti e affaristici dell'Occidente? Questi ultimi due aspetti, ovviamente, non sono addebitabili al governo Monti, ma fanno parte ineliminabile del quadro nazionale di cui occorrerebbe tener conto. Ebbene, dove ci porterà questo governo nei prossimi mesi?
Economisti e media continuano il loro estenuato ritornello: faremo riforme strutturali, la formula magica che dovrebbe dischiudere la spelonca di Alì Babà, deposito di immensi tesori. Quali riforme strutturali? Forse la nazionalizzazione delle banche, una tassazione stabile sulle transazioni finanziarie, il 3% del Pil destinato alla formazione e alla ricerca, la creazione di un sistema fiscale progressivo, una tassa stabile sui patrimoni, una grande legge urbanistica che protegga il nostro territorio e faccia vivere civilmente le nostre città? Niente di tutto questo.
Le riforme strutturali sono state già fatte e sono quelle che abbiamo esaminato e ora la spending review, che avrebbe bisogno di tempi lunghi e di circostanziata conoscenza della macchina statale per non diventare un'altra operazione di tagli lineari. Quale di fatto è. Deprimerà ulteriormente la domanda aggregata, con quali effetti sul Pil ce lo comunicheranno nei mesi seguenti, invocando qualche altro vertice decisivo. Ma il repertorio pubblicitario è in realtà esaurito. Proveranno con la svendita dei beni pubblici, ma non avranno né il tempo né l'agio. Chi dice dunque, a questo punto, che il re è nudo, che il governo Monti ha fallito? Il fallimento è certo globale. Sono ormai cinque anni che le società industriali navigano nella tempesta e gli uomini di governo, che hanno salvato le banche dalla rovina, protetto i potentati finanziari da tracolli su vasta scala, sono ancora col cappello in mano a chiedere comprensione ai grandi speculatori, definiti mercati.
Cinque anni nei quali si potevano separare le banche di credito dalle banche d'affari, bandire i prodotti finanziari ad alto rischio, riformare le agenzie di rating, regolamentare i movimenti di capitale, chiudere i paradisi fiscali, applicare la Tobin tax, ecc. Eppure niente è stato fatto. La finanza spadroneggia e il ceto politico ubbidisce, demolendo pezzo a pezzo, su suo ordine, le conquiste sociali del XX secolo. E chiama riforme strutturali questo cammino all'indietro verso il XIX secolo. In Italia non si è fatta eccezione. Ma oggi occorre aggiornare il quadro. Non si tratta più, per gli italiani, come alla fine dello scorso anno, di scegliere fra uno dei peggiori governi dell'Italia repubblicana e la strada di una cura severa e dolorosa, ma che alla fine ci porterà fuori dalla catastrofe. Oggi non si da più questa alternativa.
Il governo Monti ha solo ritardato la discesa del paese nell'abisso per un comprensibile effetto psicologico. Oggi appare nella sua piena luce di «governo ideologico», come lo chiama Asor Rosa: esso è la malattia che vuol curare i sintomi, acuendo le cause che ne sono all'origine. E' l'ideologia che domina a Bruxelles. Lo abbiamo visto con la Grecia, lo stiamo osservando con la Spagna. Un medico che dovrebbe dare ossigeno al malato e continua a tagliare col bisturi. Prima il "risanamento" e poi la crescita è un vecchio ritornello, che oggi appare tragicamente fallimentare. La presente crisi, com'è noto ormai a molti, origina dalla sproporzione fra l'immensa ricchezza prodotta a livello mondiale e la ridotta capacità della domanda di attingerla.
Troppe merci a fronte di redditi popolari stagnanti e in ritirata, sostenuti con il surrogato dell'indebitamento familiare. La politica di austerità, dunque, rende più grave la crisi perché ne ripropone e alimenta le cause. Premi Nobel come Stiglitz e Krugman lo vanno ripetendo da mesi, anche sulla stampa italiana. Forse qualcuno dovrebbe rammentare ai dirigenti del partito democratico che in autunno le condizioni economiche generali del paese saranno peggiorate. E che agli occhi degli italiani il perdurante sostegno a Monti finirà col rendere tale partito interamente corresponsabile di un fallimento di vasta portata. La sua prudenza e il suo tatticismo si trasformeranno in grave irresponsabilità. Perché la forza politica che dovrebbe costituire e aggregare l'alternativa, non solo di facce, ma anche di politiche economiche, apparirà irrimediabilmente compromessa. Parte indistinguibile del mucchio castale che ha fatto arretrare le condizioni generali del Paese.
Un vuoto drammatico che, temiamo, la sinistra radicale non riuscirà a colmare e che indebolirà il tentativo di una nuova "rotta d'Europa": vale a dire l'alleanza con le sinistre europee per cambiare strategia, a cui gruppi e singoli intellettuali vanno lavorando da tempo. Appare a tal proposito molto significativo che un giornalista come Eugenio Scalfari, uno dei più convinti sostenitori del governo Monti nell'area liberal progressista, abbia preso le distanze con tanta eleganza, ma con tanta fermezza, nel suo editoriale su Repubblica del 15 luglio. Che abbia più fortuna di Stiglitz e di Krugman ?
FIRME NON DEPOSITABILI !!! NIENTE REFERENDUM !La casta ci frega ancora!
Negli ultimi giorni sta diventando una valanga: molte persone ci chiedono come firmare i “referendum contro la casta”, o addirittura perché il Movimento 5 Stelle non stia raccogliendo le firme. Per questo vorrei chiarire che questi referendum, allo stato attuale delle cose, sono una bufala!
I referendum che circolano, mirati ad abolire gli stipendi d’oro e le prebende dei parlamentari, sono due: uno, del Comitato del Sole, prevede l’abolizione di quasi ogni prerogativa, mentre l’altro, dell’Unione Popolare, in realtà prevede la sola abolizione della diaria ai parlamentari, che è di circa 3000 euro al mese (moltissimo per noi ma poco per loro, rispetto al totale). Questo secondo referendum lascia particolarmente perplessi quando si scopre che i promotori vengono dall’UDC e che il risparmio ottenuto sarebbe di 39 milioni di euro l’anno, a fronte di un costo di 300-400 milioni per svolgere il referendum.
Il motivo per cui questi referendum sono una bufala è presto detto: il referendum abrogativo è regolato da alcuni articoli della legge 352 del 1970. Basta leggerli per scoprire che:
1) non è possibile svolgere un referendum in contemporanea con le elezioni politiche, e se vengono convocate le elezioni politiche le procedure referendarie vengono sospese e rinviate di un anno (art. 34);
2) è vietato depositare le firme di un referendum nell’anno (solare) precedente a quello delle elezioni politiche (art. 31);
3) le firme si potranno eventualmente depositare dal 1 gennaio (art. 32);
4) le firme devono essere depositate entro tre mesi dall’inizio della raccolta (art. 28).
Tutto questo fa sì che le firme raccolte in questo periodo siano nulle e inutilizzabili; il primo giorno possibile per depositare le firme per un referendum è il 1 gennaio 2013, ma in questo caso, per via del punto 4, sarebbero valide soltanto le firme raccolte dopo il 1 ottobre 2012. In tal caso, comunque, il referendum potrebbe svolgersi soltanto nel 2014 o addirittura nel 2015, se le elezioni politiche fossero successive al 1 maggio 2013 (vedi qui). Si fa molto prima a votare alle politiche dell’anno prossimo per i partiti che si impegnano a tagliare gli stipendi!
Ma allora, perché qualcuno si dà la briga di mettere in piedi una campagna del genere, e una volta avvertito del problema (come avvenuto per entrambi i comitati da diversi giorni) continua bellamente la raccolta? Ognuno lo può ipotizzare da solo.
Può benissimo essere semplice ignoranza, leggerezza o cattiva interpretazione della legge (è già successo anche ad altri); ho conosciuto alcuni ragazzi del Comitato del Sole e mi sono sembrati un po’ ingenui e inesperti ma sicuramente ben intenzionati. Quando invece la proposta viene da persone con un lungo curriculum di attivismo nei partiti, credo sia più legittimo pensare male. E allora faccio notare che anche per i referendum sono previsti i rimborsi elettorali, e che in caso di successo il comitato referendario incasserebbe milioni di euro a cui nessuno dei due ha dichiarato di voler rinunciare; senza parlare della quantità di apparizioni televisive e della pubblicità ottenuta dai promotori.
Ma qui a Torino abbiamo anche un’altra esperienza: ricorderete quel Renzo Rabellino che riesce a far eleggere consiglieri qua e là con coalizioni di liste improbabili, come Grilli Parlanti, Lega Padana e Forza Toro. E’ ormai appurato che molte persone che avevano firmato per presentare petizioni contro il canoneRai o contro le strisce blu - persino personaggi famosi come Luciana Littizzetto - avevano ritrovato la propria firma magicamente apposta sotto le liste elettorali di Rabellino (d’altra parte è difficile immaginare migliaia e migliaia di persone che volontariamente corrono ai banchetti per presentare alle elezioni la lista della Lega Padana Piemont). Del resto, a puro titolo ipotetico, non ci vorrebbe molto a ricopiare dati e firme tra due fogli o a stampare un nuovo testo sul retro bianco di un foglio pieno di firme.
E’ per questo che mi permetto di sospettare che tutte queste centinaia di migliaia di italiani che ora corrono a firmare fogli dal primo che passa per “far finire questo schifo dei politici” potrebbero a loro insaputa, l’anno prossimo, presentare alle elezioni politiche le liste di qualche nuovo partito pieno di riciclati!
1992-2012, venti anni senza giustizia e verità
«Che orrore, che orrore!». Ripensando ai giorni della strage di via d'Amelio, mi vengono in mente le ultime parole pronunciate dal Kurtz di Josep Conrad, come compendio non solo di un giorno, ma di un'intera stagione segnata dal sangue e dalla morte, dal coraggio e dalla viltà, dal sacrificio e dal tradimento, dalla rivolta e dall'ignavia.
Tornammo a Palermo increduli, i cronisti di mafia che le morti hanno dovuto incessantemente raccontare. Forse pensavano che l'apice fosse stato raggiunto con la strage di Capaci, ora invece tornavano sgomenti in via d'Amelio, ancora calda dei cadaveri dilaniati di Paolo Borsellino, di Agostino Catalano, di Emanuela Loi, di Vincenzo Li Muti, di Walter Eddie Cosina, di Claudio Traina. Delle loro membra sparse sugli alberi, in quello scenario colombiano che li accolse, in una città torrida e disperata.
Ricordo dolore, lacrime che s'impastano con il sudore, mani che si levano al cielo, la rivolta disperata di una città che si sente violentata, abbandonata, tradita e che, mentre applaude i suoi eroi dentro le bare, si scaglia contro i rappresentanti di quelle istituzioni che mentre commemorano i morti, ora lo sappiamo, trattano con i loro assassini. Allora non sapevamo tutto questo, ma era come se la gente che invadeva le strade e le chiese lo presagisse, come se percepisse quel che avveniva nel cuore di tenebra del potere, l'orrore, appunto.
L'ira della gente contro il potere
La rivolta era cominciata nella notte del 19, con il corteo delle scorte, la protesta davanti alla prefettura, la furia degli agenti di scorta che si sentono carne da macello, era proseguita nei funerali degli agenti nella cattedrale di Palermo, arcigna e bellissima, quando la gente irrompe nel sagrato, violando l'assurdo divieto di un potere che si sente sotto accusa e cerca di tenerla lontana. L'ira si riversa sul capo della polizia, Vincenzo Parisi e sul capo dello stato Oscar Luigi Scalfaro. Dalle file degli agenti dentro la chiesa partono urla, spintoni e schiaffi. Fuori gli applausi e le lacrime per le bare, le urla e i fischi per gli uomini del potere. Solo Leoluca Orlando e Peppino Ayala, tra i politici, sono accolti con affetto e riconoscenza.
Allora come oggi, la famiglia Borsellino rifiuta la commemorazione dello stato, celebrando il giorno dopo i funerali di Paolo nella sua parrocchia.
Allora non sapevano i cronisti, non lo sapeva la gente, che Borsellino era andato alla morte consapevole di quella trattativa che uomini delle istituzioni avevano avviato con la mafia per cercare di fermare l'eversione stragista. Sapeva, o almeno intuiva, ma da vero uomo delle istituzioni, capace di rispettarle anche quando non lo meritano, cercò di fermare quella trattativa agendo con i mezzi che il suo ruolo gli affidava. I febbrili giorni che passano tra il 23 maggio e il 19 luglio trascorrono pieni di colloqui investigativi, di contatti istituzionali, di veglie di preghiera, di discorsi in pubblico nei quali Paolo Borsellino cerca di seminare, malgrado tutto, quel che il suo fraterno amico Giovanni gli aveva lasciato come eredità, la fiducia in quel «fresco profumo di libertà» che emana da una società quando essa, a cominciare dai giovani, si ribella al ricatto mafioso, ne disdegna i favori, ne respinge le logiche.
Tutto allora, nella memoria di quei giorni, assume i contorni di una tragedia greca, che si svolge in pubblico, con il popolo a fare da coro al sacrificio dell'eroe che va incontro alla sua morte, che sa di non potere evitare, perché la sua morte è il prezzo che si deve pagare alla difesa degli arcana imperii.
Quanti «perché» senza risposta
Tutto questo, allora. Ma oggi? Perché vent'anni dopo non sappiamo con certezza chi e perché condusse quelle trattative, nell'illusoria convinzione che concedere qualcosa sarebbe servito a fermare le stragi, smentita un anno dopo con gli attentati di Roma, Firenze e Milano? Perché ancora oggi sul banco degli imputati non ci sono gli uomini delle istituzioni che condussero quelle trattative, o che le subirono, ma i magistrati che con fatica cercano di appurare la verità?
La cosiddetta seconda repubblica (che non è stata altro in realtà che la degenerazione della prima) nacque nel sangue di quel biennio, nei misteri e nelle complicità di quella trattativa proseguita anche dopo. Se non si farà verità e giustizia su quei giorni tragici, la nostra democrazia non si affrancherà dai suoi legami con il potere mafioso che ne impediscono ancora oggi il pieno sviluppo.
La rivolta e la rabbia di Palermo dopo via d'Amelio chiedevano verità e giustizia. È quello che siamo costretti a chiedere anche oggi.
La Sicilia commissariata
Le pressioni di Confindustria da una parte e dell'Udc dall'altra hanno colto nel segno. La loro richiesta di «commissariare la regione Sicilia a rischio crac» ha trovato le orecchie di Mario Monti non solo pronte all'ascolto ma a passare direttamente ai fatti. «Facendosi interprete delle gravi preoccupazioni riguardo alla possibilità che la Sicilia possa andare in default», il presidente del consiglio ha infatti preso carta e penna e ha scritto una lettera al governatore Raffaele Lombardo «per avere conferma dell'intenzione, dichiarata pubblicamente, di dimettersi il 31 luglio» per decidere di conseguenza. «Infatti - continua la missiva del premier - le soluzioni che potrebbero essere prospettate per un'azione dell'esecutivo non possono non tener conto della situazione di governo a livello regionale ma anzi devono essere commisurate ad essa, in modo da poter utilizzare gli strumenti più efficaci e adeguati".
Tradotto, il governo tecnico di Roma prende davvero in considerazione la richiesta di rinviare le elezioni regionali anticipate d'autunno (nel caso in cui Lombardo rassegnasse le dimissioni) per inviare in Sicilia dei commissari. E' un'ipotesi possibile ma non di facile attuazione. Le intenzioni minacciose di Palazzo Chigi - accolte al volo da un Pdl in disfacimento che tutto vorrebbe in questo momento tranne andare alle elezioni, ha scatenato infatti le barricate del partito di Lombardo e degli alleati di Fli. Silenzio invece da parte del Pd, con un piede dentro e uno fuori dal governo.
«La lettera del presidente del consiglio al presidente della Regione siciliana è irrituale e viola le regole fondamentali dell'autonomia regionale e della democrazia politica», attacca Carmelo Briguglio, vice presidente dei deputati e coordinatore siciliano di Fli: «Francamente - aggiunge - viene percepita come una inelegante quanto palese imbeccata di lobby politiche e industriali che vogliono condizionare il quadro politico in Sicilia e impedire che gli elettori di una grande regione del Paese, le cui condizioni finanziarie sono non dissimili da altre, possano tornare all'esercizio del diritto fondamentale che è quello del voto per rinnovare democraticamente le proprie istituzioni rappresentative». Briguglio ma anche il numero due di Fli, Italo Boccino, definiscono l'uscita di Monti «una gaffe istituzionale di particolare gravità alla quale il presidente farà bene a porre rimedio».
A sollecitare l'azzeramento del governo siciliano era stato l'altro ieri l'ex presidente di Confindustria Ivan Lo Bello, attualmente numero due degli industriali dell'isola, che in un'intervista al Corriere della Sera aveva chiesto a Monti «di mettere mano ai conti della Regione superando l'autonomia». Secondo Lo Bello il bilancio regionale sarebbe appunto «vicino alla bancarotta - con 5 miliardi di buco - determinata da anni di gestione dissennata e clientelare». Una situazione che metterebbe presto a rischio il pagamento degli stipendi dei 20 mila dipendenti.
«In Sicilia non c'è alcun rischio default» assicura l'assessore all'economia Gaetano Armao: «Il bilancio della Regione è stato parificato dalla Corte dei Conti e questa è la risposta migliore». Ma a dare man forte alla fotografia di Lo Bello, sul fronte politico è sopratutto il capogruppo Udc al senato, Giampiero D'Alia, segretario regionale del partito di Casini, secondo cui «l'indebitamento della Sicilia sarebbe addirittura superiore ai «21 miliardi». Controreplica l'assessore alla sanità, Massimo Russo: «Il nostro bilancio è in perfetto equilibrio. C'è in atto una strumentalizzazione politica da parte di chi non vuole le elezioni».
Raffaele Lombardo intanto non conferma né smentisce le dimissioni a fine mese, ma ha chiesto e ottenuto un incontro con Monti per il 24 luglio.
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