Il dibattito sull’Europa ha assunto negli ultimi anni e soprattutto nella ultima campagna elettorale, toni populistici e deformanti, perché la maggior parte degli schieramenti politici, desiderosi di “vendere” a un’opinione pubblica sfiancata dalla crisi ricette di risanamento meno onerose, ha cominciato a manifestare insofferenza verso quelli che sarebbero i vincoli imposti dalle istituzioni e dai partner europei. Tre critiche su tutte, ripetute ossessivamente dai politici in cerca di consenso elettorale, appaiono particolarmente strumentali e meritano una replica.
La prima è che la crisi italiana è comune a tutti i paesi dell’Eurozona ed origina in fondo dall’incapacità dell’Unione europea di predisporre delle misure adeguate a livello europeo per evitare speculazioni dei mercati finanziari sul debito sovrano. Ma si confonde il rimedio con l’origine del male: la vulnerabilità dell’Europa riflette il pesante indebitamento di alcuni paesi dell’Eurozona, unitamente alla mancanza di prospettive di crescita, che mettono a repentaglio la solvibilità a termine di tali paesi. Sarebbe quindi forse più onesto interrogarsi sulle vere cause della fuga degli investitori dai titoli di Stato italiani, che vanno di tutta evidenza ricercate nella crescita asfittica del paese e nell’incapacità della nostra classe politica di attuare le riforme di risanamento.
La seconda critica è che l’UE avrebbe imposto una ricetta di austerità deprimendo l’Italia e le altre economie dell’Eurozona già in crisi. Sul punto basti osservare che l’equilibrio dei conti pubblici è una tappa obbligata propedeutica a qualsiasi progetto di sviluppo e di solidarietà intergenerazionale e va perseguita per il nostro interesse e non per quello dell’Europa. Vivere a debito non è realistico alla lunga perché implica che qualcuno sia disposto a dare credito ed abbia fiducia nella solvibilità del debitore; ma senza finanze in ordine un paese non comanda né rispetto, né tantomeno fiducia o credito.
La terza critica, direttamente correlata alla seconda, è che le istituzioni europee, ponendo enfasi sull’austerità, non si sarebbero preoccupate di rilanciare la crescita attraverso lo stanziamento di fondi adeguati per lo sviluppo delle economie dell’Eurozona. Ma è fatto notorio che il budget della UE, che equivale a più o meno l’1% del suo PIL, è palesemente inadeguato.
Riguardo poi alla connotazione dispregiativa con cui molti politici rappresentano l’Unione europea, raffigurata come entità distante e priva di legittimazione democratica, va ricordato che l’UE non è un organismo esterno e alieno agli Stati che ne fanno parte, ma un’Unione di popoli e dei loro Stati sovrani che hanno deciso di esercitare una parte della propria sovranità attraverso istituzioni sovranazionali create per perseguire politiche e obiettivi di interesse comune. Le decisioni prese a Bruxelles sono dunque anche nostre.
Poi, soprattutto, ricordiamo che i vantaggi che gli italiani traggono dall’appartenenza alla UE e all’euro sono, oggettivamente, enormi.
L’Unione Europea ha saputo garantire ai popoli europei pace e prosperità per ben 70 anni dalla fine della seconda guerra mondiale. In termini economici, poi, i benefici sono incommensurabili. Per menzionarne solo alcuni:
1) la libera circolazione beni, servizi, capitali e persone ha creato un mercato unico di milioni di consumatori;
2) la liberalizzazione dei settori delle pubbliche utilità (telecomunicazioni, energia, trasporti, poste) ha consentito un abbattimento vertiginoso delle tariffe pagate da noi utenti;
3) innumerevoli sono le direttive UE in materia di protezione dei lavoratori, donne, fasce deboli, studenti, (si pensi al riconoscimento dei diplomi e al programma ERASMUS);
4) la disciplina della concorrenza ha consentito di combattere cartelli e abusi di posizione dominante, mentre il controllo degli aiuti di stato ha frenato la cattiva abitudine di alcuni Stati a concedere alle imprese sussidi distorsivi, limitando lo sperpero di danaro pubblico;
5) la disciplina di tutela del consumatore ha consentito di sventare monumentali truffe ai danni dei consumatori;
6) la disciplina degli appalti pubblici ha promosso un principio benefico di concorrenza per il mercato consentendo alla pubblica amministrazione ingenti risparmi nel procacciarsi beni e servizi per la collettività.
7) I fondi europei di sviluppo e coesione e quelli infrastrutturali, per quanto spesso mal utilizzati dal nostro paese, hanno contribuito alla realizzazione di grandi opere di interesse collettivo (per es. la metropolitana di Napoli, le reti tranviarie di Firenze, la ristrutturazione dei porti di Genova e Civitavecchia, ecc.);
8) La tutela dell’ambiente, una delle priorità della UE, ha dato voce a esigenze per anni ignorate nel nostro paese.
9) anche la politica di liberalizzazione degli scambi commerciali con i paesi extra-europei (WTO), sebbene faccia talvolta oggetto di critiche, a ben vedere ha prodotto molti effetti benefici: oggi noi europei possiamo esportare verso quei paesi beni e servizi a valore aggiunto;
10) Infine l’euro, tanto criticato, ha sconfitto l’inflazione, consentendo agli italiani di contrarre mutui a tassi di interesse favorevoli per comprare casa, e allo Stato italiano – e quindi ai contribuenti- di finanziare il proprio debito pubblico risparmiando miliardi.
Non si possono dismettere i risultati elettorali che ci troviamo a commentare come una sempliceanomalia italiana. L’Italia ha le sue particolarità, ma i risultati che emergono dalle urne possono essere compresi solo numeri alla mano ed in una prospettiva comparata. Ci piaccia o no, queste elezioni segnano un punto di rottura storico.
Da un’analisi sui voti alla camera emerge che ‘i partiti tradizionali’ hanno perso piú di 10 milioni di voti rispetto alle elezioni del 2006 e 2008: (a) La coalizione di centrodestra tra il 2008 e il 2013 ha perso più di 8 milioni di voti. Non è vero che gli italiani continuano a votare Berlusconi allo stesso modo. Se Berlusconi è riuscito nel suo intento di ‘pareggiare’ è soprattutto per l’esistenza di una legge elettorale assurda e per il crollo del centrosinistra.
(b) Il centrosinistra ha perso nel giro di cinque anni più di 3.5 milioni di voti. Se si guarda ai voti ottenuti dall’Unione nel 2006, la situazione appare ancora più drammatica, la coalizione di Bersaniraccoglie poco più della metà di quella messa insieme da Prodi.
(c) Monti non è riuscito a sfondare come qualcuno si aspettava. La discesa in campo del professore ha però avuto l’effetto di azzerare Udc e Fli. Questi due partiti sembrano mestamente uscire di scena (io non ne sentirò la mancanza).
(d) Viene confermato il trend della progressiva sparizione della sinistra radicale. Così come la sinistra arcobaleno nel 2008, anche nel 2013 il raggruppamento più radicale capeggiato da Ingroia, non entra in parlamento. Forse anche qui urge un cambio totale di strategia. Modernizzare la sinistra sull’esempio di Mélenchon in Francia e Die Linke in Germania potrebbe essere una tappa obbligata.
(e) Il voto del sud contro il centrosinistra (specialmente in Puglia) è un segnale pesantissimo. Bersani in conferenza stampa lo attribuisce alla gravità della situazione meridionale e alla presa più forte del populismo. Io da calabrese che non se l’è sentita per l’ennesima volta di turarsi il naso, penso invece che la gente si sia stancata di votare certe facce.
(f) Astensionismo record che deve spingerci ad interrogarci sulla disaffezione crescente tra gli elettori (trend a dire la verità molto più accentuato in altri paesi Europei che in Italia). Quando non ci sono alternative valide molta più gente resta a casa.
In Italia, diversamente da Francia e Grecia, il centrosinistra non ha catturato il voto di chi si oppone alle misure antiausterità. La differenza tra Francia, Grecia e Italia, è che noi non abbiamo un partito progressista capace di intercettare questi voti con un programma organico e convincente. Molti elettori tradizionalmente fedeli al centrosinistra se ne sono discostati (rifugiandosi nell’astensione o nel voto per il movimento a cinque stelle), identificando questo schieramento politico con posizioni neoliberali vicine a quelle di Monti. Al di là delle dinamiche elettorali questo tema è un problema di lungo corso del centrosinistra italiano, tedesco e inglese. E’ forse arrivato il momento di mandare in soffitta la terza via di blairiana memoria e l’avvicinamento alle politiche neoliberali per ritornare su posizioni più progressiste. C’è bisogno di un’agenda per la redistribuzione da condividere a livello Europeo.
Ma occorre guardare con attenzione ed occhio scevro da pregiudizi al Movimento 5 Stelle. Il boom del movimento è spiegato da tanti fattori concomitanti: l’insoddisfazione per la classe politica e la corruzione dilagante nei partiti, una partecipazione che nasce dal basso e che non ha voglia di essere mediata dai partiti tradizionali, un uso strategico e vincente di nuove forme di comunicazione ed aggregazione, la scelta di schierarsi apertamente contro le politiche di austerità proposte a livello Europeo e la grande finanza. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.
L’Italia è stata negli ultimi cento anni un generatore di nuovi fenomeni politici. Dal partito milizia diMussolini, alla terza via berlingueriana, al partito azienda di Berlusconi. Oggi il Movimento 5 Stelle, che somiglia molto ai partiti pirati del Nord Europa ma con una base elettorale enormemente maggiore, si configura come un fenomeno politico dai contorni sconosciuti (anche agli stessi ‘grillini’). Come tutti i movimenti innovatori porta con se paure, quella del populismo e di scenari Orwelliani, ma anche una carica esplosiva che nel breve periodo può contribuire al rinnovamento dei partiti tradizionali, spingendoli a fare una serie di riforme che la gente aspetta da anni. Dal conflitto di interesse alle leggi anticorruzione, dalla nuova legge elettorale al taglio dei costi della politica, ad una riforma seria del mercato del lavoro.
Spesso ci siamo trovati a criticare i partiti tradizionali, sottolineando la loro mancanza di coraggio nel riformare il paese. Oggi sta a tutti noi, sfruttare questo momento di rottura epocale, per riempiere finalmente la parola rinnovamento di contenuti. Non è una sfida semplice ma la presenza del Movimento 5 stelle in parlamento obbliga il centrosinistra a guardare in faccia la trasformazione del paese, accogliendo alcune istanze che da troppo tempo aveva dimenticato.
Analizzando i risultati da un punto di vista prospettico, il voto conferma, se mai se ne avvertisse il bisogno, che il Paese non vuole le riforme strutturali, bensì vuole le riforme personali, quelle che premiano le singole individualità.
Dunque vuole il diritto al mare, alla barca, a una vita agiata e a cene pagate. Sarà mica solo un privilegio di Roberto Formigoni? Ogni tanto ne avrebbe diritto anche il cittadino comune come ognuno di noi. Insomma ha premiato la politica elettorale berlusconiana, regalare sogni come la restituzione dei soldi dell’Imu. E' stato un colpo grossissimo. Dopodiché l’altra cosa che mi ricordo sempre e che non viene mai scritta è che Silvio Berlusconi è uno che sa fare molto bene le campagne elettorali divertendosi tantissimo. Da questo punto di vista è un trascinatore. I contenuti in un certo senso sono secondari, ma non dimentichiamoci che c’è un elettorato consistente di centrodestra inattaccabile per il centrosinistra. Mai lo ha raggiunto e sembra che continuerà così. Si pensi a quando si è presentato uno come il rottamatore del Pd Matteo Renzi, che qualche possibilità ce l’avrebbe forse avuta: dal partito ha ricevuto solo accuse. Così facendo il centrosinistra si dà la zappa sui piedi. E da questo punto di vista la sconfitta del Pd non è nei confronti di Berlusconi, ma di Grillo.
In effetti i voti che mancano al PD sono quelli andati al M5s, non quelli andati al PDL. Grillo ha portato via almeno un terzo dell’elettorato al centrosinistra. Il che si traduce in una indubbia vittoria di Beppe Grillo.
Probabilmente a Bersani è mancata quella capacità di fare campagna elettorale in maniera un po’ originale, un po’ innovativa, perché è inutile definirsi semplicemente il capo di un collettivo. Il capo di un collettivo bisogna pur che ce l’abbia qualche idea in più, qualcosa di motivante, rispetto ai concorrenti. Questo non si è visto nel Pd, che invece ha esibito una sicumera controproducente alla prova dei fatti.
Insomma questo voto evidenzia il moto di rabbia, protesta, cambiamento che attraversa, sconquassandola, le viscere della "vecchia politica" evidenziando però, nel contempo, l'arroccamento di buona parte dell'elettorato su visuali miopi e personalistiche, indifferenti alla necessità di esprimersi per la tutela del bene comune ma sensibili soltanto alla difesa di rendite di posizione acquisite ed alla tutela di vantaggi particolari presenti o futuri.
Le tre ragazze, una francese e due ucraine, tra i 20 e il 25 anni, sono state bloccate dagli uomini della Digos e dai Carabinieri e portate negli uffici della questura di Milano per essere identificate. Le tre donne, appartenenti al movimento di protesta Femen fondato in Ucraina nel 2008, rischiano una denuncia per resistenza a pubblico ufficiale. Le giovani sono entrate nell'androne della scuola dove ha votato Berlusconi e si sono mischiate tra i giornalisti nella zona riservato alla stampa, delimitata da alcuni banchi scolastici: non appena Berlusconi è entrato nella scuola ed è passato davanti ai giornalisti, lo hanno contestato verbalmente e sono avanzate verso di lui a torso nudo spostando i banchi, dopo essersi abbassate la cerniera dell'eskimo che indossavano. Bloccate subito dagli uomini delle forze dell'ordine, sono state portate all'esterno ma due in particolare hanno opposto molta resistenza cercando di divincolarsi anche con graffi e calci, fino a quando Polizia e Carabinieri sono riusciti a portarle via nei loro mezzi.
Dopo la recente protesta a Città del Vaticano in difesa dei gay, le attiviste di Femen puntano il dito contro Silvio Berlusconi. E' stato lui oggi il bersaglio di tre donne, che, a seno nudo, hanno urlato 'basta Berlusconi' davanti al seggio di Milano, di via Scrosati. Una protesta che rientra perfettamente nel cliche' del movimento di protesta ucraino, nato nel 2008 e divenuto famoso, su scala internazionale, proprio per la pratica di manifestare in topless contro sessismo, turismo sessuale e discriminazioni sociali.
Alcuni degli obiettivi del movimento, la cui colonna portante e' costituita da studentesse universitarie tra 18 e 20 anni, sono "incrementare le capacita' intellettuali e morali delle giovani donne in Ucraina", "ricostruire l'immagine dell'Ucraina, un paese dalle ricche opportunita' per le donne" e modificare l'immagine dell'Ucraina all'estero da meta di turismo sessuale a paese democratico.
Ma Femen valica spesso i confini: il 24 febbraio 2012 ha protestato a Milano contro il mondo della moda; il 2 marzo 2012 a Vienna per i diritti delle donne; il 4 marzo 2012 contro il capo del governo russo Vladimir Putin; l'8 marzo 2012 a Istanbul contro le violenze sulle donne; il 31 marzo 2012 sulla Tour Eiffel a Parigi contro la situazione delle donne nell'Islam; il 2 agosto 2012 a Londra contro gli Stati che che applicano la Sharia e che partecipano ai Giochi della XXX Olimpiade; il 18 settembre scorso di nuovo a Parigi in occasione dell'inaugurazione, nel 18simo arrondissement della capitale francese, di un nuovo "Centro internazionale" per "addestrare le attiviste per le azioni nell'Unione europea"; il 13 gennaio scorso a Citta' del Vaticano in occasione dell'Angelus, per manifestare a favore dei diritti dei gay e il 26 gennaio all'entrata del Centro Congressi di Davos (Svizzera), in occasione del World Economic Forum.
Il voto di domenica e di lunedì per il rinnovo del Parlamento sarà tutto tranne che un evento di ordinaria amministrazione. Nel lessico collettivo c’è un aggettivo molto abusato a cui si ricorre sempre in occasioni del genere: “decisivo”. Nel sensazionalismo che ammorba la civiltà contemporanea, per i giornali, le radio, le tv ma anche per molti politici è sempre tutto “decisivo”. Sembra sempre che la fine del mondo sia dietro l’angolo. Ma, fuor di retorica, stavolta le elezioni politiche molto importanti lo sono per davvero. Per due ragioni molto semplici: perché lo spettro della bancarotta e dell’uscita dell’Italia dall’euro e dall’Europa il nostro Paese lo ha visto per davvero e non secoli fa ma nell’autunno del 2011 e perché la messa in sicurezza dei conti pubblici e il recupero di credibilità agli occhi dei mercati e della comunità internazionale non ci mettono ancora al riparo dai rigurgiti della più lunga recessione del dopoguerra e della più grave crisi economica e finanziaria globale dal ’29 ad oggi.
Ecco perché è essenziale un sussulto di consapevolezza civile e democratica ed è fondamentale che tutti gli elettori facciano valere i loro diritti partecipando attivamente al voto. La classe dirigente politica ha infiniti torti per avere ridotto il Paese al degrado morale e alla stagnazione economica in cui si trova, ma non si può fare di tutte le erbe un fascio e la colpa non è sempre e solo degli altri. Il Parlamento lo eleggiamo noi e tocca dunque a noi elettori dare un segnale di svolta. L’uscita dal tunnel è possibile, ma a condizione che tutti – a partire dagli elettori - facciano la loro parte, partecipino in massa alle elezioni e ripudino i tre mali che rovinano il Paese: il disfattismo, il conformismo e il populismo.
Tutti al voto, dunque, ma con la memoria lucida sul recente passato e con gli occhi aperti sul futuro prossimo dell’Italia. Prima di in filare la scheda nell'urna proviamo a farci quattro domande sul leader che vorremmo scegliere: 1) che cosa ha fatto e che cosa farà per abbassare lo spread che indica l'affidabilità del nostro Paese? 2) che credibilità ha in Europa? 3) continuerà la via delle riforme o butterà a mare i sacrifici fatti dagli italiani per evitare la bancarotta? 4) che ricette ha per la crescita senza scassare i conti pubblici?
Vediamo nel dettaglio. Avere la percezione del rischio in cui il nostro Paese si è trovato e si trova di fronte alla crisi economica globale è il primo requisito per un voto consapevole. Il governo uscente può essere lodato o criticato, ma non scordiamoci che ha evitato il default dell’Italia dimezzando, a prezzo di sacrifici dolorosi, lo spread dei titoli di Stato che misura l’affidabilità di un Paese sui mercati finanziari. E ricordiamoci anche che per un Paese che ha il terzo più alto debito pubblico e che deve affidarsi in larga parte a investitori internazionali lo spread non è tutto ma non è una variabile indipendente dalla propria credibilità. Solo chi ha portato lo spread alle stelle può spudoratamente sostenere che lo spread non conta. Il modo più attendibile per rispondere al mondo che ci guarda è, al contrario, quello di votare pensando alla governabilità: senza un equilibrio stabile i mercati tornerebbero a punirci e il Paese tornerebbe nel caos.
Il secondo punto da non dimenticare è la necessità di non buttare a mare i sacrifici compiuti che sono stati pesanti ma che avevano una sola sciagurata alternativa: il fallimento del Paese con l’uscita dall’euro e il dimezzamento in una notte della ricchezza e dei redditi degli italiani. Non rovinare quel che si è fatto vuol dire una sola cosa: continuare sulla via delle riforme senza negare l’attenzione ai conti pubblici ma ponendo in cima all’agenda della nuova legislatura la crescita. Dunque: un voto per la governabilità sotto il segno delle riforme e senza cullare impossibili nostalgie di tornare indietro.
Il terzo requisito essenziale per un voto consapevole è la piena comprensione che l’Italia non è un’isola e che non c’è nessuna speranza di uscire dalla recessione e dalla crisi imboccando finalmente la via della crescita e dello sviluppo se non lo si fa insieme e dentro l’Europa. Gli italiani hanno già pagato duramente l’autarchia durante il fascismo: scordiamoci l’illusione di poter fare da soli. Altro che macroregione del Nord contrapposta all’Italia e all’Europa. Senza l’Europa non si va da nessuna parte, se non al fallimento. E senza l’Europa non c’è alcuna risposta possibile alla crisi. Ridurre le tasse e accelerare sulla crescita è possibile ma solo in una cornice europea. Il che non vuol dire subire le scelte della signora Merkel o degli eurocrati di Bruxelles ma sapere che cosa sostenere e come sostenere le proprie idee di riforma in Europa, per un’Europa che torni ad essere protagonista nel mondo e che sappia raccogliere la speranza di futuro dei suoi cittadini. Nuovo bilancio europeo, golden rule per gli investimenti e project finance sono gli strumenti che possono aprire un nuovo corso e dare finalmente una strategia di crescita all’Europa. Ma per aprire una battaglia del genere su scala europea ci vuole credibilità internazionale e non tutti ce l’hanno: non dimentichiamocelo.
Infine, la partita in casa per il rilancio e per la rinascita italiana. L’orizzonte europeo è la bussola che deve orientare un voto consapevole e la buona politica, ma il campionato si vince, non solo in trasferta ma anche tra le mura di casa. In questi anni abbiamo assistito all’arretramento economico ma prima ancora civile e morale di un Paese che avrebbe tutto per tornare ad essere protagonista in Europa e nel mondo, ma per riprendere la via della modernizzazione occorre cambiare. E cambiare a fondo sgretolando, passo dopo passo e a colpi di riforme, quel blocco sociale e politico conservatore che si annida nei punti più impensabili del sistema e che difende rendite di posizione e privilegi di casta e di corporazione negando il valore dei bisogni e del merito. Questo blocco conservatore vorrebbe consegnare il Paese all’immobilismo e all’arretratezza: bisogna impedirlo, se si vuole imboccare la via della rinascita e dello sviluppo. Cambiare non è un sogno ma dipende da tutti noi. Partecipare al voto è il primo passo ma occhio a votare per l’Europa e per le riforme.
C'è un sentire diffuso che la campagna elettorale sia stata deludente e inadeguata. Se non cambia qualcosa, gli anni a venire vedranno un drammatico impoverimento del paese. Non c'è ragione per cui il calo del prodotto nazionale non prosegua per molto tempo. Già ora ci vorranno anni per recuperare i livelli di benessere del 2007, e di problemi di giustizia sociale e di modernizzazione ne avevamo già allora da vendere. Ora si è andati indietro. Che lo snodo principale fosse quello europeo, gli economisti più avveduti si sono sperticati a dirlo. Ma di Europa in questa campagna si è parlato poco, e quando se ne è parlato lo si è fatto in maniera superficiale, per inadeguatezza politica, e anche per impreparazione intellettuale: di economia si mastica poco, ahimè in particolare da parte dei leader di riferimento della sinistra radicale. La sinistra ha così lasciato a Grillo o a Berlusconi il monopolio dell'argomento europeo. Il primo ritenendo che delle grida scomposte e programmi sgangherati possano sostituire un orizzonte economico-politico su come e dove guidare il paese. In questo senso, come in altri, Grillo è stata un'occasione mancata, sebbene ancora da non confondere con l'inaffidabilità politica, morale oltre che intellettuale del Cavaliere, di cui neppure vale la pena parlare. Ma l'occasione mancata è sopratutto quella della sinistra. Proprio facendosi forte della minaccia dell'avanzata di messaggi populisti o comunque semplicistici, essa avrebbe potuto alzare il tono del dibattito denunciando il sostegno oggettivo che a quei messaggi proviene dalle sciagurate e antipopolari politiche europee. A partire da questo stato di cose, naturale sarebbe stato per una sinistra candidata a governare porre le cancellerie europee di fronte alle proprie responsabilità, ché solo un mutamento di segno dell'Europa volto a sostenere politiche di ripresa occupazionale e di rinnovamento poteva dare una spinta vittoriosa alle forze più democratiche e responsabili. E questo poteva esser fatto mostrandosi agli elettori come coloro che senza timore e forti delle proprie credenziali possono andare in Europa a parlar chiaro con la credibilità che i demagoghi non hanno. Questo non è stato fatto, o se lo si è fatto, lo è stato in misura timida e irrisoria. E sul piano interno, piuttosto che attaccare Monti sulla sua adeguatezza come politico ed economista, forti della valanga di studi che mostrano che la sua agenda è disastrosa, lo si è continuato a corteggiare. Così sono bastati Sanremo e la rinuncia di un Papa a distogliere l'attenzione da uno stucchevole balletto elettorale fatto, diciamolo, di promesse che nessuno potrà in questo quadro mantenere. Abbiamo la speranza che, tuttavia, il bello debba ancora venire, e che lo vedremo nel dopo-elezioni quando i nodi sociali che si sono elusi in questa deprimente campagna elettorale verranno finalmente al pettine. A meno che l'assuefazione al peggio finisca per prevalere, assecondata purtroppo da una sinistra che mai come ora ci è apparsa al di sotto delle sfide a cui le sorti del paese la chiamavano.
Genova, tutti in fila per avere il rimborso dell’Imu. Sono soprattutto anziani, o comunque contribuenti che hanno ricevuto la lettera mandata da Berlusconi. E l’hanno scambiata per una comunicazione ufficiale dell’Agenzia delle Entrate, mentre in realtà è “un messaggio elettorale”, visto che si invita a votare Pdl perché “vi ridarà indietro i soldi dell’Imu”. In molti si stanno recando presso i centri assistenza dei sindacati per chiedere i moduli. Cgil, Cisl e Uil di Genova hanno invitato i cittadini a non recarsi agli sportelli ”per evitare una perdita di tempo”.
”Stanno pervenendo agli sportelli delle nostre strutture e dei nostri centri di assistenza fiscale – hanno segnalato Cgil, Cisl, Uil – molti cittadini che hanno ricevuto una lettera nella quale uno schieramento politico promette il rimborso Imu 2012 su prima casa e su terreni e fabbricati agricoli” scrivono in una nota i sindacati.
”Le scriventi segreterie sindacali informano tutti i cittadini che allo stato attuale non è previsto alcun rimborso Imu sulle somme regolarmente dovute secondo l’attuale normativa”.
I sindacati evidenziano come ”la lettera pervenuta ai cittadini contiene un messaggio elettorale che induce il lettore alla convinzione che si possa realmente ottenere una qualche forma di rimborso. Chi si reca presso le nostre strutture infatti chiede di entrare in possesso di una presunta modulisticaper l’ottenimento del rimborso o comunque informazioni in merito”.
”Al fine di evitare perdite di tempo”, Cgil, Cisl, Uil invitano i cittadini a non recarsi presso le sedi sindacali perché la lettera è ”un messaggio elettorale”.
“Non sanno più dove attaccarsi. La lettera è così chiara che nessuno può pensare che sia inviata dall’ufficio delle Entrate”. Si difende così Silvio Berlusconi da chi lo accusa di aver ingannato gli elettori sulla restituzione dell’Imu. Intanto, però, a Genova molte persone (per lo più pensionati) si stanno recando presso i centri assistenza dei sindacati per chiedere i moduli per ottenere i rimborsi. Un ‘fenomeno’ che ha costretto i patronati a diramare un comunicato per dire alla gente di rimanere a casa. “Stanno pervenendo agli sportelli delle nostre strutture e dei nostri centri di assistenza fiscale – hanno segnalato Cgil, Cisl, Uil – Informiamo tutti i cittadini che allo stato attuale non è previsto alcun rimborso Imu sulle somme regolarmente dovute secondo l’attuale normativa”.
I sindacati, inoltre, hanno evidenziato come “la lettera pervenuta ai cittadini contiene un messaggio elettorale che induce il lettore alla convinzione che si possa realmente ottenere una qualche forma di rimborso. Chi si reca presso le nostre strutture infatti chiede di entrare in possesso di una presunta modulistica per l’ottenimento del rimborso o comunque informazioni in merito”. “Al fine di evitare perdite di tempo”, Cgil, Cisl, Uil hanno invitato i cittadini a non recarsi presso le sedi sindacali perché la lettera è “un messaggio elettorale“. Insomma, quella che sembrava solo una trovata elettorale ha avuto l’effetto di ingannare molte persone.
ROMA - Sulla busta c'è scritto 'Avviso importante rimborso Imu 2012', mentre nella lettera viene spiegato nei dettagli come riavere indietro i soldi dell'Imu. La missiva arrivata oggi in diverse cassette postali degli elettori è firmata Silvio Berlusconi. Nella parte superiore della lettera c'è scritto in neretto «modalità e tempi per accedere nel 2013 al rimborso dell'Imu pagata nel 2012 sulla prima casa e sui terreni e fabbricati agricoli». Poi, la missiva prosegue con l'impegno da parte dell'ex premier in caso di vittoria del Pdl a mettere in cantiere «un consistente pacchetto di riduzioni fiscali: l'abolizione dell'Imu, la riduzione graduale dell'Irap, nessun aumento dell'Iva e nessuna patrimoniale sui risparmi». L'ex capo del governo poi ribadisce che l'abolizione della tassa sulla prima casa «sarà fatta nel primo Consiglio dei ministri come facemmo nel 2008 con l'abolizione dell'Ici». Bersani. «Lauro portava pacchi di pasta, qui siamo all'imbroglio», ha commentato Pier Luigi Bersani a Porta a Porta. «Questo - ha aggiunto - è un modo di fare campagna elettorale che non riesco a digerire, è ora di essere seri. Se vinco per primo mando a casa gli imbroglioni, lui e la Lega». Bersani ha detto, parlando del suo incontro di questa mattina con il Cavaliere al Corriere tv: se lo avessi incrociato dopo la lettera «gli avrei dato dell'imbroglione». Perché «qui si camuffa un lettera» che sembra «dell'agenzia delle entrate e quindi siamo all'imbroglio». Piuttosto, è stato l'invito di Bersani, Berlusconi dovrebbe restituire agli italiani i soldi del condono, delle quote latte e di Alitalia Ingroia. «Con la lettera inviata agli italiani che nasconde un invito al voto promettendo soldi in cambio, Berlusconi ha commesso un reato anzi due, previsti dagli articoli 96 e 97 della legge elettorale 1957. Per di più ingannando gli elettori, per due ragioni: primo, perché le elezioni le perderà, e secondo perché non potrà comunque mantenere l'ennesima falsa promessa». Lo scrive Antonio Ingroia, leader di Rivoluzione civile sul sito del movimento. «Lo stesso Berlusconi - prosegue - ha fornito la prova documentale del reato con la lettera intestata «Avviso importante rimborso Imu 2012», inviata nelle case degli elettori di cui ha anche violato la privacy. Chiedo che qualche ufficio giudiziario proceda. Il fatto è grave: basta con il voto di scambio e con le truffe».
Mascia (Rc): lo denuncio per voto di scambio. «Domani mattina alle 12 presenterò alla Procura della Repubblica di Roma un esposto per chiedere l'eventuale verifica di voto di scambio»: lo comunica in una nota il blogger e candidato alle regionali del Lazio per Rivoluzione Civile Gianfranco Mascia. «Milioni di italiani - dice Mascia - hanno ricevuto nella propria buca delle lettere una busta "truffa" con la scritta "Rimborso IMU" e con una missiva, a firma Berlusconi, il cui testo sembra proprio una promessa di soldi in cambio del voto. Già avevamo presentato, insieme a centinaia di cittadini, un esposto all'OSCE chiedendo di mandare i suoi ispettori per controllare la nostra campagna elettorale e Thomas Rymer, portavoce dell'Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti dell'uomo (ODIHR), precisando di aver ricevuto e preso atto dell'esposto, aveva spiegato che la missione, seppur necessaria, non ci sarà poichè il numero di ispettori offerto dai Paesi membri era stato inadeguato. A questo punto credo che i Prefetti di tutte le città debbano intervenire immediatamente per controllare la regolarità della campagna elettorale e impedire qualsiasi turbativa allo svolgimento democratico delle elezioni».
La Legge 17 dicembre 2012, n 221 in vigore dal 19 dicembre 2012 ha fissato al 30 giugno 2013 il termine entro il quale le imprese individuali devono comunicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) al registro delle imprese presso la Camera di Commercio corrispondente.
La PEC è una posta elettronica avente valore legale. Tutti gli atti e le comunicazioni effettuati da enti e da privati tramite il canale PEC si considerano notificate a tutti gli effetti al pari di una raccomandata con avviso di ricevimento.
Confartigianato a livello nazionale ha siglato un importante accordo con Telecom Italia per permettere alle sue imprese associate di acquistare una casella di posta elettronica certificata Certific@ messa a disposizione da Telecom Italia al costo annuale di 6 euro più IVA.
Confartigianato Imprese Lecco svolgerà per le sue imprese associate il servizio di attivazione e successiva comunicazione dell'indirizzo pec al Registro delle Imprese. Ciascuna impresa, in base alla localizzazione della sua sede, potrà quindi rivolgersi alla delegazione ad essa più prossima o all'Ufficio Avvio d'Impresa della sede di Lecco, (rif. Dott. Fabrizio Pierpaoli) dove potrà acquisire tutte le informazioni necessarie inerenti le modalità di attivazione, la realizzazione dell'adempimento ed il costo del servizio offerto.
Infine, nel caso in cui un'impresa non adempia all'obbligo di comunicare il proprio indirizzo pec al registro delle imprese entro il termine del 30 giugno 2013, l'art. 5 della Legge 17 dicembre 2012 n 221, prevede che l'ufficio camerale, qualora riceva oltre tale termine una domanda di iscrizione di una modifica dell'impresa, debba sospendere la pratica per un termine di 45 giorni, decorsi inutilmente i quali, se l'impresa non avrà adempiuto, dovrà rigettare la pratica.
Prorogata la scadenza per la comunicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata all’ufficio del Registro delle imprese. Per adottare la posta elettronica certificata (Pec), infatti, le imprese individuali attive e non soggette a procedura concorsuale sono tenute a depositare, presso l’ufficio del Registro delle imprese, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata entro il 30 giugno 2013. Nel caso l’ufficio del registro delle imprese riceva una domanda di iscrizione che non ha indirizzo di posta elettronica certificata, anziché sanzionare l’impresa, com’è previsto attualmente, sospenderà la domanda fino a integrazione della stessa con l’indirizzo di posta elettronica certificata e comunque per 45 giorni; trascorso tale periodo, la domanda si intende non presentata. È una delle previsioni contenute nel dl 179 del 2012, il decreto Crescita 2.0, la cui legge di conversione n. 221/2012 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 294 del 18 dicembre.
Sempre in tema di Pec, l’accesso all’Ini-Pec (Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata) delle imprese e dei professionisti, tenuto dal ministero per lo Sviluppo Economico sarà consentito non solo a Pubblica amministrazione, professionisti e imprese, ma anche ai gestori o esercenti di pubblici servizi e a tutti i cittadini tramite sito web e senza necessità di autenticazione. E ancora, da sottolineare la norma secondo cui chiunque venda prodotti e presti servizi, anche professionali, dovrà obbligatoriamente dotarsi di strumenti elettronici di pagamento.
Inoltre, i pagamenti elettronici potranno essere effettuati tramite tablet e smartphone. E anche le pubbliche amministrazioni saranno obbligate ad accettare pagamenti in formato elettronico e dovranno pubblicare sui loro siti internet i rispettivi codici Iban. Ancora, dal 1° gennaio 2013 le amministrazioni pubbliche e i gestori o esercenti di pubblici servizi potranno comunicare con il cittadino esclusivamente tramite il domicilio digitale dallo stesso dichiarato e senza oneri di spedizione a suo carico.
Con una crescita a -2,2 per cento, il Pil 2012 dell’Italia torna a 6,5 punti in meno rispetto a prima della crisi. Il quarto trimestre è il peggiore dei sei trimestri di recessione. Per colpa della peggiore congiuntura internazionale ed europea. Ma anche del fisco e delle mancate liberalizzazioni.
Il 2012 finisce con un tonfo economico. In Italia certamente. Un meno 0,9 di crescita congiunturale del Pil sul trimestre precedente è il dato trimestrale peggiore dal primo trimestre 2009. Il dato ricorda in modo eloquente che la recessione si era solo attenuata brevemente durante l’estate ma poi in autunno è tornata a manifestarsi in tutta la sua durezza. Il sesto trimestre di recessione è cioè anche il trimestre più pesante rispetto ai precedenti. Il -0,9 del quarto trimestre 2012 porta lacrescita annua a collocarsi a -2,2 per cento, cioè un po’ più vicina alle previsioni di metà anno del Centro Studi Confindustria (-2,3) che a quelle leggermente più ottimistiche della Banca d’Italia (che indicavano -2,0). La sostanza non cambia molto. Se il Pil a prezzi costanti dell’Italia era 100 nel 2007, oggi è sceso ad un livello di 93,5, più o meno come nel 2009.
IL PEGGIORAMENTO DELLA CONGIUNTURA INTERNAZIONALE
I germogli di ripresa estiva non sono diventati vera ripresa perché, purtroppo, le circostanze negative di cui già si poteva vedere il presumibile impatto, cioè la congiuntura economica mondiale negativa e il mancato effetto positivo delle liberalizzazioni su consumi e investimenti, si sono fatte sentire. I dati di Francia, Germania e Regno Unito – da cui la crescita del Pil dell’Italia dipende in modo non marginale e che finora avevano resistito – sono purtroppo diventati negativi, rispettivamente per due, sei e tre decimi di punto percentuale. Anche i grandi paesi dell’Europa hanno smesso di farci da traino, e la fragile ripresa estiva di ordini e fatturati si è subito persa per strada. Il dato preliminare del Pil non dà informazioni su quanta parte di questa calo è dovuto ai consumi, quanto agli investimenti e quanto alle esportazioni (queste informazioni arriveranno tra un mese circa). Ma sulla base dell’andamento dei trimestri precedenti, è probabile che all’ormai consolidato cattivo andamento dei consumi (che potrebbero chiudere l’anno con un meno 3,5 per cento) si sia aggiunta una dinamica delle esportazioni meno favorevole che nei trimestri precedenti, a causa della crescita negativa dei nostri partner europei e del Giappone, e anche dell’azzeramento della crescita negli Usa. A questo si è aggiunto il costo della guerra valutaria che ha visto l’euro apprezzarsi del 13 per cento da luglio 2012 nei confronti del dollaro e che certamente non ha aiutato a competere gli esportatori italiani.
IL FISCO E LE MANCATE LIBERALIZZAZIONI HANNO PESATO
Sull’andamento così negativo dei consumi ha certamente pesato l’inasprimento record dellapressione fiscale al centro dell’attenzione del dibattito della campagna elettorale. Ma perché gli italiani ritornino a consumare non basta rimettere nelle loro tasche i soldi dell’Imu per qualche mese fino alla prossima inevitabile manovra: occorre che il prossimo governo offra un quadro di finanza pubblica sostenibile che mantenga il rientro dagli attuali livelli di debito come priorità in un quadro di ridotto intervento dello Stato nell’economia. Altrimenti, i soldi restituiti agli italiani saranno risparmiati e non spesi, e saremo daccapo. C’è poi da aggiungere che in questo periodo pesa il mancato effetto positivo di interventi più incisivi per aumentare la concorrenza sui mercati dei servizi (banche, assicurazioni, energia, carburanti) che avrebbero potuto alleggerire il peso del paniere della spesa delle famiglie italiane. Da questo punto di vista, gli effetti dei vari decreti per lo sviluppo, per la concorrenza e per la semplificazione non si sono (ancora) visti. Saranno queste le aree di urgenza per l’azione del nuovo governo. Per invertire la recessione ci sono due strade. Per ridare fiato all’Europa, tocca alla Bce tagliare i tassi alla prossima occasione, anche approfittando del rallentamento dell’inflazione. In Italia il compito del prossimo governo sarà quello di ridare fiducia a famiglie e imprese scoraggiate con riduzioni di imposta finanziate da riduzioni di spesa e un pacchetto di liberalizzazioni shock che producano risultati immediati nel paniere della spesa. Altrimenti fare industria in Italia diventerà uno sport di elite per poche imprese multinazionali.
C'è una domanda che mi pongo e che propongo ai cittadini che voteranno (e anche a quelli che finora non hanno intenzione di votare o sono ancora indecisi per chi votare): che cosa accadrebbe in Italia se il Partito democratico non vincesse le elezioni? Né alla Camera né al Senato? Finora nessuno ha fatto questa domanda e nessuno ovviamente ha dato una risposta. Bersani ha fatto appello al cosiddetto voto di necessità, ma limitatamente ad alcune Regioni il cui esito elettorale può essere determinante per il Senato. Ma il tema è più generale. Se l'è posto soltanto Alfredo Reichlin in un articolo lo scorso venerdì sull'"Unità", nel quale si è chiesto che cosa accadrebbe se non ci fosse una visione del bene comune come quella proposta dal Pd. La logica della democrazia parlamentare ci dice che si vota per il meno peggio; votare per il meglio, cioè per il partito con il quale ci si identifica al cento per cento, è pertanto impossibile: ciascuno ha una sua visione del bene comune. Dunque si vota per il meno peggio, partito movimento o lista elettorale che sia, il cui programma e i cui rappresentanti siano i meno lontani dal nostro modo di pensare. Del resto di Winston Churchill restò celebre la battuta che "la democrazia è il peggiore dei sistemi politici ma uno migliore non è stato ancora inventato". Allora ripeto: che cosa avverrebbe se il Pd fosse scavalcato da un altro partito? E quale? Gli inseguitori sono quattro, ma di essi solo uno insegue per vincere in tutte e due le Camere: quello di Berlusconi con i suoi alleati, Lega Grande Sud, Destra, Fratelli d'Italia. Gli altri non hanno speranze per la Camera, ma possono creare una situazione di ingovernabilità al Senato e quindi una paralisi parlamentare con tutte le conseguenze del caso: la lista civica di Monti con i suoi alleati e Ingroia. Grillo è un caso a parte. Potrebbe arrivare terzo e perfino secondo ma è molto difficile pensare che divenga primo. E poi i grillini in Parlamento subiranno inevitabilmente una radicale trasformazione; il Parlamento è la sede d'un potere costituzionale, quello legislativo. Voteranno contro tutte le leggi? Vorranno abolire tutte quelle esistenti? Il Movimento "5 stelle" è un'incognita, il suo bacino elettorale è quello degli indecisi che attualmente viaggiano attorno al 10 per cento. La pesca di Grillo si svolge in quel bacino, ma non è il solo. Nel migliore dei casi potrebbe arrivare al 20 per cento e sarebbe un successo enorme ma comunque non sufficiente a dargli la vittoria. Superare il 20 per cento e magari arrivare al 25 è anche il traguardo vagheggiato da Monti. Ma il solo che può oltrepassare quel traguardo è Berlusconi. È lui l'inseguitore del Pd e dunque che succederebbe se l'inseguitore raggiungesse e superasse l'inseguito? **** Se questo dovesse accadere crollerebbe in misura catastrofica la credibilità europea e internazionale del nostro Paese; i mercati si scatenerebbero e lo "spread" tornerebbe alle stelle. L'ipotesi di un Berlusconi vincente che riuscisse a "domare" Angela Merkel, cioè la Germania, è puro infantilismo. Accadrebbe però che la Lega conquisterebbe un potere decisivo e spaccherebbe con le sue proposte il Paese in due. Qualora la Germania non si accucciasse ai piedi del redivivo, il Cavaliere ha già previsto ed ha pubblicamente dichiarato che la lira come ritorsione uscirebbe dall'euro. Forse coloro che abboccando alla demagogia berlusconiana pensano che prima o poi l'asino volerà, non hanno ben chiaro che cosa significa il ritorno alla moneta nazionale: le banche americane e la speculazione giocherebbero a palla con la liretta, roba da emigrazione forzata, ma se il Pd non vincerà è esattamente questo che accadrà. Ci sono altre alternative? Di Grillo abbiamo già detto; tra l'altro sostiene più o meno le stesse corbellerie di Berlusconi. Ma gli altri partiti potrebbero allearsi con il redivivo vincitore? Monti per esempio? Monti ha governato un anno con la "strana maggioranza" che comprendeva anche il Pdl. Vero è che in quell'anno Berlusconi era praticamente scomparso, oggi viceversa è tornato in scena. Quanto a Monti, ha già dichiarato di essere disposto a ripetere l'esperienza dell'anno scorso sempre che il Cavaliere torni a fare il morto. Ma se il Cavaliere fosse il vincente delle elezioni possiamo star certi che il morto non vorrà tornare a farlo. Oppure potrebbe anche cedere a Monti la presidenza, perché no? Invierebbe a controllarlo il suo cameriere Angelino. Quanto a lui chiederebbe ed otterrebbe un salvacondotto onorifico. E il Pd? Ruota di scorta benvenuta, ma senza Vendola per rompere definitivamente con la propria genealogia politica che – come lo stesso Monti ha affermato – comincia con la nascita del Pci a Livorno nel 1921. Comunisti senza soluzione di continuità, partito vecchio come tutti gli altri salvo la lista civica montiana. E salvo Ingroia, Monti se l'era dimenticato. Anche Ingroia è nuovo di zecca e infatti anche lui non sopporta il vecchio Partito comunista camuffato da riformista e anche lui, da sponda opposta, lavora affinché il Pd affondi. Noi comunque riteniamo che il centrosinistra vincerà alla Camera perché il "Porcellum", che è una porcata per quanto riguarda la scelta dei candidati e il meccanismo d'attribuzione del premio al Senato, assicura la governabilità alla Camera. Per il Senato il discorso è diverso, ma lì non c'è soltanto Monti, c'è anche Casini e non è affatto detto che sia in tutto e per tutto allineato con Monti. Probabilmente, se il Pd vincerà alla Camera ma il Senato fosse senza maggioranza, Casini l'alleanza con Bersani la farebbe e la governabilità sarebbe assicurata, gli impegni con l'Europa mantenuti, la politica economica europea e italiana orientate verso la crescita. Ecco perché il centrosinistra deve vincere. Personalmente sono liberale e non sono nato nel 1921 ma dalla morte di Ugo La Malfa in poi ho votato sempre a sinistra per un partito riformista. Ce n'è uno solo in Italia, riformista e democratico, con attenzione ai deboli, ai giovani, alle donne, al Mezzogiorno e alla laicità dello Stato. Quando Monti ha parlato del Pci come del progenitore del Pd ho visto che accanto a lui c'era il ministro Riccardi della Comunità di Sant'Egidio che approvava annuendo con la testa; evidentemente pensava ai tempi beati della Dc e non mi è affatto piaciuto. Dovrebbe ricordare – Riccardi – che Moro fece l'accordo con Berlinguer per governare il Paese in un momento di gravi difficoltà e per questo ci rimise pure la vita. Nichi Vendola, me lo lasci dire il buon Riccardi, il Berlinguer di allora lo tratterebbe come un figlioccio un po' più moderato di quanto lui non fosse. **** Si parlerà ancora a lungo dello scandalo Monte dei Paschi, entrato di prepotenza nella campagna elettorale. Ma è un tema che con la politica c'entra soltanto incidentalmente. Il vero tema non è politico, riguarda piuttosto la struttura del sistema bancario, la vertiginosa moltiplicazione dei titoli derivati, le fondazioni e il loro assetto proprietario, i sistemi di vigilanza. L'articolo di Luciano Gallino pubblicato ieri sul nostro giornale è molto chiaro in proposito: "La banca di Siena ha messo in pratica un modello di affari identico a quello di tutte le banche europee ed è un modello dissennato che sta all'origine della crisi economica in corso dal 2007 e ha portato al dissesto molte decine di banche in quasi tutti i paesi del nostro continente e negli Stati Uniti". Questo modello va dunque riformato radicalmente in alcuni suoi punti nevralgici che sono i seguenti: 1. Occorre separare (come era stabilito nella nostra legge bancaria del 1936) le banche di credito ordinario dalle banche di affari e di lungo finanziamento. Le prime debbono raccogliere depositi e utilizzarli per finanziare le imprese; il loro capitale deve essere investito soltanto in obbligazioni emesse dallo Stato o da esso garantite. 2. La proprietà delle banche di credito ordinario deve essere affidata ad una pluralità di soci nessuno dei quali possa detenerne il controllo: fondazioni, fondi pensione, enti non-profit (leggi Amato e Ciampi). 3. La vigilanza sulle banche affidata alla Banca centrale, deve avere poteri più penetranti di quelli attuali. In particolare debbono avere il potere di revoca degli amministratori la cui condotta e le cui operazioni presentino aspetti rischiosi per la stabilità della banca ad essi affidata. La Banca d'Italia, allora guidata da Mario Draghi, chiese più volte al governo che i suoi poteri di vigilanza fossero rafforzati e chiese in particolare di poter revocare gli amministratori. Oggi la vigilanza può solo ricorrere alla "moral suasion" che non è un potere ma una semplice raccomandazione. Analoghe richieste furono fatte dal Fondo monetario internazionale, anch'esso preoccupato per gli scarsi poteri della vigilanza della Banca d'Italia. Il governo, nella persona del superministro Tremonti, rifiutò. Sarebbe molto opportuno che su questo punto la Banca d'Italia fornisse alla magistratura e alla Corte dei Conti la documentazione delle sue richieste e la risposta negativa del ministro competente. Il Presidente della Repubblica è giustamente preoccupato di quanto è accaduto, reclama chiarezza, confida nella magistratura e difende la Banca d'Italia dalle critiche faziose che le vengono rivolte. Ha segnalato anche, e giustamente, possibili "cortocircuiti" tra organi di informazione e autorità giudiziarie, che possano influire negativamente sui depositanti e sul mercato. Occorre tuttavia distinguere tra organi di informazione che ricercano la verità come è loro compito deontologico e istituzionale; possono talvolta incorrere in qualche errore come a tutti può capitare nell'effettuare il loro lavoro. Altra cosa invece avviene quando l'organo di informazione fabbrica notizie inesistenti e le diffonde per influire sui mercati e sulla politica. Queste sono macchine del fango e il cortocircuito che provocano non è occasionale ma consapevole e voluto. Per rafforzare il risanamento del Monte dei Paschi sarebbe anche molto opportuno a nostro avviso che il ministro dell'Economia nominasse due consiglieri d'amministrazione della banca in occasione del prestito dei Monti-bond. La presenza provvisoria dello Stato nel capitale della banca è garanzia dell'opera di pulizia in corso dopo lo "tsunami" di Mussari e dei suoi accoliti. Quanto alla fondazione senese, è evidente che debba fortemente diminuire la sua presenza azionaria nella banca. Lo faccia al più presto e discenda al 20 per cento, meglio meno che più.
Una pioggia di meteoriti ha provocato violente esplosioni a bassa quota nell'atmosfera negli Urali e nelle regioni centrali della Russia, causando il ferimento di un migliaio di persone, per la maggior parte colpite dalle schegge dei vetri frantumati dall'onda d'urto. Tra i contusi ci sono anche 82 bambini: due gravi. Colpite sei città nella regione di Cheliabynsk. La Protezione Civile ha inviato sul posto 20mila uomini. Il meteorite ha attraversato l'orizzonte, lasciando una lunga traccia di fumo bianco visibile anche a una distanza di 200 km, a Ekaterinburg. La maggioranza dei feriti è stata colpita dai vetri delle finestre infranti a seguito delle esplosioni create dall'impatto dei frammenti. Tutte le scuole della regione sono state chiuse. Il fenomeno è stato registrato anche a Tyumen, Kurgan, nella regione di Sverdlovsk, e nel Kazakhstan settentrionale. Gli allarmi delle auto hanno preso a suonare, alcune finestre sono andate in frantumi e i telefoni cellulari hanno funzionato a intermittenza. "C'è stata una pioggia di meteoriti, senza caduta di frammenti a terra, un meteorite è esploso sopra la regione di Chelyabinsk. L'onda d'urto ha scosso i vetri in diverse località", ha detto a Interfax un portavoce locale del Ministero delle situazioni d'emergenza. Nessun legame con l'asteroide 2012 DA14 - Non c'è nessun legame tra la pioggia di meteoriti in Russia e il passaggio ravvicinato dell'asteroide 2012 DA14. Lo rileva l'esperto di meccanica celeste Andrea Milani, dell'università di Pisa e responsabile del gruppo di ricerca NeoDyS, specializzato nel calcolare le orbite degli asteroidi più vicini alla Terra. "Tra i due eventi - ha detto - non c'è alcuna relazione". Fra la pioggia di meteoriti e il passaggio dell'asteroide non può esserci alcuna relazione, ha proseguito Milani, perché tra i due fenomeni c'è una distanza di 24 ore. Per avere un'idea di che cosa significhi questo intervallo di tempo, ha proseguito, basti pensare che "in un'ora un asteroide può percorrere un milione di chilometri". Le 24 ore che separano i due venti si traducono quindi in una notevole distanza nello spazio. Medvedev: "E' la prova della vulnerabilità del pianeta" - La pioggia di meteoriti "è la prova che non solo l'economia è vulnerabile, ma l'intero pianeta". Lo ha dichiarato il premier russo, Dmitri Medvedev, augurandosi che l'evento non causi gravi conseguenze. Allo stesso tempo Medvedev, come riportato dalla radio Kommersant FM, ha ipotizzato che la caduta dei corpi celesti diventi "un simbolo del forum economico" in corso in Siberia. Putin critica il sistema di allerta - Il presidente russo, Vladimir Putin, è preoccupato per la situazione legata alla caduta del meteorite nella regione di Cheliabinsk, e ha chiesto di inviare sul luogo dell'incidente un gruppo di specialisti della Protezione Civile, in aggiunta al personale già presente, per "valutare i danni e prestare maggiore aiuto alla gente". Il leader del Cremlino lo ha dichiarato in un incontro a Mosca con il ministro delle Emergenze Vladimir Puchkov.
Silvio Berlusconi tesse l’elogio delle mazzette in televisione. “E’ un fenomeno che esiste ed è inutile negare questa condizione di necessità se si ha da trattare con qualche regime o Paese del terzo mondo”, ha detto l’ex premier ospite di Agorà su Raitre, a proposito dell’inchiesta che coinvolge Finmeccanica. E ha aggiunto: “Negarlo è moralismo da sepolcri imbiancati”.
“Ho fotografato la realtà globale esistente nel mondo”, ha detto, “quando Eni, Enel e Finmeccanica trattano con altri Paesi per vendere i loro prodotti devono adeguarsi alle condizioni di quel Paese”, perché “in Paesi che non sono complete democrazie ci sono altre condizioni che bisogna accettare se si vuole vendere quel prodotto”. “Con questa magistratura che ha dimostrato un autolesionismo nei confronti dell’Italia assoluto”, ha aggiunto, “noi ci stiamo facendo fuori dalla possibilità di competere nel mondo con altri importanti gruppi, perché nessuno tratterà più con Eni, Enel o Finmeccanica”. Secondo Berlusconi, le recenti indagini su Eni e FInmeccanica, ma anche lacondanna all’ex governatore Fitto, sono “cose per sviare l’attenzione dal macroscopico scandalo diMonte Paschi, in cui il Pd è assolutamente coinvolto”.
Le parole del leader Pdl hanno scatenato una pioggia di critiche. L’Associazione nazionale magistrati ha definito “inaccettabili” le dichiarazioni di Berlusconi sulle tangenti. Rodolfo Sabelli, presidente dell’Anm, ha ricordato che la corruzione internazionale “non è una condotta eticamente censurabile, ma un reato”, che va perseguiton e “l’illegalità è un male che va contrastato”. Duro anche il leader di Rivoluzione Civile, Antonio Ingroia: ”Berlusconi è il capostipite di questa classe dirigente che va cacciata dai posti di potere – ha detto – Le ultime dichiarazioni di Berlusconi ripropongono un vecchio gravissimo cliché, col quale il Cavaliere parla da imputato e che assolve e autoassolve tanti atti di corruzione, pretendendo di fare il giudice, autoassolvendo il sistema della corruzione e pretendendo di fare anche il pubblico ministero sostenendo di dover mettere la magistratura sul banco degli imputati”. Ingroia ha quindi concluso: “Noi invece diciamo che sul banco degli imputati ci debba andare la classe dirigente che continua a prosperare nell’illegalità e Berlusconi, capostipite di questa classe dirigente che va cacciata dai posti di potere”.
Rigido anche il candidato di Pdl e Lega Nord alla presidenza della Regione Lombardia, Roberto Maroni. “Le aziende devono combattere il sistema delle tangenti ovunque nel mondo”, ha detto rispondendo a una domanda dei giornalisti sulle affermazioni di Berlusconi, precisando che l’ex premier “ha parlato di questo sistema riferito a Paesi terzi, non all’Italia o ad altri Paesi occidentali”. Il leader del Pd Pier Luigi Bersani, invece, ha lanciato un avvertimento: “Basta con le tangenti e basta con Berlusconi”. “Io non escludo che nel mercato globale accadano cose di questo genere e allora sarà bene darsi dei codici di comportamento su scala europea perché ci deve essere la garanzia che i vertici aziendali siano responsabili di protocolli condivisi che escludano vicende di questo tipo”, ha detto. “Vogliamo avere un mercato pulito, io non mi arrendo all’idea che si possa andare avanti solo oliando la ruota”.
Gianfranco Fini ha ironizzato: “‘Berlusconi si è confessato. Dire che pagare una tangente può essere una situazione di necessità, significa essere pronti a corrompere pur di raggiungere un obiettivo – ha dichiarato il leader di Fli -Chissà se parlava di se stesso?”. Molto critico ancheAntonio Di Pietro, leader dell’Italia dei Valori. “E’ un’affermazione vergognosa che non ha né capo né coda”, ha detto. “E’ come dire che, siccome ci sono tanti delinquenti in giro, anche noi dobbiamo comportarci da criminali per poter competere”. “Ai tempi di Mani Pulite le chiamavamo mazzette”, ha aggiunto, ”che in gergo erano il corpo del reato, oggi le chiamano royalty e le prendono i broker per fare trading”.
Berlusconi, ospite di Agorà, è poi tornato sul tema del condono, sostenendo che “fa emergere chi non paga le tasse” ed è una possibilità che ha lo Stato per “perseguire chi non le paga e metterli nel mirino”. Per quanto riguarda l’immunità parlamentare, invece, Berlusconi dichiara che dovrà essere reintrodotta, perché “c’è una magistratura rossa che è il cancro della nostra democrazia”. L’ex premier ha infine lasciato uno spiraglio aperto per una prossima candidatura. Alla domanda se questa sarà l’ultima campagna elettorale per il Cavaliere, l’ex premier ha risposto: “spero assolutamente di sì. Ma se l’Italia chiamasse, io amo l’Italia”, ricordando di essere “tornato indietro per amore del mio Paese, perché c’è ancora il rischio che la sinistra, che ha invidia per il ceto medio e vuole mettere piu’ tasse, vada al governo”.
Contemporaneamente, Pier Luigi Bersani, a Omnibus, ha commentato la situazione europea, annunciando che “a un certo punto bisogna capire se sull’Europa vogliamo andare avanti o indietro, se vogliamo andare verso gli Stati Uniti di Europa”. “Bisognerebbe fare una convenzione per discutere i trattati e poi chiamare gli europei a un referendum“, ha aggiunto, chiedendo un rilancio dell’Unione Europea. Il leader del Pd ha poi assicurato che non intende chiedere all’Ue un rinvio dell’impegno per il pareggio di bilancio, fissato al 2013. “In questo momento dilazioni non ne chiedo. Chiedo che ci sia un’iniziativa europea sul tema degli investimenti”, ha detto. “Intendo che tendiamo a bada al meglio la spesa pubblica. L’italia mantiene i suoi impegni, ma chiede una diversa politica europea”.
Prendersela con l’ex ministro Giulio Tremonti, soprattutto in campagna elettorale, è quasi come sparare a un bue legato all’albero o, per un pescatore subacqueo, a un polpo di notte: impossibile mancarlo. Ne dice tante in questi giorni e molte al limite della sfrontatezza. Ad esempio che l’Italia è in recessione da sei anni e che la recessione è molto dura. Ci ha messo tanto ad ammetterlo, ma finalmente anche lui se ne è accorto dopo mesi e mesi passati a sostenere che la crisi era in America, non in Italia, quando il Pil da noi calava di 6 punti e negli Stati Uniti di 2. La boutade dell’ultima ora è che non bisogna tassare la casa perché è incostituzionale dato che la Costituzione tutela il risparmio. Ovviamente se è così, è anche incostituzionale tassare i Bot, i Btp, i conti correnti, i rendimenti azionari e così via – ovvero il risparmio finanziario. Non è risparmio anch’esso? Non va ugualmente tutelato? E perché allora Tremonti stesso, nelle vesti di ministro dell’Economia, istituì l’imposta di bollo sui depositi titoli nella manovra del luglio 2011? Dimenticanza costituzionale per il troppo caldo? Ma, proseguendo il ragionamento, poiché il risparmio altro non è che il reddito meno il consumo, se è incostituzionale tassare il risparmio, sarà anche incostituzionale tassare la sua definizione. Quindi anche le tasse sul reddito (e anche quelle sul consumo?) sono incostituzionali. Rimane solo la tassa sulla spazzatura, ma quella va agli enti locali. E così abbiamo garantito il pareggio di bilancio: zero tasse, zero spese. Potevamo “risparmiarci” di aggiungere un articolo in Costituzione, bastava interpretare bene l’articolo 47. Di Luigi Guiso: professore di Economia allo European University Institute, Firenze. Ha lavorato come economista per molti anni al Servizio Studi della Banca d’Italia occupandosi di macroeconomia, politica economica e analisi della congiuntura. E’ fellow del CEPR e direttore del Finance Program, e fellows del Luigi Einaudi Institute for Economics and Finance. Gli interessi correnti di studio e di ricerca vertono sui campi dell’economia finanziaria, delle scelte finanziarie delle famiglie, della macroeconomia, dei legami tra economia e istituzioni. temi recenti di ricerca includono l’effetto della cultura sull’economia e le origini del capitale sociale. Fonte: lavoce.info
Mentre il mercato greco si restringe per la crisi, (la gente non spende più) i prodotti dellemultinazionali si “allargano” e fatturano numeri significativi. La riduzione del costo del lavoro, dopo il memorandum della troika e la diminuzione di fatto dei diritti per i lavoratori, avvantaggia solo i grossi nomi che vanno in Grecia per investire, ma di fatto risparmiando su stipendi e indennità che la troika ha provveduto a tagliare. Quattro i casi più significativi. La Kraft Hellas AE è una filiale della multinazionale Mondelez internazionale (fino a poco tempo denominata Kraft Foods), che domina il mercato europeo per il cibo da spuntini. Ha recentemente annunciato, dopo gli otto milioni complessivi investiti nell’ultimo lustro, una nuova esposizione in Grecia per cinque milioni a partire dal 2013. Proprio quando entreranno in vigore i nuovi contratti di lavoro contenuti nel memorandum lacrime e sangue che il Parlamento ellenico ha approvato in una lunga notte di passione, dove di fatto sono stati falciate indennità di malattia e quantum di stipendi e scatti.
Anche l’Hellas Unilever ha annunciato che intende avviare la produzione in Grecia di trenta nuovi prodotti, e due giorni fa ha presentato il piano commerciale al mercato greco. Ancora: Procter & Gamble ha annunciato la creazione del Centro per la Ricerca e l’Innovazione di Atene, il terzo sistema operativo d’Europa. Pochi giorni fa la Johnson & Johnson ha annunciato che continuerà a investire nel mercato greco. In effetti il noto marchio ha in Grecia uno dei tre poli europei utilizzati quasi esclusivamente per l’esportazione. La società dà lavoro in Attica a duecento dipendenti, anche se non ha ancora specificato la quantità di investimenti. Il caso di Johnson & Johnson è particolarmente rilevante se si considera che il 95% della produzione è esportato in altri paesi europei e ha scelto la Grecia come base di produzione proprio perché oggi al centro dell’Egeo una multinazionale “risparmia” sui diritti dei lavoratori.
Infine il caso della Henkel uno dei più grandi gruppi tedeschi che ha deciso di ripristinare la produzione dei propri prodotti in Grecia. La società è stata “assente” dal mercato greco dal 2011 al 2012 dopo che il marchio Alapis, per via della crisi, aveva spostato la produzione in Italia. Ma dallo scorso mese di settembre i prodotti tedeschi sono stati recuperati dalle società Henkel Hellas SA e Rolco Vianyl Souroulidi. Nello specifico l’accordo di produzione di detersivi e prodotti di pulizia prevede che Henkel Hellas detenga più di 50 marche tra Dixan, Neomat e Bref, con una produzione annua di circa sette milioni di unità, che corrisponde al 75% delle vendite annuali della società nel settore. L’accordo prevede anche la produzione di ulteriori 2,5 milioni di unità degli stessi prodotti per le necessità della Henkel a Cipro e per un totale di trenta milioni di euro.
Così se da un lato si iniziano a vedere i primi frutti del riservatissimo briefing che la cancellieraAngela Merkel tenne in occasione della sua visita ad Atene lo scorso ottobre con i grandi gruppi tedeschi seduti allo stesso tavolo con banchieri e imprenditori ellenici, dall’altro non si può non osservare come dal memorandum in poi, quegli investimenti delle multinazionali non si traducano in benefici per il territorio, ma esclusivamente per i grandi gruppi che incassano di più perché tagliano alla voce diritti. Il memorandum, prestando dei soldi allo stato, ha aperto delle falle nei diritti, perché oggi le aziende (oltre che il pubblico impiego) possono assumere personale a 500 euro al mese(un insegnante universitario al primo incarico nel prende 650, un dipendente di banca 550) , tagliando tranquillamente le indennità sia di malattia che di straordinari. Quindi chi ci guadagna non è il cittadino greco che se assunto ha uno stipendio misero, ma proprio le multinazionali che investono in Grecia senza ricadute sul territorio. E il tutto col cappello del grande salvataggio greco che non ha salvato un bel niente (se non la ricapitalizzazione bancaria), perché di quei soldi che le aziende straniere fatturano in Grecia, lì non rimane nulla. E quando manca appena un mese dalla prima tranches di licenziamenti, 15mila impiegati pubblici a casa dal primo marzo. Si attraggono investimenti stranieri? Certo, ma perché invogliati dai salari bulgari di gente che poi si confronta sul mercato con “prezzi milanesi”.
Il tutto accade nei giorni in cui il maxiemendamento fiscale a medio termine 2013-2016, presentato in Parlamento dal Ministro delle Finanze Stournaras, lascia aperta la possibilità di intervenire con nuove misure, e mentre un nuovo scandalo sembra passare inosservato tra i media ellenici. Il canale televisivo francese France2 documenta la svendita a una società canadese di trecentomila ettari di foresta nella regione settentrionale della Calcidica per la simbolica cifra di un euro: dove in quel sottosuolo abbonderebbero oro e minerali di vario genere. Per questo, ma non solo, Antonis Karakousis, primo editorialista del popolare quotidiano To Vima si chiede : “C’è un rischio Weimar per la Grecia post memorandum? Dove l’instabile equilibrio tra politica ed economia è minacciato dal declino della classe media e dalla miscela di estremismo e populismo”. E dove i neonazisti diAlba dorata, nell’ultimo sondaggio, hanno ufficialmente sfondato per la prima volta quota 11%.
get latest updates on news and subscribes to our feeds
Search
Questo blog nasce proprio nell'intento di condividere opinioni, idee, esperienze, progetti, filosofie, culture, modelli di sviluppo alternativi e/o complementari che per la prima volta, forse, ci permettano di sentirci un POPOLO unito che ha la consapevolezza, la forza e la capacità di scegliere il proprio futuro per sè e per le generazioni a venire. Un popolo che urla la propria indignazione verso quella classe politica cinica ed autoreferenziale che interpretando la politica come mezzo ad uso esclusivo proprio e dei propri affini a vantaggio personale e clientelare ha spezzato la catena di congiunzione con l'elettorato attivo, non fornendo risposte, non risolvendo problemi. Non resta che rimboccarci le maniche, fare politica attiva, dare il proprio contributo! ciascuno di noi, nel proprio piccolo, può fare grande l'italia! Che ognuno di noi possa interpretare nel proprio quotidiano, con il proorio lavoro, le proprie aspirazioni, i propri sogni il CAMBIAMENTO che vorremmo vedere nella nostra bella ITALIA!
La più grande difficoltà sta nell'interpretare la politica come un mezzo al servizio della collettività, della giustizia sociale, uno strumento utile a migliorare la qualità della vita di tutti noi. gli anni trascorsi dal '94 ad oggi hanno segnato le menti, le coscienze ed i cuori, riempendoli di scontri verbali, contrapposizioni ideologiche, dietrologie politiche, lotte di classe. Tutto ciò fa gioco alla oligarchia classista avida di potere che detiene non soltanto il potere politco, ma soprattutto, il potere economico e finaziario di questo paese. In realtà "gli affari" vengono fatti con l'accordo di tutti trasversalmente ad ogni "finta ideologia" politica. La politica degli opposti schieramenti, delle tifoserie selvagge, della contrapposizione liberista-comunista è nella realtà odierna una assurda amenità anacronistica utile soltanto al conservatorismo liberista finto riformista che così continua a tenere sotto scacco le capacità imprenditoriali, i talenti intellettuali, la voglia di "cambiamento" di questo paese. Facciamo che queste eccellenze non rimangano inespresse: lottiamo "insieme" senza inutili contrapposizioni ideologiche. Una cosa ci accomuna tutti: l'amore per il nostro paese. lottiamo insieme per costruire un futuro migliore per tutti!