Il voto di domenica e di lunedì per il rinnovo del Parlamento sarà tutto tranne che un evento di ordinaria amministrazione. Nel lessico collettivo c’è un aggettivo molto abusato a cui si ricorre sempre in occasioni del genere: “decisivo”. Nel sensazionalismo che ammorba la civiltà contemporanea, per i giornali, le radio, le tv ma anche per molti politici è sempre tutto “decisivo”. Sembra sempre che la fine del mondo sia dietro l’angolo. Ma, fuor di retorica, stavolta le elezioni politiche molto importanti lo sono per davvero. Per due ragioni molto semplici: perché lo spettro della bancarotta e dell’uscita dell’Italia dall’euro e dall’Europa il nostro Paese lo ha visto per davvero e non secoli fa ma nell’autunno del 2011 e perché la messa in sicurezza dei conti pubblici e il recupero di credibilità agli occhi dei mercati e della comunità internazionale non ci mettono ancora al riparo dai rigurgiti della più lunga recessione del dopoguerra e della più grave crisi economica e finanziaria globale dal ’29 ad oggi.
Ecco perché è essenziale un sussulto di consapevolezza civile e democratica ed è fondamentale che tutti gli elettori facciano valere i loro diritti partecipando attivamente al voto. La classe dirigente politica ha infiniti torti per avere ridotto il Paese al degrado morale e alla stagnazione economica in cui si trova, ma non si può fare di tutte le erbe un fascio e la colpa non è sempre e solo degli altri. Il Parlamento lo eleggiamo noi e tocca dunque a noi elettori dare un segnale di svolta. L’uscita dal tunnel è possibile, ma a condizione che tutti – a partire dagli elettori - facciano la loro parte, partecipino in massa alle elezioni e ripudino i tre mali che rovinano il Paese: il disfattismo, il conformismo e il populismo.
Tutti al voto, dunque, ma con la memoria lucida sul recente passato e con gli occhi aperti sul futuro prossimo dell’Italia. Prima di in filare la scheda nell'urna proviamo a farci quattro domande sul leader che vorremmo scegliere: 1) che cosa ha fatto e che cosa farà per abbassare lo spread che indica l'affidabilità del nostro Paese? 2) che credibilità ha in Europa? 3) continuerà la via delle riforme o butterà a mare i sacrifici fatti dagli italiani per evitare la bancarotta? 4) che ricette ha per la crescita senza scassare i conti pubblici?
Vediamo nel dettaglio. Avere la percezione del rischio in cui il nostro Paese si è trovato e si trova di fronte alla crisi economica globale è il primo requisito per un voto consapevole. Il governo uscente può essere lodato o criticato, ma non scordiamoci che ha evitato il default dell’Italia dimezzando, a prezzo di sacrifici dolorosi, lo spread dei titoli di Stato che misura l’affidabilità di un Paese sui mercati finanziari. E ricordiamoci anche che per un Paese che ha il terzo più alto debito pubblico e che deve affidarsi in larga parte a investitori internazionali lo spread non è tutto ma non è una variabile indipendente dalla propria credibilità. Solo chi ha portato lo spread alle stelle può spudoratamente sostenere che lo spread non conta. Il modo più attendibile per rispondere al mondo che ci guarda è, al contrario, quello di votare pensando alla governabilità: senza un equilibrio stabile i mercati tornerebbero a punirci e il Paese tornerebbe nel caos.
Il secondo punto da non dimenticare è la necessità di non buttare a mare i sacrifici compiuti che sono stati pesanti ma che avevano una sola sciagurata alternativa: il fallimento del Paese con l’uscita dall’euro e il dimezzamento in una notte della ricchezza e dei redditi degli italiani. Non rovinare quel che si è fatto vuol dire una sola cosa: continuare sulla via delle riforme senza negare l’attenzione ai conti pubblici ma ponendo in cima all’agenda della nuova legislatura la crescita. Dunque: un voto per la governabilità sotto il segno delle riforme e senza cullare impossibili nostalgie di tornare indietro.
Il terzo requisito essenziale per un voto consapevole è la piena comprensione che l’Italia non è un’isola e che non c’è nessuna speranza di uscire dalla recessione e dalla crisi imboccando finalmente la via della crescita e dello sviluppo se non lo si fa insieme e dentro l’Europa. Gli italiani hanno già pagato duramente l’autarchia durante il fascismo: scordiamoci l’illusione di poter fare da soli. Altro che macroregione del Nord contrapposta all’Italia e all’Europa. Senza l’Europa non si va da nessuna parte, se non al fallimento. E senza l’Europa non c’è alcuna risposta possibile alla crisi. Ridurre le tasse e accelerare sulla crescita è possibile ma solo in una cornice europea. Il che non vuol dire subire le scelte della signora Merkel o degli eurocrati di Bruxelles ma sapere che cosa sostenere e come sostenere le proprie idee di riforma in Europa, per un’Europa che torni ad essere protagonista nel mondo e che sappia raccogliere la speranza di futuro dei suoi cittadini. Nuovo bilancio europeo, golden rule per gli investimenti e project finance sono gli strumenti che possono aprire un nuovo corso e dare finalmente una strategia di crescita all’Europa. Ma per aprire una battaglia del genere su scala europea ci vuole credibilità internazionale e non tutti ce l’hanno: non dimentichiamocelo.
Infine, la partita in casa per il rilancio e per la rinascita italiana. L’orizzonte europeo è la bussola che deve orientare un voto consapevole e la buona politica, ma il campionato si vince, non solo in trasferta ma anche tra le mura di casa. In questi anni abbiamo assistito all’arretramento economico ma prima ancora civile e morale di un Paese che avrebbe tutto per tornare ad essere protagonista in Europa e nel mondo, ma per riprendere la via della modernizzazione occorre cambiare. E cambiare a fondo sgretolando, passo dopo passo e a colpi di riforme, quel blocco sociale e politico conservatore che si annida nei punti più impensabili del sistema e che difende rendite di posizione e privilegi di casta e di corporazione negando il valore dei bisogni e del merito. Questo blocco conservatore vorrebbe consegnare il Paese all’immobilismo e all’arretratezza: bisogna impedirlo, se si vuole imboccare la via della rinascita e dello sviluppo. Cambiare non è un sogno ma dipende da tutti noi. Partecipare al voto è il primo passo ma occhio a votare per l’Europa e per le riforme.
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