Non si possono dismettere i risultati elettorali che ci troviamo a commentare come una sempliceanomalia italiana. L’Italia ha le sue particolarità, ma i risultati che emergono dalle urne possono essere compresi solo numeri alla mano ed in una prospettiva comparata. Ci piaccia o no, queste elezioni segnano un punto di rottura storico.
Da un’analisi sui voti alla camera emerge che ‘i partiti tradizionali’ hanno perso piú di 10 milioni di voti rispetto alle elezioni del 2006 e 2008:
(a) La coalizione di centrodestra tra il 2008 e il 2013 ha perso più di 8 milioni di voti. Non è vero che gli italiani continuano a votare Berlusconi allo stesso modo. Se Berlusconi è riuscito nel suo intento di ‘pareggiare’ è soprattutto per l’esistenza di una legge elettorale assurda e per il crollo del centrosinistra.
(b) Il centrosinistra ha perso nel giro di cinque anni più di 3.5 milioni di voti. Se si guarda ai voti ottenuti dall’Unione nel 2006, la situazione appare ancora più drammatica, la coalizione di Bersaniraccoglie poco più della metà di quella messa insieme da Prodi.
(c) Monti non è riuscito a sfondare come qualcuno si aspettava. La discesa in campo del professore ha però avuto l’effetto di azzerare Udc e Fli. Questi due partiti sembrano mestamente uscire di scena (io non ne sentirò la mancanza).
(d) Viene confermato il trend della progressiva sparizione della sinistra radicale. Così come la sinistra arcobaleno nel 2008, anche nel 2013 il raggruppamento più radicale capeggiato da Ingroia, non entra in parlamento. Forse anche qui urge un cambio totale di strategia. Modernizzare la sinistra sull’esempio di Mélenchon in Francia e Die Linke in Germania potrebbe essere una tappa obbligata.
(e) Il voto del sud contro il centrosinistra (specialmente in Puglia) è un segnale pesantissimo. Bersani in conferenza stampa lo attribuisce alla gravità della situazione meridionale e alla presa più forte del populismo. Io da calabrese che non se l’è sentita per l’ennesima volta di turarsi il naso, penso invece che la gente si sia stancata di votare certe facce.
(f) Astensionismo record che deve spingerci ad interrogarci sulla disaffezione crescente tra gli elettori (trend a dire la verità molto più accentuato in altri paesi Europei che in Italia). Quando non ci sono alternative valide molta più gente resta a casa.
In Italia, diversamente da Francia e Grecia, il centrosinistra non ha catturato il voto di chi si oppone alle misure antiausterità. La differenza tra Francia, Grecia e Italia, è che noi non abbiamo un partito progressista capace di intercettare questi voti con un programma organico e convincente. Molti elettori tradizionalmente fedeli al centrosinistra se ne sono discostati (rifugiandosi nell’astensione o nel voto per il movimento a cinque stelle), identificando questo schieramento politico con posizioni neoliberali vicine a quelle di Monti. Al di là delle dinamiche elettorali questo tema è un problema di lungo corso del centrosinistra italiano, tedesco e inglese. E’ forse arrivato il momento di mandare in soffitta la terza via di blairiana memoria e l’avvicinamento alle politiche neoliberali per ritornare su posizioni più progressiste. C’è bisogno di un’agenda per la redistribuzione da condividere a livello Europeo.
Ma occorre guardare con attenzione ed occhio scevro da pregiudizi al Movimento 5 Stelle. Il boom del movimento è spiegato da tanti fattori concomitanti: l’insoddisfazione per la classe politica e la corruzione dilagante nei partiti, una partecipazione che nasce dal basso e che non ha voglia di essere mediata dai partiti tradizionali, un uso strategico e vincente di nuove forme di comunicazione ed aggregazione, la scelta di schierarsi apertamente contro le politiche di austerità proposte a livello Europeo e la grande finanza. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.
L’Italia è stata negli ultimi cento anni un generatore di nuovi fenomeni politici. Dal partito milizia diMussolini, alla terza via berlingueriana, al partito azienda di Berlusconi. Oggi il Movimento 5 Stelle, che somiglia molto ai partiti pirati del Nord Europa ma con una base elettorale enormemente maggiore, si configura come un fenomeno politico dai contorni sconosciuti (anche agli stessi ‘grillini’). Come tutti i movimenti innovatori porta con se paure, quella del populismo e di scenari Orwelliani, ma anche una carica esplosiva che nel breve periodo può contribuire al rinnovamento dei partiti tradizionali, spingendoli a fare una serie di riforme che la gente aspetta da anni. Dal conflitto di interesse alle leggi anticorruzione, dalla nuova legge elettorale al taglio dei costi della politica, ad una riforma seria del mercato del lavoro.
Spesso ci siamo trovati a criticare i partiti tradizionali, sottolineando la loro mancanza di coraggio nel riformare il paese. Oggi sta a tutti noi, sfruttare questo momento di rottura epocale, per riempiere finalmente la parola rinnovamento di contenuti. Non è una sfida semplice ma la presenza del Movimento 5 stelle in parlamento obbliga il centrosinistra a guardare in faccia la trasformazione del paese, accogliendo alcune istanze che da troppo tempo aveva dimenticato.
(a) La coalizione di centrodestra tra il 2008 e il 2013 ha perso più di 8 milioni di voti. Non è vero che gli italiani continuano a votare Berlusconi allo stesso modo. Se Berlusconi è riuscito nel suo intento di ‘pareggiare’ è soprattutto per l’esistenza di una legge elettorale assurda e per il crollo del centrosinistra.
(b) Il centrosinistra ha perso nel giro di cinque anni più di 3.5 milioni di voti. Se si guarda ai voti ottenuti dall’Unione nel 2006, la situazione appare ancora più drammatica, la coalizione di Bersaniraccoglie poco più della metà di quella messa insieme da Prodi.
(c) Monti non è riuscito a sfondare come qualcuno si aspettava. La discesa in campo del professore ha però avuto l’effetto di azzerare Udc e Fli. Questi due partiti sembrano mestamente uscire di scena (io non ne sentirò la mancanza).
(d) Viene confermato il trend della progressiva sparizione della sinistra radicale. Così come la sinistra arcobaleno nel 2008, anche nel 2013 il raggruppamento più radicale capeggiato da Ingroia, non entra in parlamento. Forse anche qui urge un cambio totale di strategia. Modernizzare la sinistra sull’esempio di Mélenchon in Francia e Die Linke in Germania potrebbe essere una tappa obbligata.
(e) Il voto del sud contro il centrosinistra (specialmente in Puglia) è un segnale pesantissimo. Bersani in conferenza stampa lo attribuisce alla gravità della situazione meridionale e alla presa più forte del populismo. Io da calabrese che non se l’è sentita per l’ennesima volta di turarsi il naso, penso invece che la gente si sia stancata di votare certe facce.
(f) Astensionismo record che deve spingerci ad interrogarci sulla disaffezione crescente tra gli elettori (trend a dire la verità molto più accentuato in altri paesi Europei che in Italia). Quando non ci sono alternative valide molta più gente resta a casa.
In Italia, diversamente da Francia e Grecia, il centrosinistra non ha catturato il voto di chi si oppone alle misure antiausterità. La differenza tra Francia, Grecia e Italia, è che noi non abbiamo un partito progressista capace di intercettare questi voti con un programma organico e convincente. Molti elettori tradizionalmente fedeli al centrosinistra se ne sono discostati (rifugiandosi nell’astensione o nel voto per il movimento a cinque stelle), identificando questo schieramento politico con posizioni neoliberali vicine a quelle di Monti. Al di là delle dinamiche elettorali questo tema è un problema di lungo corso del centrosinistra italiano, tedesco e inglese. E’ forse arrivato il momento di mandare in soffitta la terza via di blairiana memoria e l’avvicinamento alle politiche neoliberali per ritornare su posizioni più progressiste. C’è bisogno di un’agenda per la redistribuzione da condividere a livello Europeo.
Ma occorre guardare con attenzione ed occhio scevro da pregiudizi al Movimento 5 Stelle. Il boom del movimento è spiegato da tanti fattori concomitanti: l’insoddisfazione per la classe politica e la corruzione dilagante nei partiti, una partecipazione che nasce dal basso e che non ha voglia di essere mediata dai partiti tradizionali, un uso strategico e vincente di nuove forme di comunicazione ed aggregazione, la scelta di schierarsi apertamente contro le politiche di austerità proposte a livello Europeo e la grande finanza. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.
L’Italia è stata negli ultimi cento anni un generatore di nuovi fenomeni politici. Dal partito milizia diMussolini, alla terza via berlingueriana, al partito azienda di Berlusconi. Oggi il Movimento 5 Stelle, che somiglia molto ai partiti pirati del Nord Europa ma con una base elettorale enormemente maggiore, si configura come un fenomeno politico dai contorni sconosciuti (anche agli stessi ‘grillini’). Come tutti i movimenti innovatori porta con se paure, quella del populismo e di scenari Orwelliani, ma anche una carica esplosiva che nel breve periodo può contribuire al rinnovamento dei partiti tradizionali, spingendoli a fare una serie di riforme che la gente aspetta da anni. Dal conflitto di interesse alle leggi anticorruzione, dalla nuova legge elettorale al taglio dei costi della politica, ad una riforma seria del mercato del lavoro.
Spesso ci siamo trovati a criticare i partiti tradizionali, sottolineando la loro mancanza di coraggio nel riformare il paese. Oggi sta a tutti noi, sfruttare questo momento di rottura epocale, per riempiere finalmente la parola rinnovamento di contenuti. Non è una sfida semplice ma la presenza del Movimento 5 stelle in parlamento obbliga il centrosinistra a guardare in faccia la trasformazione del paese, accogliendo alcune istanze che da troppo tempo aveva dimenticato.
Analizzando i risultati da un punto di vista prospettico, il voto conferma, se mai se ne avvertisse il bisogno, che il Paese non vuole le riforme strutturali, bensì vuole le riforme personali, quelle che premiano le singole individualità.
Dunque vuole il diritto al mare, alla barca, a una vita agiata e a cene pagate. Sarà mica solo un privilegio di Roberto Formigoni? Ogni tanto ne avrebbe diritto anche il cittadino comune come ognuno di noi.
Insomma ha premiato la politica elettorale berlusconiana, regalare sogni come la restituzione dei soldi dell’Imu. E' stato un colpo grossissimo. Dopodiché l’altra cosa che mi ricordo sempre e che non viene mai scritta è che Silvio Berlusconi è uno che sa fare molto bene le campagne elettorali divertendosi tantissimo. Da questo punto di vista è un trascinatore. I contenuti in un certo senso sono secondari, ma non dimentichiamoci che c’è un elettorato consistente di centrodestra inattaccabile per il centrosinistra. Mai lo ha raggiunto e sembra che continuerà così. Si pensi a quando si è presentato uno come il rottamatore del Pd Matteo Renzi, che qualche possibilità ce l’avrebbe forse avuta: dal partito ha ricevuto solo accuse. Così facendo il centrosinistra si dà la zappa sui piedi. E da questo punto di vista la sconfitta del Pd non è nei confronti di Berlusconi, ma di Grillo.
In effetti i voti che mancano al PD sono quelli andati al M5s, non quelli andati al PDL. Grillo ha portato via almeno un terzo dell’elettorato al centrosinistra. Il che si traduce in una indubbia vittoria di Beppe Grillo.
Probabilmente a Bersani è mancata quella capacità di fare campagna elettorale in maniera un po’ originale, un po’ innovativa, perché è inutile definirsi semplicemente il capo di un collettivo. Il capo di un collettivo bisogna pur che ce l’abbia qualche idea in più, qualcosa di motivante, rispetto ai concorrenti. Questo non si è visto nel Pd, che invece ha esibito una sicumera controproducente alla prova dei fatti.
Insomma questo voto evidenzia il moto di rabbia, protesta, cambiamento che attraversa, sconquassandola, le viscere della "vecchia politica" evidenziando però, nel contempo, l'arroccamento di buona parte dell'elettorato su visuali miopi e personalistiche, indifferenti alla necessità di esprimersi per la tutela del bene comune ma sensibili soltanto alla difesa di rendite di posizione acquisite ed alla tutela di vantaggi particolari presenti o futuri.
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