In un rapporto della Gdf la prova che l'ex tesoriere del partito fece rientrate parte di fondi con lo scudo fiscale. Le indagini proseguono e le carte giudiziarie sembrano sgretolare la tesi di un'operazione portata avanti da una sola persona
Appropriazione indebita. Sul tavolo 13 milioni di euro prima scomparsi e poi intascati da Luigi Lusi, tesoriere della ex Margherita. Che fine hanno fatto? In parte, ammette lo stesso senatore Pd, ieri espulso dal gruppo di palazzo Madama, sono serviti per pagare le tasse e acquistare appartamenti extra-lusso. Il tutto a insaputa dei vertici, in particolare dell’allora segretario Francesco Rutelli? La prima tesi appare questa. I maggiorenti del partito sciolto nel 2007 e confluito nel Pd, ribadiscono il tema scaricando la colpa su Lusi. Una posizione che appare fragile, soprattutto alla luce dei nuovi sviluppi investigativi. Sì, perché, si scopre ora, che parte di quel denaro nel 2009 è rientrato in Italia grazie allo scudo fiscale. Questo sta scritta in alcuni accertamenti della Guardia di finanza. E dunque, di nuovo la domanda: è possibile che Lusi abbia fatto tutto da solo?

Proseguiamo. Il denaro sottratto dal tesoriere, nonostante sia stato frazionato in novanta bonifici, confluisce tutto alla Ttt srl, società della quale Lusi risulta unico proprietario. La società per anni ha avuto l’incarico di effettuare consulenza per conto della Margherita. Ancora: l’intera srl è partecipata al 100 dalla Luigia Ltd con sede a Toronto in Canada. Il gioco è quello classico delle scatole cinesi. Obiettivo: occultare il denaro e dare il via a investimenti immobiliari. Uno di questi, l’affare romano del palazzo di via Monserrato, inceppa il meccanismo. Da qui parte tutta l’inchiesta. Ma c’è di più: l’amministratore unico della Ttt è Paolo Piva che fu consulente per la viabilità durante il periodo in cui Rutelli fu sindaco di Roma. E dunque, di nuovo la domanda: possibile non sapesse?

Dopodiché c’è la disputa civile che oggi emerge con chiarezza e ribadisce il concetto: i vertici non potevano non sapere. Ricapitoliamo: nel luglio scorso ex appartenenti alla Margherita si rivolgono al tribunale di Roma. impugnando la validità dei rendiconti dal 2009 al 2010. Il contenuto del ricorso è chiaro: “Nessun rendiconto poteva essere approvato se non dall’Assemblea federale”. Che fa Lusi? Si oppone al ricorso e anzi rilancia. Vuole resistere “all’impugnazione” chiedendo di valutare improcedibili le domande. E’ tutta farina del suo sacco? No, perché la citazione chiama in causa il partito e il partito come tale risponde. Possibile, ancora una volta, che nessuno sapesse?

La tesi, ormai, fa acqua da tutte le parte. Lusi “mariuolo” a insaputa dell’ex leader Rutelli? Di nuovo per capire basta compulsare i rendiconti dal 2008 al 2011. Lo fa oggi Repubblica. E inizia dal 2008, quando, a pochi mesi dall’essere confluita nel Pd, l’ex Margherita mette a bilancio “spese elettorali e di propaganda” per oltre dieci milioni di euro. Costi molto alti per un partito ormai dismesso. Tre anni dopo nessuno più si ricorda della Margherita. Eppure a bilancio si trovano 25 milioni, mentre Lusi iscrive oltre tre milioni di spese “di propaganda e comunicazione”.

Spese o voci gonfiate? I pm non hanni dubbi. Dentro a quelle cifre ci sono i novanta bonifici per 13 milioni di euro. Di questi oggi Lusi è disposto a restituirne cinque. Proposta che proprio oggi verrà vagliata dagli ex leader della Margherita.

Una vicenda che limpidamente mette in risalto la drammaticità del vivere in Italia. In un momento in cui la lotta all'evasione assomiglia alla caccia all'untore di manzoniana memoria il caso Lusi restituisce empiricamente una verità taciuta dai media e scomoda per i poteri forti: l'evasione reale, quella che incide notevolmente sul PIL, quella dei 180 miliardi annui non appartiene alle piccole categorie di lavoratori, tassisti, piccoli imprenditori, commercianti vessati da una pressione fiscale improponibile. Eppure l'attenzione mediatica è tutta per loro mentre altri portano illecitamente all'estero capitali di dubbia provenienza per approfittare poi dello scudo fiscale per riportarli indietro ad un tasso irrisorio. 

fonte: il fatto quotidiano 02-02-2012