L'intervista allo "Spiegel" del presidente del consiglio non è stata accolta bene dai tedeschi. E' probabile che questo fosse l'intento di Mario Monti che ha mandato a dire alla Germania di stare attenta a non suscitare sentimenti antitedeschi e alla Merkel di non lasciarsi comandare dal Parlamento. Operazione riuscita, politici e stampa berlinesi si scagliano contro Roma.

Pioggia di critiche su Mario Monti da parte di politici tedeschi di destra e sinistra dopo l'intervista allo 'Spiegel'. Il premier italiano non e' piaciuto nemmeno alla stampa di Berlino che oggi lo attacca in particolare sulla frase riguardante i presunti vincoli parlamentari all'azione di governo. Le borse procedono positive, lo spread tra Btp decennali e Bund tedeschi equivalenti e' stabile intorno ai 460 punti. E sempre oggi il portavoce di Angela Merkel, fa sapere che il cancelliere tedesco non condivide i timori di una rottura dell'Eurozona espressi nella stessa intervista da Monti. Il cancelliere invita anche a una "maggiore calma" nel dibattito politico sulle risposte alla crisi e, a proposito dell'apertura della Bce all'acquisto di titoli di Stato dei paesi in difficoltà, afferma che "il governo tedesco non ha il minimo dubbio che tutto cio' che la Bce sta facendo o farà rientri nel suo mandato". Pesanti le critiche a Monti dal mondo politico tedesco. Il segretario della Csu bavarese, Alexander Dobrindt, parla di "attentato alla democrazia", aggiungendo che "la brama di soldi dei contribuenti tedeschi spinge il signor Monti a un florilegio anti-democratico". "Il signor Monti ha bisogno evidentemente di una chiara risposta che noi tedeschi non saremo disposti ad abrogare la nostra democrazia per finanziare i debiti italiani". L'allusione è alla frase pronunciata nell'intervista da Monti, secondo il quale, "se i governi si facessero vincolare del tutto dalle decisioni dei loro Parlamenti, senza mantenere un proprio spazio di manovra, allora una disintegrazione dell'Europa sarebbe piu' probabile di un'integrazione". Le affermazioni di Monti non sono piaciute nemmeno al deputato liberale Frank Scheffler, secondo il quale "Monti vuole risolvere i suoi problemi a spese dei contribuenti tedeschi e li impacchetta in una lirica europea". Anche il presidente dei liberali tedeschi al Bundestag, Rainer Bruederle, afferma che in fatto di riforme "bisogna fare attenzione a che l'Europa rimanga democraticamente legittimata". Negativa infine pure la reazione del vice capogruppo socialdemocratico, Joachim Poss, per il quale "l'accettazione dell'euro ed il suo salvataggio sono rafforzati dai parlamenti nazionali e non indeboliti". Il deputato della Spd aggiunge che in Italia "gli inenarrabili anni del berlusconismo hanno fatto soffrire il senso del parlamentarismo".


Sembra davvero che i primi a non volere gli Stati Uniti d'Europa siano proprio i tedeschi: la cessione di sovranità cui ciascun Paese è chiamato in virtù di una integrazione politica oltre che economica e sociale è un dazio che dopo 20 anni forse i popoli d'europa son riusciti ad assimilare. Sono forse proprio I padri fondatori dell'Europa unita che non hanno del tutto compreso che la cessione di sovranità è un modo per ricreare nei popoli la fiducia nella politica nazionale rendendo impossibili nuove guerre e creando un largo mercato motore di benessere dopo l'impoverimento prodotto dalle autarchie. Sicuramente non è un percorso né facile né idilliaco: le resistenze degli interessi costituiti sono enormi in ogni Paese. Deve essere la "politica", guardando oltre il futuro immediato, a essere l'artefice della propria rilegittimazione. Ma se la Germania in primis "rigurgita" il boccone avvelenato della integrazione europea bisogna adesso pensare ed avviare una exit strategy dal "pasticcio unito", questo vicolo cieco imboccato 20 anni fa, a questo punto con poco senso di responsabilità e scarsa lungimiranza politica. Eppure sembra piuttosto ovvio, almeno a noi, che "unità europea" e "cessione di sovranità" non siano una contraddizione in termini ma elementi conseguenziali dello stesso processo politico ed economico. Ci si chiede a questo punto a cosa siano serviti i finanziamenti salva Irlanda, salva Portogallo, salva Grecia, salva Spagna se poi il destino rimane comunque una politica autarchica di risoluzione delle problematiche: l'euro è già morto, il sogno di una europa unita è tragicamente svanito, nessuno ha il coraggio di ammetterlo, il risveglio sarà un nuovo dopoguerra.