Il ministro degli Interni Angelino Alfano si deve dimettere subito, per la vergognosa figura in cui ha sprofondato l’Italia con il caso Ablayazov. Inizia con un attacco durissimo al responsabile del Viminale l’editoriale odierno de “La Repubblica”, firmato dal suo direttore, Ezio Mauro. Una critica che coinvolge anche il ministro degli Esteri Emma Bonino, accusata anch’ella di essersi comportata in modo ponziopilatesco sulle responsabilità del governo italiano sul trasferimento in patria della moglie e della figlia del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov. Secondo Ezio Mauro l’espulsione di Alma Shalabayeva e di sua figlia Alua, avvenuta con una maxi operazione della polizia, che ha consegnato al satrapo Nazarbaev la famiglia di uno dei più noti dissidenti del suo regime, che si basa sullo sfruttamento del gas, è di per se motivo di chiaro imbarazzo per qualsiasi governo democratico. Le ricchezze minerarie regalano al Kazakistan una forte rete di complicità internazionali, nelle quali, rimarca il direttore de “La Repubblica”, c’è in prima linea anche il “putiniano Berlusconi”: un fattore di ulteriore sdegno provocato da questa vicenda.

Lo scenario nel quale è avvenuto il caso Ablyazov dovrebbe motivare una chiara assunzione di responsabilità da parte dei vertici istituzionali, ma ci sono ulteriori motivi che rendono necessarie le dimissioni di Angelino Alfano. Il ministro dell’Interno, e vice presidente del Consiglio, ha pubblicamente dichiarato di non aver saputo alcunché sull’operazione che ha riportato Alma Shalabayeva e sua figlia Alua in Kazakistan. Come rimarca Ezio Mauro, “un ministro che non è a conoscenza di un’operazione del genere e non controlla le polizie è insieme responsabile di tutto e buono a nulla: deve dunque dimettersi”. Una richiesta di dimissioni rafforzata dal contatto tra il capo di Gabinetto del Viminale e l’ambasciatore kazako a Roma che ha dato il via all’operazione. “Se Alfano era il regista del contatto, o se ne è stato informato, deve dimettersi perché tutto riporta a lui. Se davvero non sapeva, deve dimettersi perché evidentemente la sede è vacante, le burocrazie di sicurezza spadroneggiano ignorando i punti di crisi internazionale, il Paese non è garantito”.

La chiusa dell’editoriale di Ezio Mauro è dedicata ad il ministro degli Esteri, Emma Bonino. Il titolare della Farnesina si trova, sottolinea il direttore de “La Repubblica”, in una posizione di contrasto con il suo passato di dirigente del Partito Radicale, formazione che si è sempre distinta per la difesa dei diritti umani. Ora invece la Bonino difende “il non sapevo di un governo pilatesco”. Ezio Mauro consiglia al ministro degli Esteri di partire immediatamente per il Kazikistan, al fine di chiedere il ritorno in Italia di chi era arrivato nel nostro paese confidando nella tutela delle libertà delle democrazie occidentali. ” E per superare la vergogna di quanto accaduto, porti la notizia – tardiva ma inevitabile – delle dimissioni di Alfano”.

Almeno Emma Bonino parla e riconosce di star male, di perseguire la salvezza di madre e figlia nonchè la ricerca della verità fin dal 31 maggio scorso. Cioè il giorno in cui Alma e Alua Ablyazov furono trascinate a forza da poliziotti italiani a bordo di un aereo privato messo a disposizione del Kazakhstan per farne degli ostaggi innocenti nella caccia che il presidente-dittatore dà al suo oppositore Mukhtar Ablayzov. Mi auguro che Angelino Alfano sia consapevole della dimensione morale dell’accaduto: una donna innocente e sua figlia piccola private dallo Stato italiano della protezione cui avevano diritto, sequestrate ignorando il loro status di perseguitate, rifiutando di verificare la copertura diplomatica di cui godevano, consegnate a un regime ben noto per la sua illiberalità. Si chiama vigliaccheria, codardia. Un maschio siciliano amante della cavalleria dovrebbe sentirsi ferito nell’onore. Gridare, addirittura, dalla vergogna. Poi viene la politica, ma solo poi. Le amicizie col regime di Nazarbayev, gli interessi energetici e gli eventuali inconfessabili intrecci finanziari.
Di questa abiezione morale all’italiana fa parte anche l’esistenza, confermata in questa storia, di un sotto-livello dello Stato che sfugge al controllo dell’autorità politica. Il regno indisturbato dei Bisignani, tanto per capirci, cioè quei personaggi che sguazzano fra l’Eni e i servizi segreti e la magistratura e la diplomazia, precedendo e sottomettendo chi sarebbe titolato a prendere decisioni delicate. Piacciono molto, simili personaggi che, quando cadono in disgrazia, si difendono scrivendo libri di successo. Ma questa, rivelata dal caso Ablayzov, è la dimensione morale cui conducono il nostro paese. 
Abbiamo un vicepremier che dice di non venire informato dal suo capo di gabinetto su fatti di primaria importanza. Un ministro degli esteri che combatte da una vita per i diritti civili e la prima volta che può avere un ruolo in materia è almeno assente. Un vice presidente del senato che paragona il primo ministro nero della nostra Repubblica a uno scimmione. Metà del partito dell'attuale premier che si vergogna del governo. La quasi totalità dello stesso partito che lotta per scongiurare il rischio di essere guidato dal suo dirigente più popolare. L'intero partito dirimpettaio che vive come l'approssimarsi dell'Apocalisse un'udienza della Cassazione.
Il baratro in cui è sprofondato il nostro Paese non è soltanto quello della crisi economica e finanziaria: è un abisso morale, una voragine di civiltà, una foiba culturale. Il caso Kazakistan e gli insulti a sfondo xenofobo di un rappresentante delle istituzioni repubblicane sono il sunto della decomposizione politica italiana e della deriva culturale e sociologica, della povertà di idee e contenuti, del miserrimo livello di  civiltà come popolo cui la incapacità di Istituzioni e Politica di dare risposte a problemi di ordinaria quotidianità e di tolleranza civile, ci hanno condannato. In una era di continui e repentini sconvolgimenti politici e sociali il tema della integrazione in una società multietnica non ha affatto un ruolo marginale. Così come non sono di secondaria importanza il rispetto dei diritti dei cittadini, delle immunità diplomatiche, della dignità come Nazione a dispetto di sottesi interessi economici. A dispetto di tutto ciò nessuno pensa minimamente a dimettersi, come se fosse tutto normale, un paese in cui tutto è "normalmente dovuto", tranne le proprie dimissioni.