Mentre la vigilanza va alla Bce via Nazionale resta un carrozzone da 7mila dipendenti che costa cifre mostruose tra stipendi, diarie per missioni e trasferimenti. E poi 15 milioni per i videocitofoni nuovi di zecca, poltrone d'oro e consulenze per tutti. E ancora sprechi, appalti milionari, doppi incarichi. Ecco come il tesoretto degli italiani si disperde, sotto gli occhi distratti del governo


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Bruxelles arriva la resa dei conti sull’acquisto di titoli di Stato dei Paesi in crisi e già si profila lo tsunami della vigilanza centralizzata che porterà ulteriore scompiglio negli assetti di potere delle banche nazionali. Come risponderà a tutto questo la Banca d’Italia? In via Nazionale si guarda ai prossimi direttivi della Bce con crescente apprensione e intanto si varano speciali contromisure: un plotone di giardinieri armati di semi, piante ornamentali e annaffiatoi pronti a sparare sul mercato una micidiale raffica di fiori. Fiori per sette milioni di euro. Tanto costa la manutenzione delle piante e dei giardini nelle sedi di rappresentanza e nel parco sportivo del Tuscolano a Frascati, quartier generale dell’istituto con campi da tennis, calcio e piscina. Non mancano progetti per l’orto didattico e la raccolta delle olive made in Bankitalia. E se non si fermano gli attacchi speculativi? Suoniamo l’allarme generale aggrappati ai videocitofoni e campanelli nuovi di zecca da 15 milioni di euro appena acquistati. 
Tutto pagato con fondi propri della Banca d’Italia, cioè nostri. Perché pur essendo in mano a banche private, che detengono il 94,33% delle quote, la Banca d’Italia è un istituto di diritto pubblico ed esercita su mandato la funzione di Tesoreria dello Stato. Alla fine dei conti il bilancio è sempre attivo grazie alla gestione del portafoglio di titoli pubblici e riserve (nel 2011 ha prodotto utili per 1,1 miliardi): in pratica, l’istituto ha nel suo forziere i buoni dello stato acquistati dagli italiani e le riserve auree. Ma tanti sono anche i soldi che volano letteralmente fuori dalla finestra di Palazzo Koch.
Spese difficili da mandar giù in tempi di crisi e più ancora da quando la Banca d’Italia s’è ristretta. Da tempo non si occupa più di politica monetaria e presto anche i compiti di vigilanza andranno a Francoforte. “Sprechi e inefficienze ci sono ovunque ma la Banca d’Italia è un’eccellenza rispetto alle altre banche centrali europee”, spiega Donato Masciandaro, docente di economia monetaria alla Bocconi e direttore del Centro Paolo Baffi su banche centrali e regolamentazione finanziaria: “Il punto vero – continua – è che presto dovrà essere presto riformata in profondità per sostenere l’urto del nascente sistema di vigilanza accentrato nella Bce”. Intanto, però, i costi restano extra-large. Sulle spalle degli italiani è infatti rimasto il carrozzone dei tempi gloriosi, con un carico di settemila dipendenti, centinaia di immobili di pregio e una serie di costi, sprechi e privilegi che partono dall’alto: il presidente Ignazio Visco, per fare un esempio, guadagna 750mila euro l’anno, cioè il doppio dell’omologo tedesco Jens Weidmann, capo della potente Bundesbank che ha tenuto al guinzaglio i governi di mezza Europa sull’acquisto di titolo di Stato dei Paesi in crisi.
Ai tempi del rigore era inevitabile che la spending review bussasse al 91 di via Nazionale. Lo ha fatto però in punta di piedi, battendo un colpo all’ultimo minuto con un emendamento dei relatori al Senato poi ribadito dal governo, nero su bianco, giusto la settimana scorsa: a partire dal 2013 anche il salotto delle banche dovrà adeguarsi ai dettami della revisione di spesa con tagli su auto blu, ferie, buoni pasto e consulenze. Ma a ben guardare sarà una potatura leggera perché bilancio, affidamenti, acquisti della Banca d’Italia rivelano ben altri sprechi e risorse, mele d’oro in un giardino delle Esperidi dove neppure i super tecnici s’addentrano. E allora ecco come si disperde l’oro degli italiani sotto l’occhio distratto del governo.
Esercito di dipendenti e poltrone d’oro. Visco: un tecnico da 750mila euroA scorrere il bilancio della Banca d’Italia due voci balzano all’occhio: il costo del personale per 819 milioni e le spese di amministrazione per 420. Cifre mostruose a discapito di un ruolo sempre più ridotto a favore della Bce. Partiamo dalla punta dell’iceberg perché in Banca d’Italia è d’oro anche quella. Il direttorio di nomina governativa che controlla l’autorità bancaria costa in organi collegiali e periferici 3,1 milioni di euro l’anno in compensi. Ma non si tratta di centinaia di persone ma poche decine: i 13 consiglieri superiori prendono 371mila euro, i cinque componenti del collegio sindacale 137mila. Ed ecco la punta, platino: al governatore Ignazio Visco, come detto, vanno 757.714 euro, al direttore generale Fabrizio Saccomanni vanno 593mila euro, i quattro vice-direttori (oggi tre, perché il 12 luglio Anna Maria Tarantola ha lasciato l’incarico per assumere la presidenza della Rai) hanno emolumenti da 441mila euro
I dipendenti sono 7.315 con 2mila tra funzionari e dirigenti mentre il precariato è poco da queste parti, il personale a contratto si ferma a 33 unità. Il punto è che questo personale da anni è in sovrannumero e finisce per costare una follia: 819 milioni di euro l’anno tra stipendi, accantonamenti per oneri maturati, diarie per missioni e trasferimenti. La spesa media per dipendente è di 109.300 euro. Com’è possibile? Semplice, il personale della Banca d’Italia eredita le conquiste degli anni migliori sul fronte dei trattamenti economici e dei servizi interni. Roba da gridare hip hip hooray! se il costo poi non ricadesse sugli altri italiani che questi “servizi” ormai se li sognano. Ecco alcuni esempi. L’assistenza sanitaria privata costa 32 milioni di euro l’anno, l’assicurazione 33,5 (fino al 2015). Il taglio dei buoni pasto della spending si farà sentire poco da queste parti. Le sedi di Roma, Frascati e 11 filiali hanno la sede interna: in cinque anni costa 41 milioni, otto all’anno. Le altre filiali hanno servizi mensa in convenzione. Il servizio di trasporto per i tragitti casa-lavoro per il personale dell’area romana un milione e due.
Prima che Draghi lasciasse via Nazionale per andare in Europa ha preferito esser certo che laggiù, a Roma, capissero bene quando dall’Eurotower parla di spread e fiscal compact. Così la Banca d’Italia ha affidato a un’agenzia un programma di formazione di inglese da 620mila euro, che per dei corsi di lingua non sono noccioline, soprattutto perché i bandi di assunzione dell’ente richiedono espressamente una conoscenza avanzata dell’inglese. Prima dell’assunzione, non dopo. Senza contare che da anni sette consulenti-traduttori sono a libro paga dell’ente al costo di mezzo milione di euro. E qui si apre il capitolo consulenze, un dossier sempre corposo e soprattutto costoso visto che al 30 agosto i consulenti esterni a libro paga di Bankitalia sono già 112 e totalizzano incarichi per due milioni e mezzo di euro. Alcuni sono plurimi e molti affondano le radici in rapporti che si sono persi nel tempo, rinnovati di anno in anno fin dagli anni Novanta e senza un termine o soluzione di continuità. La spending review qui non ci mette mano. 
Bankitalia real estateFin qui il personale. Ma a gravare sui conti dell’istituto sono anche i costi di struttura legati alla manutenzione di un patrimonio immobiliare sterminato che la Banca d’Italia ha collezionato dai tempi della sua nascita a oggi. Correva l’anno 1893, la capitale era Firenze e c’era ancora Umberto I. Da allora la corsa al mattone dell’istituto non si è più fermata e nell’anno corrente – dicono i bilanci di via Nazionale – il patrimonio per fini istituzionali ha raggiunto una consistenza pari 4,2 miliardi (1.3 quelli a garanzia dei trattamenti di quiescenza del personale). Un centinaio di immobili, per la maggior parte stabili di gran pregio nei centri storici delle città capoluogo di regione e provincia dello Stivale (oltre a terreni per una valore di quasi due miliardi). Alcuni beni non più necessari sono in affitto (dalle locazioni entrano 27 milioni) mentre nel triennio 2008-2010 una parte eccedente del patrimonio è stata razionalizzata fino alla chiusura di 39 sedi provinciali. Nel 2010 è partita l’operazione di vendita di oltre 60 immobili affidata a un’advisor (Colliers International Italia – EXITone) per due milioni di euro. Dovevano arrivare 326 milionima ancora nessuno è stato venduto e i tempi stringono perché l’operazione era prevista entro tre anni. Siamo ancora alla pubblicazione del primo lotto da 16 immobili. Il secondo dovrebbe arrivare in autunno.
L’attuale rete operativa conta 20 filiali regionali e provinciali, 25 sportelli e 18 centri per la vigilanza, trattamento del contante, tesoreria dello Stato. Più tre sedi distaccate a New York, Londra e Tokyo.
Il budget per la manutenzione di questo patrimonio, stando agli affidamenti in corso, ha un budget 30 milioni di euro. Gli edifici del centro storico della Capitale ne impegneranno altri 14,6. Solo per mettere telecamere e citofoni al complesso di via Nazionale 91, Tuscolana e del Centro Donato Menichella a Frascati si stanno per spendere in progettazione, installazione e mantenimento 15 milioni (oltre Iva). Poi c’è l’area di via Tuscolano 417, quartier generale dell’istituto, che ha in corso affidamenti per 21 milioni. Per gli edifici romani e per il “Centro Donato Menichella” di Frascati, che ospita buona parte delle strutture di elaborazione dati, è in arrivo una green revolution: è in corso di affidamento una gara per la manutenzione del verde e il noleggio di piante ornamentali, fioriere, composizioni di fiori recisi e aiuole per sette milioni di euro. Solo gli interventi di manutenzione dell’ex Cinema Quirinale, portone di rappresentanza della Banca, costano 3 milioni di euro.
Il turismo è in crisi? Domanda da 8 milioni di euroIl fiore all’occhiello di Bankitalia è sempre stato il suo Ufficio Studi, munifico produttore di studi comparati, analisi dei settori produttivi e degli scenari economici. Alcuni studiosi, imprenditori e giornalisti hanno però iniziato a rimpiangere gli anni d’oro, la stessa Confindustria ha lamentato che anche questo ramo di attività si sta seccando. L’ultima relazione annuale al Parlamento, a onor del vero, da conto di una grande attività con 950 note congiunturali sull’Italia, l’area euro e i mercati internazionali e ancora studi su studi. Ma i programmi di ricerca vengono fatti spesso all’esterno con costi esorbitanti.
Qualche esempio. Che il turismo sia fiacco lo sanno tutti, basta chiedere a un albergatore di Venezia o Riccione. Ma a Palazzo Koch vogliono vederci chiaro e così hanno commissionato una Indagine statistica campionaria (in pratica interviste) sul turismo internazionale. L’intento, semplificando, è capire quanto spendono turisti e uomini d’affari durante il loro soggiorno italiano. Peccato che per saperlo spenda otto milioni di euro e che l’ultima ricerca di questo tipo risalga ad appena tre anni fa. Bankitalia pensa anche ai bilanci delle famiglie italiane. E lo fa commissionando un’indagine per gli anni dal 2013 al 2016. Anche qui l’intento è nobile perché si tratta di capire come si distribuiscono nel tempo la ricchezza e il reddito in un Paese in crisi. Le modalità sono le classiche interviste su un campione di 10mila famiglie in 600 comuni ma il costo è di tre milioni di euro. Qualche famiglia, questa è una certezza, si sarebbe accontentata di qualche dato in meno e qualche soldo in più.

da il fatto quotidiano del 17-09-2012