Lo spot martellante che sta passando sugli schermi negli ultimi mesi, premurosamente commissionato per noi dall'Agenzia delle Entrate ci ricorda che gli evasori sono parassiti e che abbiamo il dovere di chiedere lo scontrino ad ogni acquisto. Tutto giusto se si considerasse anche come i commercianti siano vessati da una pressione fiscale crescente (attraverso il contorto sistema degli studi di settore) che inspiegabilmente aumentano sempre, senza minimamente considerare aumenti della fiscalità diretta e/o indiretta, recessioni o stagnazioni economiche, l'insorgere di eventi imprevedibili che possono pregiudicare il buon esito della attività commerciale nel corso dell'anno fiscale.
I commercianti non sono gli "unici" evasori. Sta passando il messaggio, (come sempre strumentalizzato dai media che magari vogliono distrarre la pubblica opinione dalle fonti di evasione reale e potenziale più cospicue) che i 180 miliardi (e passa) annuali di evasione, in Italia, siano frutto di scontrini fiscali mancati o parziali.... se vogliamo davvero combattere l'evasione combattiamola in tutte le sue forme e le sue espressioni. Che ne dite di un accordo sui patrimoni nascosti con la Svizzera (come Germania e Regno unito)?

Pochi giorni prima che il governo italiano varasse la tanto discussa manovra bis, il 10 agosto Germania e Svizzera siglavano un accordo bilaterale destinato ad entrare in vigore all’inizio del 2013. In cambio del mantenimento del segreto bancario (mitigato, di recente, su richiesta dell’OCSE) e di importanti facilitazioni per l’accesso delle banche svizzere in territorio tedesco, la Svizzera si impegna ad applicare, a vantaggio dell’Erario tedesco, un’imposta annuale – anonima – del 26,375% (non il 5% come previsto dallo scudo fiscale previsto dal precedente governo Berlusconi), sui redditi finanziari prodotti dai patrimoni dei cittadini tedeschi. Il prelievo copre interamente le imposte che si sarebbero applicate in Germania sui medesimi redditi e si applica anche sui redditi finanziari dei contribuenti tedeschi beneficiari di particolari enti e strumenti contrattuali come fondazioni, società di sede offshore trust non discrezionali, Anstalten; è in grado, quindi, di garantire incassi notevolmente superiori a quelli dell’euroritenuta della direttiva risparmio. Per il passato, l’accordo prevede un prelievo forfetario una tantum - una vera e propria imposta patrimoniale - che inciderà pesantemente sullo stock dei depositi (e non sui soli flussi) con aliquote che, in ragione degli anni di deposito e dell’ammontare delle consistenze, oscillano tra il 19 e il 34 per cento. L’incasso è stimato in circa 4 miliardi di franchi svizzeri (ossia, ai cambi attuali, poco meno di 4 miliardi di euro), 2 dei quali saranno immediatamente anticipati dalle banche svizzere quando l’accordo entrerà in vigore.

Alfredo Gysi, Ceo della banca BSI, ha evidenziato come, con questo accordo, il segreto bancario svizzero riesca a valorizzare la propria funzione di tutela della sfera privata, senza più risultare indissolubilmente legato al tema dell’evasione fiscale. A tal proposito, il Fisco tedesco non solo riesce ad ottenere le imposte dovute dai propri contribuenti, ma mette a segno un altro importante risultato: la facoltà di richiedere informazioni finanziarie relative ad un determinato cliente, anche senza indicare la banca in cui potrebbero essere depositati i capitali.

E’ dunque un compromesso che reca importanti vantaggi ad entrambi gli Stati contraenti e che, a breve, dovrebbe essere concluso anche tra Svizzera e Regno Unito.

Grande assente, ancora una volta, l’Italia. Il nostro paese non è riuscito a concludere nessun accordo sullo scambio di informazioni (TIEAs) che invece gli altri grandi partner Ocse hanno stipulato, negli ultimi due anni, con decine di paesi (anche a fiscalità privilegiata); inoltre, il ministro Tremonti si è fatto promotore di una linea di difesa della ‘trasparenza’ tanto intransigente quanto del tutto inefficace. In particolare con la Svizzera sono stati pubblicamente usati toni da crociata, della serie ‘o tutto o nulla’. E, puntualmente, non abbiamo ottenuto nulla. C’è da credere, del resto, che fosse proprio questo il reale obiettivo di tanta ‘agitazione’, un obiettivo del tutto coerente con l’indirizzo di un governo che, in epoca non lontana, ha giustificato l’evasione – davanti allo stato maggiore della Guardia di Finanza – come strumento di legittima difesa contro un livello impositivo troppo alto.

Ora che le aliquote massime sono state portate, proprio da questo governo dal 45 per cento (addizionali comprese) a oltre il 50 per cento, il mancato accordo con la Svizzera garantirà un utile salvacondotto ai capitali di nuovo prepotentemente in uscita dall’Italia. Mentre si tagliano i servizi che gli enti locali non saranno più in grado di garantire e che colpiranno soprattutto i più deboli, mentre si introducono aliquote da esproprio, tra le più alte al mondo, sui redditi superiori ai 90.000 euro che, in Italia, sono “dichiarati” da poco più di 600,000 contribuenti, di cui circa 440.000 dipendenti e pensionati, gli evasori continuano a sottrarsi a qualsiasi imposizione sia sui redditi di oggi che riescono ad occultare sia su quelli, evasi, di ieri che si sono trasformati in patrimoni mobiliari e immobiliari o in beni rifugio di vecchia e nuova generazione.

“La Svizzera italiana finisce le cassette” titola un articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore del 12 agosto da Alessandro Galimberti che squarcia il velo sulla attuale “fuga da tempi d’oro” dei capitali italiani verso la Svizzera, “in contanti e in proprio” per non essere ‘tracciati’ e perché, evidentemente, sono in gran parte frutto di evasione. Nella zona di Lugano molte banche - riferisce l’articolo - hanno esaurito, di fronte ad un vero e proprio assalto dei contribuenti italiani, la disponibilità di cassette di sicurezza di piccole dimensioni, più adatte ai contanti e meno onerose.

Alcuni autorevoli commentatori (tra cui Lamberto Dini) hanno escluso l’opportunità di una patrimoniale straordinaria per il timore di innestare l’espatrio all’estero dei capitali. Ma i capitali fuggono anche senza la patrimoniale, solo sentendo parlare di imposte di qualsiasi tipo e chi dovrebbe ‘inseguirli’ non è ‘riuscito’ a dotarsi (o non ha voluto dotarsi) degli strumenti contrattuali idonei a garantire, se non la trasparenza, almeno il giusto prelievo ad aliquote corrispondenti a quelle italiane. Con il risultato che essi rimangono tranquillamente anonimi e ‘esenti’.

Angela Merkel ha ‘sacrificato’ in parte la ‘trasparenza’ ma ha ottenuto una patrimoniale - anonima - che, mediamente, abbatterà di un quarto lo stock del capitale esportato, e un prelievo ordinario, annuo, sui redditi finanziari all’aliquota del 26,375 per cento.

Se il nostro Ministro dell’Economia ritiene necessario immolarsi sull’altare della più assoluta trasparenza, potrebbe, per lo meno, autorizzare la pubblicazione on line dei redditi dichiarati dai contribuenti italiani affinché sia almeno reso noto il contributo di ognuno al risanamento del paese.


Se poi volesse davvero perpetuare una proficua e continua lotta all'evasione Monti potrebbe iniziare dall'accordo con i paradisi fiscali e far rientrare i milioni di euro indebitamente depositati all'estero. Una boccata di ossigeno per le disastrate casse dello Stato, altro che 2 euro di scontrino....