Le “disposizioni urgenti per la riduzione della spesa pubblica a servizi invariati” sulla carta mantengono le promesse della vigilia riguardo alla dimensione quantitativa degli interventi. 2,5 miliardi nel 2012 e circa 11 miliardi a regime. Basteranno a scongiurare l’aumento dell’Iva, almeno fino a metà 2013, ad estendere ad altre 55.000 persone la salvaguardia per gli esodati, a finanziare la ricostruzione in Emilia. Avranno un impatto quasi nullo sull’aggiustamento fiscale (il saldo netto a regime è di circa un miliardo) ma contribuiranno a riequilibrarne la composizione: meno tasse e più tagli alla spesa. 
Nonostante vi siano misure apprezzabili e si enuncino intendimenti per certi versi rivoluzionari, come quello di dimezzare entro la fine dell’anno il numero delle province, bisogna però dire che questa non è una spending review. Buona parte dei tagli è affidata a misure di carattere generale, senza che vi sia una chiara analisi delle relative conseguenze. Un esempio è la riduzione delle piante organiche (-20 per cento per i dirigenti e -10 per cento per il personale non dirigenziale). Si tratta chiaramente di un taglio lineare. Simile il discorso per quanto riguarda la sanità, dove non c’è identificazione e contenimento degli sprechi, ma semplicemente fissazione di tetti di spesa.
Rimane il quesito di fondo: sono tagli veri? 
A riguardo rimangono molti interrogativi. Vediamone alcuni. Che implicazioni hanno i tagli lineari alle piante organiche sugli effettivi (inferiori in genere agli organici)? È stata fatta una mappatura degli esuberi? Quanti degli esuberi potranno essere gestiti con pensionamenti e quanti con le procedure di mobilità? E, nel primo caso, di quanto verranno intaccati i risparmi della riforma delle pensioni? In quali tempi tutto ciò avverrà? Ancora, quali sono gli effetti dell’accorpamento delle Province? Si parla di risparmi per 7 miliardi. Ma come si realizzeranno? Con esuberi di personale? Gestiti come? Le nuove province avranno minori competenze amministrative? Significa che una parte delle competenze attuali verranno devolute ai Comuni? E verranno trasferite a questo scopo anche le risorse finanziarie?
Quello che manca è, insomma, una serie di piani industriali, settore per settore, amministrazione per amministrazione, che è quello che si intende quando si parla di spending review. Si potrà obiettare che non c’è stato il tempo per farlo perché operazioni di questo tipo richiedono tempo e un impegno importante, in termini di persone coinvolte nella mappatura degli esuberi e nell'identificazione degli sprechi. Ma è l’obiezione che sentiamo da decenni. Non sarebbe il caso, finalmente, di cominciare?