"Evasione fiscale notevolissima”. I giudici di Milano, ed è la prima volta che accade per il reato di frode fiscale, hanno condannato Silvio Berlusconi a quattro anni. Per quella catena di intermediari e società schermo che avrebbero permesso di gonfiare i costi d’acquisto dei diritti dei film da trasmettere in tv per creare fondi neri. E’ tutto qui il processo sui diritti Mediaset che, con mastodontiche consulenze e una infinita lista di testimoni, ha impiegato quasi sei anni di dibattimento. I giudici, presieduti da Edoardo D’Avossa, hanno inflitto tre anni al produttore cinematografico Frank Agrama, considerato dalla Procura di Milano il “socio occulto” e dai giudici “vero mandatario” del Cavaliere in questa colossale truffa al Fisco: quantificata in 17,5 miliardi di lire nel 2000; in 6,6 milioni di euro nel 2001, in circa 4 milioni nel 2002, e in circa 2 milioni nel 2003. “Non è sostenibile che la società abbia subito truffe per oltre un ventennio senza neanche accorgersene”; per i giudici Berlusconi era il “dominus indiscusso” e c’è stato “un preciso progetto di evasione esplicato in un arco temporale ampio e con modalità sofisticate”. La riflessione dei magistrati si argomenta così: “Il sistema” dei diritti tv aveva un “duplice fine”: una “imponente evasione fiscale” e la “fuoriuscita” di denaro “a favore di Silvio Berlusconi” che ”rimane al verticedella gestione dei diritti” e del meccanismo fraudolento anche “dopo la discesa in campo”, perché “non c’era un altro soggetto” a gestire il sistema di frode. I giudici nelle motivazioni contestuali richiamano anche verdetto della Cassazione sul caso Mills, che prosciolse l’avvocato inglese per prescrizione dall’accusa di corruzione giudiziaria, ma attribuì al Cavaliere la paternità dei versamenti sui suoi conti: “Il giro dei diritti si inserisce in un ricorso più generale a società off-shore create da Berlusconi affidandosi a fidatissimi collaboratori”. Ma non solo perle toghe il comportamento di Berlusconi, nell’ambito del processo Mediaset sui diritti tv, dimostra una “naturale capacità a delinquere” per perseguire “il disegno criminoso”. L’ex premier viene ritenuto l’”ideatore” del sistema fraudolento e “non si può ignorare la produzione di un’immensa disponibilità economica all’estero ai danni dello Stato e di Mediaset che ha consentito la concorrenza sleale ai danni delle altre società del settore”.
Il dispositivo. Il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, invece è stato assolto per “non aver commesso il fatto”, mentre al manager Daniele Lorenzano è stata inflitta una condanna a 3 anni e 8 mesi. Un’altra manager Gabriella Galetto è stata condannata a un anno e due mesi. Le pene sono condonate nella misura di tre anni grazie all’indulto (articolo 1 della legge 241 del 2006, ndr). Per l’ex presidente del Consiglio i giudici hanno stabilito tutte le pene accessorie previste dal codice: l’interdizione dai pubblici uffici per tre anni (che diventerà esecutiva se e quando la sentenza passerà in giudicato e dopo il terzo grado, ndr), l’incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione, l’interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria e l’interdizione perpetua dall’ufficio di componente della commissione tributaria. I giudici hanno disposto un versamento a titolo di provvisionale di 10 milioni di euro da parte degli imputati condannati all’Agenzia delle Entrate. La sentenza dovrà essere pubblicata nella sua interezza sul Sole24ore.
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