Con un’operazione illegale e discriminatoria sotto ogni punto di vista, la Presidente argentina, Cristina Kirchnerha dato il via libera alla rinazionalizzazione di Yacimientos Petrolíferos Fiscales (Ypf), una società energetica argentina da tempo controllata da Repsol, il primo gruppo energetico spagnolo.
Se ne è parlato per settimane, ma nessuno aveva creduto che il Parlamento di Buenos Aires avrebbe davvero trovato il coraggio per approvare in tempi record un decreto “di pubblica utilità” che ha permesso agli argentini di recuperare il 50,01% delle azioni Ypf. Riconquistando quindi la maggioranza della compagnia petrolifera nazionale fondata nel 1922 dall’ingegnere militare Enrique Mosconi e privatizzata nel 1992 dal governo di Carlos Menem di cui nel 1999 Repsol ha acquisito il 25%, per arrivare poi in pochi anni a controllarne il 57,4% del pacchetto azionario.
Senza immaginare che, da un momento all’altro, i capricci della Kirchner lo avrebbero riportato in una posizione di minoranza. Senza possibilità di appello, perché il decreto appena approvato assegna a Repsol un insignificante (e beffardo) 6% delle azioni della compagnia. Insomma, si è trattato di un esproprio in piena regola, che ha portato il gruppo spagnolo a perdere ieri in borsa il 19% del suo valore, cui si è aggiunto oggi un altro 8%.
La Presidente argentina ha giustificato l’approvazione del decreto legandone la necessità al fatto che Repsol non ha effettuato gliinvestimenti necessari per soddisfare la crescente richiesta di benzina e gas dei cittadini argentini. Costringendo la nazione a importare nel 2011 risorse per 10 miliardi di dollari, che rischiano di salire a 12 se nel 2012 non cambierà qualcosa.
Mettendo quindi a rischio la bilancia dei pagamenti e la tenuta dell’economia del paese. Non sono bastate le dichiarazioni della Spagna edell’Unione Europea a far cambiare idea a una Presidente apparentemente pronta a sostenere gli interessi della nazione a qualunque costo.
Dal suo punto di vista è scandaloso che un paese che non ha importato risorse naturali negli ultimi 17 anni si ritrovi, per giunta in tempi di crisi, a prendere atto di un aumento dei consumi di petrolio e gas pari, rispettivamente, al 38 e al 25% dal 2003 al 2010, a fronte di una produzione calata, nello stesso periodo, dal 12 al 2,3%. Lasciando intendere che Buenos Aires non ha intenzione di rimanere a guardare il colosso dell’energia spagnolo mentre trascina il paese verso labancarotta.
Negli ultimi mesi il governo Kirchner ha portato avanti una politica dinazionalizzazioni che ha generato non poche preoccupazioni sui mercati internazionali. Per Roberto Sifon Arevalo, manager analitico di Standard and Poor’s per l’America Latina, le scelte politiche ed economiche fatte dall’Argentina non possono essere considerate sostenibili.
Dal suo punto di vista l’ennesima nazionalizzazione autorizzata da Buenos Aires non dovrebbe essere considerata in maniera isolata ma ne andrebbero valutati gli effetti di medio-lungo periodo a livello diimprevedibilità politica percepita e sull’entità del flusso degliinvestimenti in entrata. Senza dimenticare che per far funzionare Ypf a pieno ritmo l’Argentina dovrebbe investire almeno 250 miliardi di dollari. Una cifra che molto difficilmente potrà essere messa a disposizione in tempi brevi.
L’annuncio della Kirchner di voler iniziare a tenere sotto controllo i movimenti degli altri grandi gruppi stranieri che operano in Argentina ha preoccupato gli operatori di tutto il mondo, e in particolare gli spagnoli di Santander, BBVA, Zara e Télefonica, che si sentono ora nell’occhio del ciclone. Il caso Ypf potrebbe infatti creare un precedente pericoloso per tutti, italiani inclusi, visto che il Bel Paese è sempre stato uno dei principali investitori in quest’area.
Grazie non solo ai colossi dell’energia come Eni e Enel, ma anche alle imprese concessionarie di servizi pubblici come la telefonia (Telecom Italia), la distribuzione del gas (Società Camuzzi), e le autostrade (Impregilo). Ancora, Benetton, Pirelli, Generali Assicurazioni, Italgas, Olivetti, Brembo, Fiat e Ferrero non hanno certo una presenza trascurabile su questo mercato. Che ora inizieranno sicuramente a monitorare con attenzione ancora maggiore per evitare di ritrovarsi nelle stesse condizioni di Repsol.