Al contrario di Paganini, Berlusconi si ripete. Dimostra di mancare di fantasia. Se nel 2001 aveva annunciato la cancellazione dell’Irap e nel 2006 quella dell’Ici sulla prima casa, oggi annuncia che abolirà l’IMU sulla prima casa e l’Irap rimasta sempre lì in tutti gli anni in cui è stato al governo.
Quanto vale la sua “proposta shock”? Probabilmente non meno di 60 miliardi di tasse in più sul lavoro, la proroga del blocco dei salari nel pubblico impiego e la rinuncia a investimenti. Vediamo perché.
L’Imu sulla prima casa vale circa 4 miliardi. Berlusconi propone di abolirla e di restituire agli italiani quanto raccolto con questa tassa nel 2012. Quindi si tratta di 4+4=8 miliardi di entrate in meno per lo Stato nel 2013.
L’Irap che Berlusconi vorrebbe abolire (lo aveva già promesso nel 2001 e aveva anche ottenuto una legge delega dal Parlamento per farlo nel 2003), vale circa 35 miliardi a regime. Supponendo che l’operazione venga distribuita uniformemente nell’arco della legislatura, saranno 7 miliardi nel 2013, 14 nel 2014, 21 nel 2015, 28 nel 2016 e 35 a fine legislatura.

LO SPREAD DI CREDIBILITÀ

Oltre a queste risorse direttamente coinvolte dalle misure promesse da Berlusconi, bisogna tenere conto degli effetti sulla credibilità del nostro paese. Lo spread tra Italia e Spagna (al netto, dunque degli interventi della Bce di cui hanno beneficiato entrambi i paesi) si è abbassato dall’apice della crisi di più di 200 punti: i rendimenti nei nostri Btp decennali sono arrivati a costare fino a 140 punti di più dei bonos spagnoli; adesso costano circa 80 punti in meno. Le due misure chiave che hanno ridato credibilità all’Italia, secondo lo stesso Fondo monetario internazionale, sono state la riforma delle pensioni e il ripristino della tassa sulla prima casa. La stessa Bce ha potuto intervenire a sostegno dei titoli di Stato italiani e spagnoli grazie al fatto che il governo italiano aveva mostrato di saper assumere misure impopolari per rispettare gli impegni presi con l’Europa.
Se torniamo a essere l’unico paese dell’area Ocse che non tassa la prima casa, è prevedibile che lo spread riprenda ad allargarsi. Difficile stabilire di quanto, ma supponiamo che almeno metà della credibilità recuperata nei confronti della Spagna venga persa e ipotizziamo che non ci siano invece effetti sulle misure (e sulla credibilità) della Bce. Avremmo così 100 punti base in più di spesa per interessi. Dato che il nostro debito è superiore a 2mila miliardi, un aumento di 100 punti dei rendimenti dei titoli che servono a finanziarlo significa 20 miliardi di spesa per interessi in più a regime, che cominceremmo a pagare man mano che i titoli vecchi vanno in scadenza e ne emettiamo di nuovi. Dunque, pagheremmo circa 3,5 miliardi in più nel primo anno, 7 nel secondo e così via (contando su di una durata media del debito di circa sei anni).
In sostanza, l’annuncio shock potrebbe costarci 18 miliardi nel 2013 e, a regime, poco meno di 60 miliardi.

LE SCOPERTURE DEI CONDONI

Le coperture proposte da Berlusconi sono risibili. Il finanziamento pubblico ai partiti vale 400 milioni, lo 0,6 per cento di quanto sarebbe necessario. L’accordo con la Svizzera è pieno di insidie e non è affatto detto che porti a entrate aggiuntive, almeno nei tempi che sarebbero richiesti per la “proposta shock”. E’ in ogni caso un condono, come quello tombale proposto successivamente da Berlusconi. I condoni non sono coperture, ma scoperture: al massimo portano un’entrata una tantum (tutti i condoni varati da Berlusconi e Tremonti dal 2001 al 2004 non avrebbero comunque fruttato più di 20 miliardi secondo la Corte dei Conti), riducendo entrate future perchè stimolano l’evasione. Dato che il taglio di IMU e Irap è strutturale, i condoni sono scoperture più che coperture.
Le risorse andranno quindi reperite aumentando altre tasse, presumibilmente in gran parte a carico del lavoro. Ovviamente, tutto ciò impedirebbe di fare le altre cose previste nel programma del Pdl, tra cui la detassazione delle assunzioni e la rinuncia all’aumento dell’Iva. E per rispettare i vincoli delfiscal compact bisognerà prorogare il blocco dei salari nel pubblico impiego, rinunciare a programmi di investimenti pubblici, mentre non ci saranno fondi per riformare gli ammortizzatori sociali, per pagare la cassa integrazione.

COSA PRENDERE SUL SERIO

Insomma, la “proposta shock” sembra essere la promessa di qualcuno che sa di perdere le elezioni e che quindi non si preoccupa minimamente della sua fattibilità. Vedremo come la giudicheranno i mercati. Speriamo non la prendano troppo sul serio.
Chi vuole contrastare queste promesse demagogiche deve comunque capire che toccano un nervo scoperto degli italiani. La pressione fiscale ha raggiunto livelli insostenibili. Per dare speranza agli elettori bisogna perciò proporre un sentiero credibile di riduzione della pressione fiscale, soprattutto di quella che grava sul lavoro. Non c’è nulla di tutto ciò nei programmi elettorali oggi in circolazione. Poche anche le riforme a costo zero. Mentre abbondano i programmi di nuove spese. E’ un invito a nozze a chi vuole fare demagogia sulla riduzione delle tasse.


Tito Boeri