Magari non arriverà a rivalutare il nazional socialismo del duce, ma fossimo nei panni di Berlusconi chiederemmo a Monti i diritti d'autore per aver copiato almeno altri due celebri cavalli di battaglia: le tasse e i comunisti.
Il primo ormai galoppa con la bandiera del miracoloso contratto con gli italiani, scodellato, da va sé, davanti alle telecamere (il presenzialismo televisivo è l'altro tratto berlusconiano del sobrio professore). Nell'avvicinarsi del voto, l'Agenda sta diventando una fantasmagorica, cornucopia di mirabolanti promesse. A cominciare dal tema caldo della riduzione delle tasse. In una trasmissione mattutina il presidente del consiglio si è lanciato nell'abbattimento progressivo dell'Imu (in questo caso a essere fotocopiata è la proposta di Bersani), seguito dal dimezzamento dell'Irap e dalla riduzione dell'Irpef, tanto per esagerare. Pur di non farci rimpiangere il suo predecessore, Monti si è spinto fino all'immancabile assicurazione ai terremotati dell'Emilia, dopo la forte contestazione subita durante la visita in quelle terre. Giura («lo farò oggi stesso») di aumentare il rimborso delle tasse al cento per cento per le imprese, con l'impegno supplementare (e patetico) di un «differimento delle tasse per il pagamento dell'abbonamento Rai per chi ha perso la casa». Un po' come la distribuzione gratuita delle dentiere per gli anziani ai tempi del terremoto dell'Aquila.
Il secondo cavallo elettorale corre invece contro il nemico: i comunisti (alias la Cgil). L'unica differenza rimarchevole con Berlusconi sta nella consapevolezza di non poter chiedere agli elettori un consenso plebiscitario per il governo. Qui il premier sembra orientato a più miti pretese esprimendo l'auspicio di una bella ammucchiata, una grande coalizione, condizione indispensabile per attuare il suo straordinario piano di alleggerimento fiscale: 30 miliardi da spalmare nei primi due anni di legislatura. Ma solo alle sue condizioni. Se gli elettori, anziché seguire il pifferaio di palazzo Chigi, daranno la responsabilità del governo ai comunisti (alias al centrosinistra), niente paradiso e sarà l'inferno di una manovra aggiuntiva. L'economia è un'opinione e i conti tornano a seconda di chi vince le elezioni.
PS: il manifesto non si presenta alle elezioni però mantiene una piccola promessa: il giornale "berlinese". Un formato che ci aiuta a risparmiare su carta e stampa. Facendo di necessità virtù, il nuovo formato ci introduce al vero cambiamento di domani quando, con un nuovo sito, ripenseremo anche il giornale di carta.