L'attività manifatturiera non riesce proprio a riprendersi. E quindi, come per il cattivo tempo di queste settimane, le cattive notizie continuano a piovere sul bagnato del tessuto manifatturiero che sta cercando di leccarsi ferite sempre più profonde e laceranti, come hanno dimostrato anche il recente rapporto del Centro studi Confindustria guidato da Luca Paolazzi. I numeri parlano chiaro. L'Istat ha infatti comunicato che la produzione industriale è calata del 4,6% sull'aprile del 2012, mettendo a segno il ventesimo calo consecutivo su base mensile. Per trovare un dato di variazione positiva su base annua bisogna infatti risalire all'agosto del 2011. Sul fronte congiunturale, l'attività industriale è scesa dello 0,3% ad aprile (indice destagionalizzato a 90,8) e dello 0,1% tendenziale, secondo i dati grezzi dell'indice Istat (a 89,4) che misurano la produzione effettiva sulla base dei giorni di calendario (a 89) rileva appunto un calo del 4,6% tendenziale.

Da notare che la situazione non è affatto migliore per il 2013. Dall'inizio dell'anno, infatti, la produzione è scesa del 4,7% in termini di indice grezzo. Tra i settori che vanno peggio troviamo, ancora una volta, i mezzi di trasporto. Non per niente la produzione nel settore auto ad aprile 2013 è diminuita del 14,3% rispetto allo stesso mese del 2012. L'Istat aggiunge che il dato corretto per gli effetti di calendario è più brutto: siamo a meno 18,1 per cento.

L'aumento dell'IVA a questo punto renderebbe questo quadro già allarmante di suo, disastroso.... Attualmente sono allo studio diverse ipotesi.

Alzare l'Iva, ma di mezzo punto anziché uno. E nel frattempo riordinare l'imposta, configurando in modo diverso i panieri, così che alcuni beni di largo consumo sfuggano al mini-rincaro estivo. È solo una delle ipotesi, considerata con favore dai tecnici del Tesoro, purché sia a parità di gettito. Perché nessuno a Palazzo Chigi nasconde ormai che impedire l'aumento dell'Iva dal primo luglio è arduo. Troppi dossier sul tavolo, scarse le risorse. E quelle poche, da irrobustire con innesti europei, tutte dirottate sul lavoro che non c'è. Ecco perché anche la soluzione in vista per l'Imu è la "rimodulazione" non la cancellazione, come spiegava qualche giorno fa il ministro dell'Economia Saccomanni. Ovvero, esentare la maggior parte dei proprietari di prime case, ma far pagare i più benestanti.

Nella settimana che si apre oggi, gli occhi sono tuttavia puntati sul quadrangolare di venerdì a Roma tra i ministri di economia e lavoro di Italia, Francia, Germania e Spagna, per fare un primo punto sulla vera emergenza, l'occupazione dei giovani, in vista del Consiglio europeo del 27-28 giugno. Il ministro Giovannini si è impegnato a presentare entro quella data il pacchetto italiano, forte anche dell'efficacia che i bonus giovani e donne dell'era Monti-Fornero hanno nel frattempo registrato. Oggi saranno presentati i dati Inps definitivi (232 milioni stanziati per sconti di 12 mila euro a chi assumeva a tempo indeterminato under 30 o donne). A quanto pare, questi incentivi "stanno funzionando".

Tra oggi e domani poi, anche il ministro per la Coesione territoriale Trigilia diffonderà il monitoraggio sui fondi europei e regionali, rivelando quanti denari non spesi si possono rimettere in pista, riconvertendoli (con l'assenso di Bruxelles) alla causa del lavoro. Cifre chiave per capire come giocare la partita dei 650 mila giovani italiani disposti a lavorare, ma senza occasioni. L'ha ricordato ieri anche il cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani (Cei): "Il lavoro vecchio o nuovo che sia è sicuramente la priorità per l'intero Paese" perché "brucia nella carne della gente".

Nel Consiglio dei ministri di metà settimana potrebbe poi arrivare il pacchetto semplificazioni (è il ddl Patroni Griffi della scorsa legislatura: dichiarazione inizio attività, Durc, etc), condito da qualche novità per disboscare inutili complicazioni che vessano le imprese. E forse inserito nella cornice più ampia di un "decreto crescita" (a costo zero), con annesse liberalizzazioni dell'era Passera da implementare come Rc auto (contratto base, contrassegno digitale, plurimandato) ed energia (si punta ad abbassare la bolletta del gas del 6-7% da qui a fine anno). Sullo sfondo, il passaggio più difficile di questo mese di giugno: l'Iva. Quattro le ipotesi, tutte ancora possibili. Primo, lasciarla andare il primo luglio dal 21 al 22% (che il governo vorrebbe evitare). Secondo, farla salire solo della metà (con revisione del paniere, a favore delle aliquote del 4 e del 10%). Terzo, sterilizzarla fino ad ottobre (costo un miliardo). Quarto, fino a gennaio (due miliardi).


Alla luce di dati così preoccupanti per evitare ulteriori cali della produzione industriale e dei consumi, che avrebbero pesanti ripercussioni anche sui livelli occupazionali, la domanda è: ci possiamo permettere un ulteriore aumento dell'IVA? Ai saggi ed all'esecutivo l'ardua sentenza...