L’Italia è stata messa in sicurezza”, ma ora “bisogna fare in fretta”. E dunque sotto alla fase due. Tradotto: liberalizzazioni. Il premier Monti ospite di Fabio Fazio a Che tempo Che fa segna il punto e rilancia. “Saranno provvedimenti certamente meno indigesti agli italiani e che punteranno sullo sviluppo della nostra economia”. “Credo – ha proseguito il presidente del Consiglio – che un certo disarmo multilaterale di tutte le corporazioni possa consentirci di dare più spazio alla concorrenza ed ai giovani”.

Il presidente del Consiglio parla circa mezz’ora, toccando diversi argomenti: dalla competitività alle tasse, dal lavoro all’euro fino alla Rai e qui annuncia che l’esecutivo interverrà scatenando le ire del Pdl. Dopodiché non esclude di proseguire nella sua carriera politica (anche se dice: “Nela vita ci sono altre priorità”) e sulla legge elettorale auspica che sarà il Parlamento ad occuparsene. Ma fin da subito fissa un punto: niente manovre aggiuntive. Dunque, così come il ministro Corrado Passera sul Corriere della sera esclude l’arrivo di nuove tasse, anche il presidente del Consiglio scarta fin da subito l’ipotesi di nuove stangate. ”La tranquillità nelle cose l’abbiamo raggiunta con l’operazione di consolidamento dei conti dello Stato italiano che il governo ha proposto, il Parlamento l’ha approvato e gli italiani molto responsabilmente lo hanno accettato. E un’operaizone grossa anche in base agli standard Ue mette in sicurezza i conti pubblici conseguendo l’obittivo che non il mio governo ma quello precente ha accettato e cioè il pareggio di bilancio nel 2013″.

Nessun dubbio, poi, che l’euro abbia una sua solidità. ”La moneta unica ha mantenuto il potere d’acquisto rispetto ai beni che compriamo ed il rapporto di cambio con il dollaro. Il problema è che nella zona euro un certo numero di Paesi hanno avuto o hanno gravi squilibri nelle finanze pubbliche”.

Mentre sul fronte tedesco e in vista dell’incontro con Angela Merkel, il premier non ha dubbi: “Quello che abbiamo fatto può essere da esempio per altri paesi”. L’Italia dunque ha fatto i compiti a casa. “E non  perché ce lo ha chiesto l’Europa, ma per assicurare un futuro ai nostri figli”. Ma “certamente quella che abbiamo davanti è una crisi di sistema”. Parole legate in particolare alla questione banche e al terremoto che in questi giorni sta scuotendo il comparto. Il premier però rassicura: “Il nostro sistema è considerato uno dei più stabili”. Sul punto di Unicredit “il tracollo è legato alla questione del rifinanziamento”.

E dunque si passa alle ricette. Una di queste è certamente uscire dal giogo della finanza. Insomma che la politica si riprenda il proprio ruolo. Dopodiché la tobin tax “che non deve essere applicata solo all’Italia”. Ma certamente l’Italia la adotterà se sarà decisione condivisa anche dagli altri paesi. E dopo la tassazione delle rendite finanziarie il tema dell’accordo con la Svizzera sui capitali italiani espatriati. “Stiamo guardando a questo argomento” ma precisa Monti “Germania e Gran Bretagna hanno fatto qualcosa che l’Ue non ha gradito: accordi bilaterali”. Quindi spiega: “Sono stato il primo quando ero Commissario europeo nel 1999. A nome della Commissione europea sono andato a Berna per avviare il primo duro negoziato con la Svizzera perché accettasse di applicare alcuni principi sulla direttiva della tassazione del risparmio e sono stati fatti passi avanti”. Quindi spiega: “Se vogliamo gli accordi di Germania e Gran Bretagna sono il risultato ultimo di questo accordo. La pressione sulla Svizzera viene esercitata. La Svizzera non è l’unico Paese al mondo che ha un occhio di riguardo, magari chiuso, sui capitali esteri ma in questi anni la politica nei confronti di questi paradisi fiscali è cambiata. E la Svizzera si è comportata di conseguenza. Non è più come prima”.

Sulla questione lavoro e soprattutto sull’articolo 18, il premier sottolinea: “Per noi nulla è un tabù”. Mentre sul dialogo con le forze sociali Monti ribadisce da un lato la volontà di non spaccare i sindacati, ma dall’altro la necessità di non stare legati “ai simboli” ma al lavoro “di cui abbiamo un disperato bisogno”. Da qui la necessità di puntare sulla “competitività” per “arrivare ad avere durevoli posti di lavoro”.

E sulla riforma del lavoro da domani entra nel vivo il confronto fra Governo e parti sociali. Dopo aver incontrato giovedì il segretario della Cgil Susanna Camusso, il ministro del Lavoro Elsa Fornero incontrerà, separatamente, i segretari di Cisl e Uil Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. Martedì vedrà il segretario dell’Ugl Giovanni Centrella mentre mercoledì toccherà al presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. “Un confronto – ha spiegato il premier Monti – per il quale il governo ha un atteggiamento mentale e un’agenda specifica. L’atteggiamento mentale – ha spiegato – è quello di considerare che niente debba essere considerato un tabù tra le forze civili come il sindacato, il mondo produttivo e il governo pensando al futuro del Paese.

Ma certamente la crescita del Paese passa attraverso la lotta all’evasione sulla quale il premier ribadisce “una lotta senza quartiere”. Senza però demonizzare la ricchezza che “è un valore e non è vero che operazioni come quelle di Cortina la trasformano in un demonio”. Quindi la conclusione: “Il mio è un governo che di fronte ad un Parlamento così responsabile è riuscito a fare cose importanti”.


Una mezz'ora di nulla infarcito di niente. Alle domande precise del conduttore il premier sfugge quasi sempre evasivamente. Sembra il professore annoiato dalla ennesima domanda dello studente diligente.
In generale prevale l'impressione che Monti sia ostaggio di questa classe politica e che il programma governativo posto in essere sia sottoposto alla supervisione della "strana" maggioranza pdl-pd senza la cui egida il governo avrebbe vita breve. Era molto diverso il Monti che abbiamo ascoltato a l'Infedele di Gad Lerner lo scorso novembre: il primo punto in assoluto era una imposta patrimoniale, il secondo la riforma della legge elettorale. Punti di cui adesso nessuno "può" più parlare...
Così il termine più in voga del momento è "liberalizzare". Forse sarebbe opportuno utilizzare "razionalizzare". Razionalizzare le risorse limitando gli sprechi. Razionalizzare le assunzioni eliminando clientelismi. Razionalizzare le normative evitando i cartelli travestiti da libera competizione.  Non si capisce perché un servizio essenziale come l'energia, la telefonia, il gas da riscaldamento o l'acqua debba giocoforza essere garantito da una società privata per evitare episodi di favoritismi, peculato o di corruzione. Se un funzionario è corrotto o semplicemente inadatto non serve privatizzare l'intero ente, basterebbe licenziare l'impiegato "infedele". Il privato si sa ha la necessità di garantire il servizio assicurando un utile agli azionisti di riferimento.  La gestione di servizi che sono ormai riferibili al soddisfacimento di bisogni primari del vivere moderno in uno stato democratico e moderno devono essere garantiti a tutti al minor costo possibile, pareggiando i costi e sfuggendo a qualsivoglia logica di profitto.  Se proprio "hanno" tanta voglia di "liberalizzare", perché non liberalizzano gli ordini professionali, quali avvocatura, notariato, ordine dei giornalisti?