Angela Merkel pensa che «abbiamo realizzato qualcosa di importante, ma siamo rimasti fedeli alla nostra filosofia: nessuna prestazione senza contropartita. Restiamo completamente nello schema precedente: prestazione, contropartita, condizionalità e controllo». François Hollande, realista, parla di «compromesso per tutti» e si rallegra delle conclusioni, portando a casa il (ben misero) patto di crescita e la tassa sulle transazioni finanziarie «entro fine anno». Spagna e Italia tirano un respiro di sollievo. Le Borse confermano. Il presidente della Bce Mario Draghi si è detto «molto soddisfatto». Hannes Swoboda, capogruppo S&D dell'europarlamento brinda al «summit dell'addio a Merkozy». La notte dei lunghi coltelli tra giovedì e venerdì si è conclusa poco dopo le 5 del mattino, con un accordo nato con il forcipe tra i 17 membri della zona euro, riuniti in un vertice improvvisato nella notte su richiesta di Monti e Rajoy. I dettagli saranno decisi entro l'Eurogruppo del 9 luglio. Ma intanto Monti porta a casa l'intervento del meccanismo salva-stati per acquisire debito nei paesi in difficoltà, senza dover subire in contropartita l'automatismo di un programma di rigore, anche se Merkel non ha abbandonato del tutto l'idea di una gestione da parte della troika, per controllare che i beneficiari continuino a fare «i compiti a casa».
Monti spera che questo annuncio calmerà i mercati per non dover chiedere aiuto nell'immediato. Per l'Eurorgruppo del 9 dovrà venire definita la soglia di spread oltre la quale scatta l'intervento del Mes (250 punti? 300?). Sarà messo in atto un sistema simile a quello che esisteva con lo Sme, verrà fatto un uso più «elastico» dei fondi di aiuto, ha detto van Rompuy presidente del Consiglio Ue, cioè il Mes potrà comprare direttamente il debito degli stati in difficoltà.
La Spagna ottiene di tagliare il legame vizioso tra la ricapitalizzazione delle banche e l'aumento del debito pubblico.In cambio, Merkel ha imposto la supervisione delle banche, sotto la guida della Bce, che dovrà essere operativa entro fine anno. Hollande porta a casa il patto per la crescita, che gli permette di ribattere alla destra che l'asse franco-tedesco non è stato spezzato, ma che si sta modificando in modo più equilibrato a favore di Parigi rispetto al Merkozy. In Francia, la destra ha accolto l'accordo definendolo «un piccolo passo avanti» (Juppé, ex ministro degli esteri), e un «grande passo per l'Europa» (Harlem Désir, Ps).
Il Patto per la crescita è in realtà gran parte un'illusione. Anche se, come dice Swoboda, «per la prima volta i leader europei non hanno solo parlato di crescita, ma deciso azioni concrete». Swoboda vi vede «un segnale molto importante», anche se «la realizzazione prenderà tempo». Il problema è che i 120 miliardi di euro del Patto sono un effetto ottico: 55 vengono da Fondi strutturali che non erano stati spesi (perché i paesi a cui erano destinati non avevano la percentuale nazionale da aggiungere all'intervento comunitario), 4,5 miliardi saranno dei project bonds accesi tramite la Bei, a sua volta ricapitalizzata di 10 miliardi, per generare un effetto leva che potrebbe arrivare, nel migliore dei casi, a 60 miliardi. Una goccia nell'oceano, un intervento pari all'1% del pil europeo, che non cambierà la situazione, mentre le recessione rischia di prendere in una morsa tutta l'eurozona.
Per le banche l'Europa ha trovato negli ultimi tempi ben 4500 miliardi, pari al 34% del pil. L'approccio europeo continua a considerare le banche come la questione principale. Ma in Europa in generale e nella zona euro in particolare il primo problema è la disoccupazione. Su questo fronte non c'è nulla di nuovo.
Anzi, proprio nel giorno della conclusione del Consiglio europeo del Patto per la crescita, il governo francese di Jean-Marc Ayrault ha ingiunto a tutti i ministeri di ridurre del 15% la spesa in tre anni. Saranno solo risparmiati scuola, giustizia e polizia, ma le assunzioni in questi settori dovranno essere compensate con cali del numero di pubblici dipendenti negli altri ministeri. E' il «rigore di sinistra», che arriva a nemmeno un mese dalla vittoria delle legislative.
Italia e Spagna hanno forzato la mano alla Germania per arrivare all'accordo.Per la prima volta, un primo ministro italiano ha alzato la voce e minacciato, assieme a Madrid, di far saltare tutto se non si arrivava a un'intesa soddisfacente. Italia e Spagna, la terza e quarta economia della zona euro, hanno potuto permettersi il bracco di ferro, anche grazie al cambiamento dei rapporti franco-tedeschi.
Per la Grecia, invece, potrebbe non cambiare nulla. Il paese resta sull'orlo del baratro. Al vertice non c'era neppure il primo ministro Samaras, appena operato a un occhio. Nessuno aveva previsto di affrontare la questione greca, come se la tentazione di abbandonare Atene non fosse ancora del tutto vinta. miliardi l'1% del Pil dell'Unione, a tanto ammonta il pacchetto «per la crescita» concordato ieri a Bruxelles, ma si tratta di fondi che sarebbero comunque dovuti essere spesi MILIARDI è la dotazione per l'European Stability Merchanism (Ems), il fondo salva-stati che entra in vigore il mese prossimo e sarà usato per ricapitalizzare le banche spagnole
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