Leggo di te che sei Altrove, Lucio.
Incredulità, tristezza, vuoto.
E la testa nega la realtà perché si rifiuta di credere che tu te ne sia andato, davvero e per sempre.
E il cuore si fa colmo di emozioni che galleggiano tra le tue note, quelle che ci hanno reso tutti più leggeri e profondi.
Come quel tuo mare, che raccontavi con le sue onde interne, come solo un Poeta.
Come quella Piazza Grande, che eri riuscito a rendere intima.
Come quell’ Attenti al lupo, che da avviso temuto era diventato per te un gioco.
Come quel 4 marzo 1943, un compleanno in musica.
Come quel Caruso, ormai un manifesto d’amore senza latitudini.
Ma tu Lucio non sei solo stato un musicista di rara fattura, col dono di far danzare le note con inaudita ineffabile armonia, tu sei stato prima di tutto un uomo che con curiosità e ironia, gentilezza e generosità, hai affrontato attraverso la musica temi alti, che coinvolgono, come eri solito dire, l’intera umanità, che restava il tuo pubblico d’elezione, il fine ultimo delle tue composizioni.
Penso sia questo a farmi/farci muti, sentendoci più soli.
Ma siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò.