Il governo è stato decisionista sulla riforma previdenziale, colpendo le fasce sociali più deboli.

È stato decisionista sulla riforma del mercato del lavoro, non risolvendo la precarietà e dando libertà di licenziamento. Ha ceduto alle pressioni delle banche e delle lobby, perché non ha modificato il sistema creditizio ed ha lasciato inalterati i privilegi di varie categorie.

E vediamo ora cosa succede con l’articolo 18. Dicono che il reintegro obbligatorio c’è solo nel caso di licenziamenti discriminatori: qual è l’imprenditore che licenzia una persona per motivi di sesso, religione e razza? Non c’è bisogno dell’articolo 18, c’è già la Costituzione.

Licenziamento individuale e collettivo per problemi economici: le norme in materia, con la proposta del governo, vengono di fatto cancellate, perché basta che una qualsiasi impresa che voglia disfarsi di dipendenti, dimostri che ha un piccolo calo temporaneo di fatturato oppure che ha fatto l’acquisto di un piccolo macchinario e può licenziare. Se il lavoratore ricorre e viene riconosciuta l’infondatezza di tale provvedimento, gli viene solo riconosciuto un indennizzo economico, ma il posto di lavoro è perso.

Terzo punto: i licenziamenti per problemi disciplinari. In questo caso vengono del tutto vanificati i contratti collettivi di lavoro senza più alcuna tutela per il lavoratore.

Al datore di lavoro conviene sempre licenziare perché, anche se il lavoratore ricorre e il giudice gli riconosce il 99,9 per cento di ragione, il datore di lavoro non ha più l’obbligo del reintegro ed il lavoratore subisce una ingiustizia e si trova a spasso.

Quanto alla precarietà, il governo non ha risolto i problemi. Perché se è positivo l’apprendistato, le aziende che assumono con contratti a tempo determinato, non hanno nessun obbligo di confermare le persone (scaduti i termini). Inoltre il governo non interviene sui contratti a progetto.

Insomma, paradossalmente la modifica dell’articolo 18 non porta alcun beneficio ai giovani e peggiora le condizioni di chi gia è al lavoro.

Se questo provvedimento lo mettiamo insieme alla riforma delle pensioni, appare evidente la lesione sociale che questo governo ha compiuto. E la cosa che più stride è che nelle scelte che compie è totalmente sparita la parola equità.