Tra i manufatti più apprezzati di quella grande potenza che è l'Italia c'era un tempo anche uno specifico prodotto assai imitato all'estero: l'uomo della provvidenza. In genere si tratta di un mediocrissimo assai feroce (Mussolini), o assai ricco (Berlusconi). Oppure di qualcuno capace di qualche furbizia (Marchionne), o avvolto da un'aura di indiscussa capacità tecnica (Monti). Il problema, come spesso accade nelle moderne produzioni industriali, è la longevità della merce: se uomini della provvidenza come l'antico puzzone in orbace e l'ometto di Arcore sono stati sul mercato decenni, pare che i nuovi prodotti diventino obsoleti piuttosto in fretta. Il governo di Mario Monti, accolto inizialmente da un consenso che pareva universale, già batte in testa a pochi mesi dall'uscita dai magazzini. Il fatto è che l'uomo della provvidenza non deve avere tentennamenti. E invece. Un giorno arroganza, e il giorno dopo cortesia; un giorno ditino alzato, e il giorno dopo dialogo; un giorno i partiti sono bestie grame, e il giorno dopo invece responsabili alleati: finisce che il suddito si confonde. Fare una riforma delle pensioni senza pensare a quelli che ci rimangono incastrati in mezzo (i poveri esodati) è già di per sé poco "tecnico". Dire che sono 65 mila e scoprire un bel giorno che sono quasi cinque volte tanti non è una bella figura, e chi la fa dovrebbe esodare anche lui. Alle tante ingiustizie che contiene la famosa riforma del mercato del lavoro (tipo i precari che pagheranno gli ammortizzatori sociali dei licenziati) non c'è ancora soluzione, è tutto un vedremo, faremo, correggeremo. Più che la tecnica, al momento un po' pasticciona, li salvava lo stile: il loden al posto del tanga e della bandana sembrava un buon viatico. Ora, con l'intervista a «Chi?» della signora Monti, anche quel gap è colmato. Essere celebrati dall'ufficio propaganda del regime precedente non è un bel segnale per il nuovo corso. A meno che il nuovo corso non sia nuovo per niente, come molti cominciano a intuire. Alla buon'ora.