Dall’Ue piano di aiuti alle banche spagnole, per evitare una feroce corsa agli sportelli in caso la crisi in Grecia dovesse riaccendersi. Ma potrebbe trattarsi solo di un breve periodo di sollievo per Madrid, e per l’Europa.

Banche Ue, arriva altra droga per i drogati

Con un rapporto debito Pil secondo solo a quello della Grecia nell’Eurozona, l’Italia rischia infatti di essere la prossima pedina di un piano di aiuti che però l’Europa potrebbe difficilmente permettersi. In aggiunta, gli aiuti alle banche potrebbero essere il preludio a un piano disalvataggio spagnolo più ampio. Ma ancora più importante, le elezioni in Grecia a breve rischiano di vanificare tutti gli sforzi, scrive Paul Taylor di Reuters, ripreso da Yahoo Finance.

Dopo settimane di insistenza sul fatto che la Spagna non necessitasse di aiuti per ricapitalizzare le banche, il Primo ministro Mariano Rajoy si è trovato costretto ad accettare, temendo che il peggio per il paese dovesse ancora arrivare, riportano a Reuters fonti europee.

Riuniti in teleconferenza, i ministri delle Finanze dell’Eurozona hanno dato la propria disponibilità a fornire fino a €100 miliardi sotto forma di prestiti da parte dell'ESM, oltre quanto inizialmente richiesto, per cercare di rassicurare il mercato ed evitare un nuovo riaccendersi della crisi.

"Cosa ci sarà ancora? €200 - €300 miliardi per l’Italia? Il piano di salvataggio per la Spagna sta semplicemente prolungando il periodo di sofferenze", ha commentato a Reuters Nick Hocart, director di Xenfin.

L’Italia rischia un continuo aumento dell’indebitamento nel tempo e "molto probabilmente avrà bisogno di un qualche tipo di intervento dalla Banca centrale europea, dal fondo di salvataggio EFSF/ESM e il Fondo Monetario Internazionale", secondo gli economisti di Citi.

"Ormai sembra essere solo questione di tempo prima che la situazione sfugga di mano ed emergano nuovi problemi, specialmente con crescita così bassa", ha detto a Reuters Morten Spenner, ceo dell’hedge fund International Asset Management. "Perché questo abbia fine c’è bisogno di una soluzione più seria dal punto di vista finanziario e politico, piuttosto che un continuo rattoppamento delle piccole ferite".

Il grande punto interrogativo al momento e' rappresentato dai risultati delle elezioni in Grecia e la possibilità che vinca il leader di sinistra Alexis Tsipras, di Syriza, contrario agli accordi raggiunti nei precedenti piani di salvataggio. Una possibile rinegoziazione potrebbe portare Fondo Monetario Internazionale e Ue a interrompere il pagamento delle successive tranche di aiuti.

E il rischio è una feroce corsa agli sportelli che potrebbe contagiare anche gli altri paesi deboli dell’Eurozona. La fuga di capitali dalla banche spagnole ha già raggiunto i massimi record, con €66 miliardi netti solo nel mese di marzo.

Nei mercati finanziari si è formata ancora una situazione di stress. Svaniti gli effetti dell’iniezione di €1 trilione di prestiti di lungo periodo dalla Banca centrale europea, con l’operazione LTRO.

La scorsa settimana il Presidente della Banca centrale europea Mario Draghi ha confermato che il mercato interbancario non sta funzionando come dovrebbe. Diverse banche del sud sono completamente tagliate fuori e totalmente dipendenti dai fondi della banca centrale.

La crisi economica che investe il paese iberico è giunta dunque ad un punto drammatico, sancito dall'ormai prossimo ricorso al salvataggio comunitario. Non è ancora chiaro se entrerà in gioco il vecchio Fondo di stabilità finanziaria o il nuovo Esm, il Meccanismo europeo di stabilità, in vigore dal prossimo primo luglio. Il governo di Madrid preferirebbe quest'ultimo, perché dovrebbe comportare minori intromissioni nella politica economica nazionale da parte delle autorità europee. In ogni caso, il fantasma della troika (Commissione europea-Bce-Fmi) si è ormai materializzato. Dopo tanta inutile «austerità», la resa: la Spagna, come Grecia e Portogallo, dovrà dire addio a quel poco di sovranità che ancora le restava, mentre la crisi si estende a ogni ambito della vita sociale e politica.
La Banca centrale spagnola non è certamente la sola istituzione, infatti, a godere di una fiducia ridotta ai minimi termini. Il safari in Botswana ha severamente compromesso l'immagine del Re Juan Carlos, già danneggiata dall'inchiesta per corruzione sul marito della Infanta Cristina. E il governo ha consumato, in soli sei mesi, il consenso che il Partido popular (Pp) aveva raccolto alle elezioni di novembre, grazie a promesse puntualmente disattese (leggi: «non toccheremo lo stato sociale»). In condizioni normali, nulla di cui preoccuparsi, anzi: il problema è che la sfiducia investe il sistema politico per intero. Un motivo risiede nel fatto che tutti i partiti avevano propri rappresentanti nei Consigli di amministrazione di molte delle banche oggi cadute in disgrazia e «salvate» con i soldi dei contribuenti. Clamoroso il caso di Caja Madrid, la Cassa di risparmio della capitale, che, fondendosi con altre entità, diede origine a Bankia: nessun consigliere di amministrazione socialista o di Izquierda Unida ha mai denunciato irregolarità.
Sarebbe sbagliato, tuttavia, sostenere che le forze politiche condividano lo stesso grado di responsabilità per la gestione scellerata degli istituti di credito. La vergogna di Bankia è quasi interamente frutto dei perversi intrecci fra le amministrazioni locali del Pp (a Madrid e Valencia) e le imprese edili, a cui si deve lo «sviluppo» fondato su mattone facile e distruzione del territorio. Non a caso, il partito di Rajoy ha bocciato, dall'alto della sua maggioranza assoluta, la richiesta delle sinistre di una commissione parlamentare d'inchiesta sul disastro della quarta banca iberica. E tuttavia, una delle lezioni che si traggono da quest'ultimo annus horribilis spagnolo è l'esistenza di un certo grado di complicità delle classi dirigenti nell'avere condotto il Paese sull'orlo dell'abisso. Senza molte distinzioni. Come denuncia il movimento degli indignados.
A dimostrarlo non c'è solo lo sfacelo delle banche. Ormai da anni la Corte costituzionale funziona a mezzo servizio, a causa dell'incapacità di socialisti e populares di accordarsi sul rinnovo di numerosi membri il cui mandato è cessato da tempo: il rischio di una paralisi totale di questo delicatissimo organo di garanzia è dietro l'angolo. Più recente è il discredito che ha investito il presidente del Tribunal Supremo (la nostra Cassazione), una carica che nell'ordinamento spagnolo coincide con l'importante ruolo di Presidente del Consejo del Poder Judicial (equivalente al Csm italiano). Carlos Dívar, questo il suo nome, è un anziano giudice cattolico ultraconservatore, stranamente indicato dall'allora premier socialista José Luis Zapatero, che motivò la scelta come gesto distensivo verso l'opposizione. Apprezzato per le sue «virtù» di persona accomodante verso i potenti di turno, Dívar è risultato essere piuttosto disinvolto nell'utilizzo delle prerogative dovute al suo ruolo, tanto da concedersi numerosi «fine settimana» di quattro giorni in alberghi di lusso di Marbella, sempre insieme ad un «misterioso» accompagnatore. Tutti rigorosamente registrati come viaggi ufficiali, e dunque pagati con fondi pubblici. Venuto ora a galla il tutto, Dívar ha fornito spiegazioni inconsistenti ed escluso categoricamente l'ipotesi di dimettersi: e la maggioranza dei suoi colleghi del Consejo non ha sollevato obiezioni.

Il capitalismo è fallito: empre più persone cercano un pasto caldo nelle mense per i poveri: negli ultimi tempi tantissime persone si sono rivolte alle mense per cercare un pasto caldo. In aumento anche gli insegnanti che denunciano situazioni di denutrizione dei piccoli scolari: i maestri delle elementari "ci chiedono i pasti per i loro scolari che non hanno da mangiare". Non mancano anche i casi di degenti negli ospedali che non vogliono lasciare le strutture sanitarie perché non sanno dove dormire.

Se esiste davvero la Democrazia, la Tolleranza, la Libertà, la Fratellanza è ora di dimostrarlo, di costruire un sistema fondato su tali principi. Non è possibile regalare miliardi a banche corrotte e avide mentre una classe politica ottusa e responsabile del disastro tollera una sofferenza del genere. Salviamo i popoli, non le banche!