Giorgio Squinzi, il nuovo presidente della Confindustria, ha impresso, ieri, una decisa e salutare svolta all'ente di cui ha la responsabilità. Squinzi è un grande imprenditore. Su questo non c'è dubbio. Lo dimostrano la crescita costante e la redditività prodigiosa della sua azienda, la Mapei. Che non si è sviluppata, come le imprese di molti altri big confindustriali del passato, aggrappandosi alle mammelle dello stato, o godendo di indiscusse rendite di posizione, oppure rifugiandosi sotto l'usbergo dei protezionismi variamente mimetizzati ma, non per questo, meno efficaci. Gran parte della produzione della Mapei infatti viene venduta nel mondo, in aree dove la concorrenza è vivacissima e dove quindi vince solo il migliore. E un imprenditore italiano che operi nella chimica (e non nella moda o nel design, o nell'agroalimentare) per poter essere considerato il più bravo, nella chimica, ripeto, deve dimostrarlo due volte. Sulle sue capacità imprenditoriali, quindi, niente da dire. Sembrava invece che Squinzi, che ha modi riservati e controllati, avesse tratti troppo signorili e quindi fosse incapace, per eccesso di signorilità, appunto, di entrare nell'arena politico-sindacale in modo deciso (dopo decenni di tergiversazioni) per far risolutamente valere la ragioni dell'imprenditoria italiana e non solo di quella confindustriale. Ieri Squinzi ha detto, esplicitamente, che «la riforma del lavoro è una boiata ma che va fatta ugualmente». Una boiata. Con una sola parola, desueta fra coloro che contano quando parlano in pubblico (anche se, tutti, in privato, fanno molto peggio, in termini di linguaggio), Squinzi ha fotografato la situazione di una riforma del lavoro che, nei suoi propositi iniziali, doveva sgessare le rigidità occupazionali e che, invece, raggiunge un obiettivo esattamente opposto: distruggerà posti di lavoro anziché crearne. Squinzi è però anche un realista e quindi ha detto che la riforma «boiata» (una parola che la fulmina) dovrà essere approvata, sia pure obtorto collo. L'importante almeno è che si sappia che, come riforma, è una boiata. E quindi, se si vorrà aumentare l'occupazione, la riforma dovrà essere riformata. Il presidente della Confindustria è intervenuto pure sul fisco dicendo, anche qui senza nascondersi dietro le parole lenitive degli eufemismi di maniera, che «il fisco italiano è il più complicato e inaffidabile, non dico del mondo, ma d'Europa». Dopo questa uscita, Monti, che fa finta di non saperlo, non potrà continuare a nicchiare. Insomma, Giorgio Squinzi non ci sta, fin dall'inizio del suo mandato, a svolgere il ruolo di chi fa finta di non vedere che il re è nudo. Lo vede nudo e dice che è nudo. Occorrerà vestirlo.