"MI VOGLIONO ARRESTARE, HANNO COSTRETTO DE GREGORIO A PARLARE CONTRO DI ME MINACCIANDO LA GALERA PER LUI. E LUI AVEVA MOLTA PAURA DELLA GALERA… SILVIO BERLUSCONI HA LE IDEE CHIARE E NETTE SUL MOMENTO POLITICO: I MAGISTRATI LO VOGLIONO ARRESTARE E QUINDI VANNO FERMATI SE QUALCUNO VUOLE FARE UN GOVERNO. NIENTE STOP AI MAGISTRATI, NIENTE GARANZIE PER BERLUSCONI? E ALLORA NIENTE GOVERNO, SE LO PROVINO A FARE DA SOLI BERSANI E GRILLO, SARÀ, NEL MIGLIORE DEI CASI, UN ABORTO. E PER CHIARIRE IL CONCETTO OLTRE OGNI DUBBIO FA SAPERE DI “NON ESSERE OSTILE A UNA CONTINUAZIONE DELLA CAMPAGNA ELETTORALE PER ANDARE AL PIÙ PRESTO A NUOVE ELEZIONI DOPO AVER CAMBIATO LA LEGGE ELETTORALE”. QUEL CHE SI DIVE UN AVVERTIMENTO."

Taciuta, ma neanche tanto, al grande pubblico ma confidata, dietro anonimato, ai giornalisti è questa la tattica e pure la strategia. Condivise con praticamente tutto il suo partito, in primis quelli che sino a ieri erano più scettici nella difesa del Cavaliere e che, dopo i risultati elettorali, hanno ritrovato fede nell’intramontabile Silvio. Silvio che dimostra tanta disponibilità e tanta voglia di governabilità in cambio però di una sorta di salvacondotto.

La richiesta dei pm napoletani sarebbe, secondo fonti pidielline, una sorta di tentativo per comprendere che aria tira nel nuovo Parlamento. Una mossa per sondare il terreno in vista di una futura richiesta di arresto per niente poco di meno che Silvio Berlusconi. Un sogno, secondo i pidiellini, da tempo covato dai soliti magistrati comunisti e un sogno che ora potrebbe diventare realtà. Non esiste infatti più immunità dietro cui il Cavaliere possa rifugiarsi. Alle due Camere una maggioranza che possa bocciare un’eventuale richiesta di arresto semplicemente non c’è, e nemmeno la veneranda età dell’ex premier, 76 anni, costituirebbe un ostacolo. La legge stabilisce infatti che anche gli ultra settantenni possano incorrere in misure di limitazione delle libertà personali, compresa la detenzione, in occasioni e circostanze “eccezionali”. E se non è “eccezionale” la figura di un ex premier condannato vuol dire che l’eccezionalità non esiste.

L’avvocato Ghedini, spiegano sempre fonti del Pdl,(così si legge in un articolo de La Stampa) ha per ora fermato i magistrati, autorizzando l’apertura della cassetta di sicurezza che i pm volevano vedere. Ma è solo una mossa, un dilazione in attesa dell’attacco finale verso il bersaglio grosso, Berlusconi. Ma se l’immunità è ora una chimera l’intramontabile Silvio ha ancora qualche carta da giocare, e non a caso ostenta sicurezza. Dalla sua il 30% di elettori che gli hanno rinnovato la fiducia e, soprattutto, l’assenza di una maggioranza al Senato. In questo quadro i voti del Pdl potrebbero dare la maggioranza al Pd, o almeno il margine per varare una nuova legge elettorale prima di tornare alle urne evitando così, a Bersani, di dover continuare ad implorare Grillo.

Forte dei suoi senatori, e convinto che prima o poi il Pd dovrà chiedere ad Arcore i voti che gli mancano a palazzo Madama, Berlusconi detta però le sue condizioni, e cioè immunità. Immunità che sia figlia della presidenza di una Camera o di un capo dello Stato che la garantisca o un salvacondotto poco importa, quello che conta è che Silvio, in cambio della governabilità, vuole chiudere una volta per tutte questa seccatura che la legge e i magistrati comunisti per lui rappresentano. Vuole e si sente in grado di ottenere che chi vuole governare “vada a Canossa” da lui con timbri e ceralacche dove sia scritto una volta e per sempre che lui, Berlusconi, in galera non ce lo manda nessuno.

In attesa di conoscere le prossime mosse dei pm, e in attesa di vedere cosa sarà del Pd e del Paese affila intanto Berlusconi le sue armi puntando, dopo il successo elettorale, nuovamente sulla piazza. Chiedono e invocano i suoi, da Angelino Alfano a tutti quelli che hanno ritrovato improvvisamente la fede nel Capo dopo aver visto le percentuali ottenute alle ultime elezioni

Abbiamo più volte ed opportunamente rilevato che gli eletti del Pdl sono per la maggior parte, non solo avvocati difensori di Berlusconi, ma anche suoi dipendenti o collaboratori delle aziende di famiglia, a partire da Mediaset. Non si tratta di una rilevazione di poco conto, ma di un dato sostanziale, se davvero si vuole comprendere la natura della attuale strategia del Cavaliere.

Berlusconi aveva la certezza della sconfitta elettorale, la sua ridiscesa in campo aveva il solo obiettivo di mettersi in sicurezza e di mettere in sicurezza il suo conflitto di interessi. In questo non vi è differenza alcuna con le motivazioni che lo indussero a candidarsi nel 1994. Allora, complice l’età e la possibilità di vendere un budino non ancora assaggiato dagli italiani, l’obiettivo era quello di vincere. Oggi, più modestamente, ha puntato, riuscendoci incredibilmente, a raggiungere il pareggio al Senato perché, solo in questo modo, avrebbe potuto condurre una trattativa con il Presidente del Consiglio incaricato.

Da più parti si pensa che Berlusconi abbia come priorità il ’salvacondotto giudiziario’, una sorta di scudo che lo protegga da eventuali sentenze di condanna, ma questo non sarà facile, troppi e diversi i processi che lo vedono coinvolto e i giudici che dovranno emettere le sentenze. L’ipotesi più credibile a questo punto, sfuggita la "poltronissima" da Presidente del Senato, è avere la Presidenza della Repubblica (compito improbo), sarebbe piazzare un "fedelissimo" al Quirinale che gli permetta di esser nominato senatore a vita e quindi avere più che uno scudo giudiziario.

C'è anche la possibilità della richiesta del‘salvacondotto mediatico’ e cioè di una sostanziale conservazione dell’attuale sistema dell’informazione, a cominciare dalla salvaguardia della legge Gasparri, quella che ha davvero blindato il duopolio, saldando un polo Raiset, e ripristinando l’integrale controllo di partiti e governo, compreso quello tecnico, sulla Rai.

Qui torneranno buoni i dipendenti delle aziende di famiglia, i combattenti e reduci della ‘guerra del conflitto di interessi’, quelli disposti a tutto perché non sono solo suoi fedelissimi, ma anche suoi dipendenti, requisito ancora più essenziale nella stagione che sta per aprirsi. Risolvere il "conflitto di interessi" come promesso da PD e M5s in campagna elettorale, nel contesto dell'attuale scenario politico, sembra essere come il decimo problema di Hilbert, irrisolvibile.