Chiamato in causa dal Pdl che gli ha chiesto udienza per protestare contro le presunte persecuzioni giudiziarie di cui sarebbe vittima Silvio Berlusconi, Giorgio Napolitano non solo non si è tirato indietro, ma ne ha tratto spunto per rivolgere un nuovo, articolato e forse estremo monito al mondo politico e alle toghe perché mettano fine ad una «nuova allarmante spirale» di polemiche ed evitino «tensioni destabilizzanti per il nostro sistema democratico».

Un intervento a due fasi, quello di Napolitano che si è manifestato con un incontro pomeridiano da lui promosso con il comitato di presidenza del Csm dopo che in mattinata aveva ricevuto - come previsto - il segretario del Pdl, Alfano, accompagnato dai capigruppo Cicchitto ed Alfano. Ed è stato proprio nell’incontro con il vicepresidente del Csm, Vietti, e con il primo presidente della Corte di Cassazione Lupo e con il pg, Ciani che il capo dello Stato ha posto alcuni ”paletti” precisi con altrettanti «altolà», ribadendo che giustizia e politica non possono percepirsi «come mondi ostili». E - riferendosi implicitamente al caso di Silvio Berlusconi - ha indicato ancora una volta «il più severo controllo di legalità» un imperativo assoluto «da cui nessuno può considerarsi esonerato in virtù dell’investitura popolare ricevuta». Al tempo stesso, Napolitano definita «aberrante l’ipotesi di manovre tendenti a mettere fuori gioco ”per via giudiziaria” - come con «inammissibile sospetto» si tende ad affermare - uno dei protagonisti del confronto democratico e parlamentare nazionale». Dunque: basta con i sospetti dei complotti dei pm ai danni del Cavaliere.

Ma un significativo segnale Berlusconi lo riceve perché Napolitano parlando dei prossimi adempimenti - definisce «comprensibile la preoccupazione dello schieramento che è risultato secondo nelle elezioni, di veder garantito che il suo leader possa partecipare alla complessa fase politico-istituzionale già in pieno svolgimento e che si proietterà fino alla seconda metà del prossimo mese di aprile». Il che sembra auspicare una sorta di tregua con una partecipazione politica del Cavaliere ai prossimi impegni post-elettorali senza ulteriori guai giudiziari. Beninteso, l’appello di Napolitano è rivolto «erga onmes» al «rispetto del ruolo e della dignità» tanto della magistratura quanto delle istituzioni politiche. Il capo dello Stato chiede equilibrio a «quanti sono chiamati ad indagare e giudicare» secondo i principi del «giusto processo» con particolare attenzione alle garanzie da riconoscere alla difesa.

Chiede ancora «freddezza e equilibrio» a tutte le parti in causa - in particolare quelle politiche - osservino «senso del limite e della misura» il cui venir meno esporrebbe la Repubblica a «gravi incognite e rischi». E questo è un altro passaggio che può essere letto come un richiamo a Berlusconi e a quei deputati del Pdl che hanno partecipato al blitz al Tribunale di Milano. Una manifestazione che Napolitano ha stigmatizzato duramente nel colloquio con Alfano quando ha espresso «vivo rammarico» per una protesta «senza precedenti». E con toni ancora più forti si è espressa successivamente l’Anm sostenendo che quella manifestazione ha messo in discussione e in grave tensione «i principi dell’ordinamento democratico». Agli esponenti azzurri Napolitano ha ribadito che «egli non può e non vuole interferire nell’esercizio del potere giudiziario». Autonomia e indipendenza delle toghe non sono in discussione. «Serve un immediato cambiamento del clima che si è venuto a creare», ha avvertito Napolitano, facendo appello al senso di responsabilità di tutti.
Adesso chiedo io a Napolitano:"Per garantire all'on. Silvio Berlusconi la partecipazione alla complessa fase politico-istituzionale in svolgimento, dobbiamo chiedere ai giudici di rinunciare a fare il proprio mestiere? Svestire la toga? Non perseguire ed eventualmente punire reati commessi? Garantire l'impunità solo perché si parla di Silvio Berlusconi? Si vuole una Giustizia Ingiusta?