È ora di tentare l'impensabile, di sfidare la logica e la Storia, di volare alti con l'immaginazione. Il paese dilaniato dalla crisi si appresta impavido a una sfida impossibile: prendere sul serio Giulio Tremonti. Se riusciremo a fare questo nulla ci sarà precluso, persino sfidare la forza di gravità o compiere imprese ancor più estreme e assurde, tipo prendere sul serio Sergio Marchionne. A vederlo argomentare in tivù, Tremonti sembra l'uomo della provvidenza. Uno sbucato dal nulla che scuote la testa davanti alla politica economica degli ultimi anni, uno che non le manda a dire, che fa a pezzi ogni decisione, strategia, accorgimento e soluzione adottata durante gli anni del centrodestra, quando a prendere decisioni, disegnare strategie, approntare accorgimenti e soluzioni era Giulio Tremonti. Un caso da manuale di sdoppiamento della personalità. Forse Giulio Tremonti è come il Dorian Gray di Oscar Wilde: ha in casa un ritratto che dice cose molto intelligenti. Certo dietro tutto questo c'è una poderosa potenza organizzativa. Quando suona il telefono in casa Tremonti perché qualcuno lo invita in tivù, una gentile signorina chiede compita: «Quale Tremonti vi mando? Quello che ha fatto il ministro dell'economia o il nuovo modello?». Di solito, va detto, ai dibattiti compare il Tremonti nuovo, dato che quello vecchio non si trova più. Poi, a vederlo in onda uno dice: «Ma guarda questo com'è in gamba. Ah, se avesse fatto il ministro dell'economia!». Ora che il Tremonti 2.0 annuncia la formazione di una sua lista alle elezioni siamo tutti più tranquilli: egli lotterà strenuamente contro la Lega (di cui il Tremonti 1.0 era fiero ammiratore), contro Il Pdl o quel che ne rimane (di cui il Tremonti 1.0 era il ministro più potente) e contro Monti (l'unico che fece al Tremonti 1.0 dei sinceri complimenti sul Corriere della Sera). Insomma, diciamolo: il popolo italiano sa dare il meglio di sé quando è stremato dalle difficoltà. È allora che il suo sussulto di orgoglio diventa potente e imprevedibile. È allora che realizza le sue imprese impossibili. Come prendere sul serio Giulio Tremonti. Nessun altro popolo oserebbe tanto.
Giulio Tremonti ha spiegato con cristallina chiarezza che il mondo è cambiato e che il cambiamento offre, anzi impone, una sola scelta: mangiare la minestra o saltare dalla finestra. E’ lucido il ministro del Tesoro. E fresco del carico di una sostanziosa anche se non troppo riconosciuta benemerenza: se non c’era lui a fermare Berlusconi, il Pdl, l’Udc, Cgil, Cisl e Uil, Regioni e Comuni, Vendola, Errani e Formigoni, tutti questi avrebbero aumentato e non diminuito la spesa pubblica correndo volentieri il rischio del debito, proprio come al tempo che fu e non c’è più, quando debito mai significava default, cioè bancarotta. Tremonti lo sa che la crisi non è finita, che il consumatore americano non “beve”, che i crediti inesigibili in pancia alle banche non sono spariti ma solo nascosti, che i governi occidentali faranno fatica a piazzare i loro titoli di Stato, che la disoccupazione aumenterà. Lo sa ed evita il peggio, il peggio in cui il resto d’Italia si tufferebbe d’inerzia e d’incanto.

Tremonti ostenta spesso di sapere altre cose e spesso ci piglia. Qualche volta proprio no. Tutti hanno dimenticato ad esempio la sua proposta di qualche anno fa, poco prima della crisi. A Tremonti venne allora una grande idea, l”uovo di Colombo. Introdurre i “subprime” anche in Italia. Prima che si sapesse che i subprime erano la mela avvelenata nel paradiso per tutti della finanza. Allora Tremonti-Biancaneve proponeva: chi ha una casa in proprietà venga finanziato dalle banche sulla base di quella proprietà, del suo valore. Insomma si indebiti contando sul valore crescente del valore degli immobili. Pagherà il debito con quella “crescita” del valore e, con i soldi presi a prestito, consumerà, investirà, smuoverà l’economia, arricchirà se stesso e il paese. E se il valore delle case si ferma o cala? Il debitore non ce la fa più a pagare il debito, alle strette vende casa. Case che si vendono, valore che si abbassa, banche che non rientrano. E’ quello che è successo, è stata la miccia della grande crisi, miccia che ancora brucia. Stavamo accendendola anche in Italia, su suggerimento di Tremonti. Ma allora Tremonti non poteva giustamente sapere. E’ singolare però che oggi Tremonti dica di aver saputo tutto in anticipo.
L'ultima novità è il Tremonti "non dispiaciuto" di essere chiamato "socialista": presto avremo il nuovo Mao...