La campagna elettorale sta prendendo una sua fisionomia, ma con un imprevisto: Mario Monti. La «salita» del premier non era nel mazzo di carte di Pier Luigi Bersani e Silvio Berlusconi. Entrambi, per ragioni diverse, pensavano di riproporre agli italiani lo schema degli ultimi vent'anni. Ma come spesso accade in politica, i vuoti si riempiono e Monti ne colma uno enorme creato dagli stessi partiti. Non il "centro", ma quello di un soggetto capace di attrarre interesse a destra e a sinistra. Con il Pd tra l’incudine della Cgil e il martello di Vendola e il Pdl iperberlusconizzato, si è aperto uno spazio per l’incursione di una forza che accoglie e raccoglie potenziali candidati e voti «senza patria». Chi voteranno i renziani ostracizzati dal Pd? A chi daranno il consenso gli elettori che non credono più alle campagne di Berlusconi? La «Lista Monti» è un’idea sofisticata, non un Lego senza logica. È un progetto "fusionista" che punta a mettere insieme culture politiche marginalizzate nella politica italiana. Era questo il disegno originario del Pdl e del Pd. Partiti a vocazione maggioritaria, con un impianto ideale che avrebbe dovuto sposare culture con una storia diversa, ma un punto d’arrivo comune. Così non è stato. Berlusconi e Veltroni non sono riusciti nell’impresa: il Cavaliere non è mai uscito dalla «fase carismatica» e ha preferito battere il vecchio sentiero della sua candidatura che risolve tutto (fino a ieri); Walter ha incontrato l’ostilità di Massimo D’Alema - e della nomenklatura poi confluita nel bersanismo - fin dal primo giorno della sua segreteria e, alla fine, non ha avuto la tempra per reggere lo scontro. Il risultato è che il Pdl ha subito un’emorragia di voti gigantesca, mentre il Pd ha fatto la traversata nel deserto dell’opposizione, ha riguadagnato consensi, ma resta sempre un ircocervo. Entrambi i partiti per la forza dell’aritmetica sono costretti a mettere insieme il diavolo e l’acqua santa. È un limite di sistema non superato per l’assenza della riforma elettorale, con l’aggravante della «nomina» dei parlamentari. Monti si muove in questo spazio lasciato libero dalla coppia «B&B». Il suo posizionamento politico è facile: di fronte a forze che si autoconfinano ai lati estremi, può far crescere non un «terzo polo», ma un movimento che punta a «scomporre» le Famiglie Addams della politica italiana. Non è un percorso che si compie in poco tempo, ma il «fusionismo» di Monti è in movimento, contenuto in un tweet semplice ma tanto efficace da riuscire a monopolizzare il dibattito: « Ora va rinnovata la politica. Lamentarsi non serve, spendersi sì. "Saliamo" in politica!». È un appello di fronte al quale Berlusconi e Bersani si trovano spiazzati: ci sono milioni di indecisi alla finestra. Se Monti riesce a convincerne una parte, il loro banco salta.

Mario Sechi