Il premio di maggioranza previsto dalla legge elettorale del 2005, detta “porcellum”, viene ‘bocciato’ dalla Corte di Cassazione che nell’ordinanza depositata lo scorso 17 maggio ha disposto la trasmissione degli atti alla Consulta. I giudici di piazza Cavour sul premio di maggioranza previsto per la Camera ritengono che sia “un meccanismo premiale che da un lato, incentivando il raggiungimento di accordi tra le liste al fine di accedere al premio, contraddice l’esigenza di assicurare governabilità e, dall’altro, provoca una alterazione degli equilibri istituzionali, tenuto conto che la maggioranza beneficiaria del premio e’ in grado di eleggere gli organi di garanzia che restano in carica per un tempo più lungo della legislatura”.

La Cassazione bacchetta i giudici della Corte d’Appello di Milano che, nell’aprile 2012, avevano giudicato “manifestamente infondate le questioni di costituzionalità” sollevate sul ‘Porcellum’. Piazza Cavour, sempre in riferimento al premio di maggioranza, fa notare che “la distorsione provocata dall’attribuzione del premio costituisce non già un mero inconveniente di fatto (che può riscontrarsi in vari sistemi elettorali), ma il risultato di un meccanismo che è irrazionale perché normativamente programmato per tale esito”. Ecco perché, secondo la Cassazione, correttamente i 27 ricorrenti capitanati da Aldo Bozzi “invocano come norma-parametro anche l’art. 48 comma 2 della Costituzione poiché ad essere compromessa è proprio la parità di condizione dei cittadini nel momento in cui il voto viene espresso nella quale l’uguaglianza del voto consiste”.

Secondo la Cassazione poi “il dubbio di legittimità costituzionale del premio per il Senato, oltreché per la mancanza di una soglia minima di voti e/o di seggi, sorge per l’ulteriore profilo di irrazionalità intrinseco in un meccanismo che di fatto contraddice lo scopo che dichiara di voler perseguire (quello di assicurare la governabilità)”. E infatti, è il ragionamento della Cassazione, “essendo il premio diverso per ogni regione, il risultato è una sommatoria casuale dei premi regionali che finiscono per elidersi tra loro e possono addirittura rovesciare il risultato ottenuto dalle liste e coalizioni di lista su base nazionale. Le diverse maggioranze regionali non avranno mai modo di esprimersi e di contare, perché il Senato è un’assemblea unitaria e il governo è nazionale”.

In questo modo, annota la Corte Suprema, “si favorisce la formazione di maggioranze parlamentari non coincidenti, pur in presenza di una distribuzione del voto sostanzialmente omogenea tra i due rami del Parlamento, e si compromette sia il funzionamento della nostra forma di governo parlamentare nella quale, secondo i dettami del bicameralismo perfetto, il governo deve avere la fiducia delle due Camere, sia l’esercizio della funzione legislativa che l’art. 70 della Costituzione attribuisce paritariamente alla Camera e al Senato”. La violazione “dei principi di ragionevolezza e uguaglianza del voto è per il Senato ancora più evidente se si considera che l’entità del premio, in favore della lista o coalizione che ha ottenuto più voti, varia regione per regione ed è maggiore nelle regioni più grandi e popolose, con l’effetto che il peso del voto (che dovrebbe essere uguale e contare allo stesso modo ai fini della traduzione in seggi) è diverso a seconda della collocazione geografica dei cittadini elettori”.
E così in un’anonima mattina di maggio del 2013 l’Italia apprende da Repubblica che per sette anni potrebbe aver vissuto in un regime anticostituzionale. Legge, sulle pagine già riprese dai quotidiani online, che la Consulta ha accolto il ricorso di un avvocato milanese contro il Porcellum, «una legge vergognosa, un imbroglio pazzesco, che produce un Parlamento di “nominati” e non di eletti», quindi di fatto «contro la Costituzione», perché gli italiani «non eleggono i loro rappresentanti». Peccato che con il Porcellum gli italiani abbiano votato per ben tre tornate elettorali. E che quella legge sia responsabile dello stallo politico in cui il Paese si trova. Buongiorno Corte costituzionale.