Ballottaggio era previsto e ballottaggio sarà. Come dire, hanno perso tutti. L’unico vero vincitore è stato l’imprevisto e grave astensionismo. Dati sconfortanti in tutte le città in cui sono stati rinnovati i consigli comunali ma soprattutto nella Capitale un romano su due (e il sindaco Alemanno sostiene che siano soprattutto i giovani) non è andato a votare. I cittadini hanno espresso così il loro rifiuto categorico alla politica, a quella cattiva politica che coinvolge tutti anche chi pensa di essere meglio degli altri. Gianni Alemanno, sindaco uscente, conquista un deludente 30% (voto più voto meno), Ignazio Marino, lo sfidante, va oltre il 40%: una forbice ampia, più ampia di quanto si immaginasse. Con il ballottaggio del 9 e 10 giugno Roma, e non solo, torna al bipolarismo contrariamente al tripolarismo nazionale.

Il centrodestra proprio a Roma non è riuscito a capitalizzare i voti che sembravano garantiti. Il centrosinistra benché stordito tira un sospiro di sollievo, forse perché sul cavallo Marino non avrebbero scommesso né al Nazareno, né a Palazzo Chigi anche se con l’ex senatore che vota Rodotà e boccia Letta si salvano pure le larghe intese. Torna dunque il confronto tra Pdl e Pd avendo fatto flop, con il suo 12%, il candidato del Movimento 5 Stelle, Marcello De Vito, che prova a difendere il risultato confrontandolo con quello regionale e non con quello nazionale (a Roma impressionante), ma soprattutto attaccando i giornali e le tv che non gli avrebbero dato lo stesso spazio degli altri concorrenti. Ma non erano proprio gli M5S a detestare i media? La linea politica grillina dello scontro e degli scontrini non ha pagato. Due mesi fa la delusione, la sfiducia e la vendetta verso i partiti aveva indotto gli italiani a dare un voto di protesta, ben incarnata dalle urla e dalle promesse impossibili del comico genovese. Domenica gli italiani hanno dimostrato che sono stufi di chiacchiere e promesse fatte e rimandate. Da chi dovrà «abitare» in Campidoglio vogliono fatti concreti, più di quelli visti finora ancor di più di quelli promessi da chi non sa bene la differenza di gestione tra un ospedale e un Comune. Da oggi è di nuovo campagna elettorale. Al ballottaggio si riparte da zero a zero. Provando a portare alle urne l’altra metà della Capitale.


Nel crollo della partecipazione al voto -che segnala una malattia del sistema democratico- è la destra a pagare il prezzo più alto. Ignazio Marino conquista un bellissimo risultato a Roma e ratifica la disfatta della giunta Alemanno, punita dai cittadini dopo il suo primo mandato. Non credo che stavolta Grillo e il M5S potrà dichiarare indifferenza fra il medico laico esponente di una sinistra critica com’è Marino, e il post-fascista Alemanno appoggiato da un Pdl che fatica a raggiungere il 20% dei voti. Ma sono ottime le notizie che giungono anche dal Nord: a Brescia il sindaco uscente, ciellino del Pdl, che cinque anni fa aveva vinto al primo turno, stavolta è quasi affiancato dal rivale di centrosinistra. Al ballottaggio le liste civiche e il M5S potrebbero ribaltare un risultato che rimane apertissimo. Ancora migliore la notizia che giunge da Treviso, dove l’ottantaquattrenne leghista Gentilini viene lasciato al palo dal candidato dei centrosinistra che affronterà da favorito il ballottaggio. Complessivamente la sinistra in crisi si conferma però la forza politica più credibile quando si tratta di decidere sull’amministrazione delle città. L’8 e 9 giugno è possibile, addirittura probabile, che si determini una situazione per cui nessuna delle grandi città italiane abbia più un sindaco di destra.




Alle politiche di febbraio l’Italia aveva scoperto di essere divisa in tre poli di simile peso elettorale: centrosinistra e centrodestra poco sotto il 30%, MoVimento 5 Stelle sopra il 25%. A tre mesi di distanza alle amministrative l’Italia ritorna al più classico bipolarismo destra sinistra che l’ha contraddistinta negli ultimi decenni, un processo favorito sia dalla legge elettorale che dalla deludente performance della formazione vincitrice delle elezioni nazionali. Il Movimento 5 Stelle infatti non dovrebbe conquistare nessun ballottaggio nei capoluoghi di provincia che andranno al secondo turno. Al momento dovrebbero essere 13, visto che a Vicenza, Massa Carrara e Pisa il centrosinistra dovrebbe farcela al primo turno.

Il Movimento 5 Stelle ottiene infatti risultati molto deludenti nelle maggiori città che hanno rinnovato le loro amministrazioni. Oltre alla sfida più importante di Roma, dove il candidato De Vito è collocato intorno ad un buon 12%, un dato più che dimezzato rispetto al risultato delle politiche, la formazione guidata da Grillo è stata incapace di cogliere risultati importanti anche nei comuni dove alle politiche era andata al di sopra di ogni aspettativa. Nel capoluogo delle Marche dove il M5S è diventato il primo partito della regione, Ancona, il candidato a 5 Stelle ha strappato sì uno dei migliori risultati del Movimento, un buon 15%, che però non gli consentirà di andare al ballottaggio, dove si affronteranno il Pd ed il Pdl. In Veneto, regione dove il M5S era appaiato al centrosinistra al 25% alle politiche, il Movimento affonda a Treviso e Vicenza. Nei due capoluoghi veneti il M5S aveva ottenuto percentuali superiori al 20%, mentre ora fa fatica a superare il 5%, favorendo così i brillanti, e sorprendenti, risultati del centrosinistra. Nelle grandi e medie città che andavano al voto solo la ex roccaforte rossa Imola vede un buon risultato del Movimento, capace di superare il 20%.

Le brutte notizie per il M5S arrivano anche dal Sud, territorio di conquista sorprendente alle politiche. Lo scrutinio è ancora molto arretrato a Barletta ed Avellino, ma in questi due capoluoghi di provincia meridionale la formazione grillina è molto distante dai valori delle politiche, che avevano superato o sfiorato il 20%. La città forse simbolo di questa tornata amministrativa è Siena. Nonostante lo scandalo che ha travolto il Monte dei Paschi, il centrosinistra è nettamente in testa al primo turno, mentre il Movimento 5 Stelle è stato superato perfino dalla sinistra radicale. Il Partito democratico è, a sorpresa, il partito uscito meglio da questa tornata amministrativa. Arrivato in testa al primo turno di Roma, il Pd potrebbe esprimere la maggior parte dei sindaci delle grandi città alla fine dei ballottaggi, e per ora solo il centrosinistra appare capace di vincere al primo turno.