La riforma elettorale crea una frattura all'interno del Pd. Il caso è scoppiato con la presentazione alla Camera della mozione per il ritorno del Mattarellum. L'iniziativa di Roberto Giachetti (Pd, vicepresidente della Camera) raccoglie le firme di 97 deputati, tra cui molti democratici. Anna Finocchiaro la bolla subito come una "mossa intempestiva e prepotente". Ma lui annuncia: non ritiro il testo. Che, alla fine, è stato respinto.
La proposta di superamento dell'attuale sistema elettorale tramite il ritorno al Mattarellum si contrapponeva all'intesa Pd-Scelta Civica-Pdl per la nascita di una Bicamerale di 40 saggi, finalizzata a ridisegnare la Costituzione, cui non verrebbe tuttavia affidato il compito di rivedere la legge elettorale. La mozione avanzata da Giachetti ha spaccato il Pd: tra i 97 firmatari c’erano infatti molti democratici "renziani".
La reazione di Finocchiaro - "Non possiamo neppure per un attimo rischiare di mettere in pericolo il percorso di riforme con atti di prepotenza", ha affermato la senatrice Pd, Anna Finocchiaro. "Nessuno deve pensare che attraverso una legge elettorale transitoria si possa rivoluzionare il quadro politico o si cerchi di scassare il tentativo, l'ultimo, che stiamo facendo sulle riforme", proseguiva nella speranza, vana, di un passo indietro dei frondisti.
Letta: "Ritirare la mozione" - "Inviterò al ritiro di una mozione che entra troppo nel merito di temi sui quali si dovrà approfondire in seguito, altrimenti darò parere negativo". Questa la posizione del premier Enrico Letta, una bocciatura senza mezzi termini alla mozione sul Mattarellum. È "fondamentale" che il percorso delle riforme "parta col piede giusto, senza forzature", aveva detto Letta dopo aver invitato il Parlamento a lavorare a riforme condivise. "Non ritiro la mozione, è una battaglia per la quale ho messo a repentaglio la mia salute", replica Giachetti riferendosi ai 123 giorni di sciopero della fame inscenati l’anno scorso in segno di protesta. Il ritorno al Mattarellum non passa il voto, ma i sì incassati sono comunque 139: solidali M5S e Sel, “e almeno una cinquantina tra prodiani e renziani ha preferito non presentarsi piuttosto che votare contro il testo”, specifica Giachetti. “Mettere il carro davanti ai buoi significa far deragliare il carro", ha commentato Letta, netta la censura verso una mossa che ha spiazzato il Pd, provocando un fitto botta e risposta tra gli esponenti delle correnti interne al partito.
La posizione di Renzi - In serata è arrivato l’intervento di Matteo Renzi, che già aveva lasciato intuire di non essere per niente intenzionato a togliere dall’imbarazzo il governo: “comprendendone le ragioni”, il sindaco di Firenze aveva infatti incoraggiato Giachetti ad andare fino in fondo con la sua mozione. “Il governo delle larghe intese sta diventando un governo delle lunghe attese”, ha commentato Renzi, aggiungendo che “in Parlamento hanno la tendenza a fare un po’ di melina”. Il percorso di riforme annunciato fin dall’insediamento da Letta procede a rilento a causa di un “eccesso di democristianeria”, critica Renzi. L’accusa è di aver ceduto, come già accadde per l’Imu, ai ricatti di Berlusconi: se il giaguaro non è stato smacchiato, sibila Renzi, è anche a causa dell'"arroganza" di Bersani.
La reazione del Pdl è affidata al commento di Fabrizio Cicchitto, secondo cui il sindaco "vuole liquidare in fretta l'esecutivo". Un'impressione condivisa anche in ambiente Pd, fronte pro-Letta.
Dal canto suo, il premier ha ribadito la necessità di procedere per piccoli passi, senza strappi che possano mettere a rischio i fragili equilibri del governo. La delicatezza della riforma costituzionale, sottolinea Letta, ha una portata paragonabile a quella degli interventi in campo economico: “È un’occasione storica, non si può scherzare – ha dichiarato Letta – Non è immaginabile continuare a fingere di fare le riforme, litigando senza combinare nulla”. La diatriba tra il sindaco fiorentino e Letta si sarebbe conclusa con uno scambio di sms. Piuttosto freddi.
Ancora tensioni nel Pd - Non solo Renzi. Il Governo Letta deve guardarsi le spalle anche dal fronte che fa riferimento a Rosy Bindi: l'ex presidente del Pd ha presentato un documento sottoscritto da 44 parlamentari del Pd critici verso la linea decisa da Letta in merito alle riforme. Causa del malumore è l'allenza con il centrodestra, un compromesso che incontra la ferma opposizione della Bindi: "Io la pacificazione non la farò mai. A meno che un giorno Berlusconi vada in televisione e dica: Rosy, sei bella". Improbabile.