Il problema del debito pubblico è drammaticamente centrale in queste settimane, ed è un problema comune a molti Paesi. Ci sembra allora interessante vedere la “ricetta” che Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia nel 2001, dà per il problema del debito USA — problema che ha natura certamente diversa da quello italiano, ma resta comunque un elemento di riflessione importante.

Stiglitz innanzi tutto è deciso oppositore delle politiche di “austerità a tutti i costi”, perché da un lato si erogano meno servizi, danneggiando la ripresa, dall’altro lo Stato è una voce importantissima della domanda nazionale: se riduce gli acquisti (di beni / servizi / manodopera) è inevitabili avere ricadute sull’indotto. Il rischio di una politica di austerità non bilanciata correttamente sarebbe quello di aggravare la crisi.

Una caratteristica di questo momento dell’economia USA è la difficoltà in cui si trovano molte famiglie, che non riescono più a pagare il mutuo, con un peso economico anche sui conti delle banche e delle finanziarie che hanno prestato loro il capitale. Finora, secondo Stiglitz, il problema è stato affrontato solo dal punto di vista delle banche (con aiuti di vario tipo), mentre sarebbe il caso di pensare invece a nuovi meccanismi di “fallimento” delle famiglie, consentendo loro di “ristrutturare il debito”, senza perdere l’abitazione, in maniera simile a come un’azienda può ristrutturare il proprio debito ma senza per questo dovere chiudere. Altrimenti, il rischio concreto è quello di trovare una popolazione di senzatetto e di case vuote, una situazione che non è certo sostenibile da nessun punto di vista.

Entrando più nello specifico nel tema del debito, Stiglitz individua quattro punti fondamentali:
Annullare la riduzione alle tasse per i ceti più ricchi, introdotte negli ultimi anni.
Mettere fine agli interventi militari in Afghanistan ed Iraq, che non avrebbero migliorato la sicurezza degli USA ma in compenso stanno costando centinaia — se non migliaia — di miliardi di dollari.
Incrementare l’occupazione. È vero che programmi di stimolo sono difficili da sostenere economicamente in questo momento, ma riportare la gente al lavoro è indispensabile per rilanciare l’economia, permettendo un incremento significativo delle entrate fiscali
Riformare la normativa sull’assistenza sociale. In particolare, sarebbe fondamentale rivedere la norma che consente alle case farmaceutiche di fissare autonomamente il prezzo dei farmaci. Secondo Stiglitz, se il Governo potesse invece negoziare più efficacemente i prezzi, potrebbe avere un risparmio di 1.000 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni.
Ma il primo obiettivo il cui non perseguimento è esiziale ai punti precedentemente enunciati rimane il restituire alla politica la funzione che le è propria: la risoluzione delle problematiche inerenti una collettività, ossia l'arte di governare la società civile. Il rinnovamento di una classe politica autoreferenziale, nominata, quindi non suffragata dalla elezione per volontà popolare e che sfugge per questo al rapporto di rappresentanza politica, distante dal vivere le contingenze economiche sia micro che macro economiche, è il fondamento su cui edificare una nuova casa democratica.
In concreto però uscire dalla crisi del debito significa una cosa sola: Eurobond. Nella giurisprudenza finanziaria in questi mesi si è discusso alacremente sui pro e contro l'emissione di titoli di stato europei che potessero in qualche modo risolvere l'enorme crisi dei debiti sovrani contratti dagli stati meno virtuosi soffocati da una spesa pubblica non più bilanciata dalla crescita economica dopo l'abbattimento della scure della crisi economica-finanziaria, dai mutui sub-prime ai derivati, fino ad oggi.
La critica che maggiormente viene mossa contro l'emissione degli eurobond (sollevate soprattutto e giustamente dalla Germania) è quella di penalizzare gli stati più virtuosi, favorendo chi, invece, come l'Italia, non ha saputo o voluto tenere sotto controllo la spesa pubblica, trovandosi, oggi, ad affrontare una criticità debitoria globale dalla soluzione quantomeno complicata, se non inverosimilmente attuabile.


Gli Eurobond non sono necessariamente un regalo della Germania ad altri paesi dell'area euro. Possono essere concepiti in modo tale da abbassare il costo del debito pubblico per alcuni paesi, senza infliggere oneri sugli altri. Bisogna però osservare alcune regole. In particolare, per evitare sussidi incrociati, ciascun paese potrebbe contribuire a garantire gli Eurobond in due modi: alta reputazione di solvibilità o deposito in cash.


Nel dibattito sugli Eurobond, si dice spesso che favorirebbero i paesi ad alto debito (come il nostro) a spese di quelli più virtuosi, anzitutto la Germania: questi ultimi finirebbero per pagare un premio al rischio più alto sul loro debito, a causa delle perdite attese che subirebbero garantendo il debito dei paesi “periferici”. È invece possibile concepirli in modo che consentano ad alcuni paesi di ridurre il costo del debito, senza aumentarlo per gli altri. Inoltre, potrebbero introdurre un incentivo a limitare i disavanzi pubblici, contrariamente a quanto normalmente si dice invocando l’effetto di moral hazard. Cerchiamo di illustrare in modo semplice come raggiungere questi obiettivi.

BUONE REGOLE PER GLI EUROBOND

Gli Eurobond dovrebbero avere le seguenti caratteristiche.
- Eda. Una European Debt Agency (Eda) emette titoli sul mercato e finanzia i governi della zona euro.
- Limite. I governi possono indebitarsi presso la Eda fino a un limite massimo prestabilito (ad esempio il 40 per cento).
- Seniority. In caso di insolvenza, il credito della Eda ha la priorità nei rimborsi rispetto alle altre passività del settore pubblico.
- Garanzia congiunta. Gli Eurobond, emessi dalla Eda, sono garantiti dal surplus primario aggregato della zona euro nel suo complesso.
- Diversificazione. Grazie alla garanzia congiunta, il peggioramento del bilancio pubblico in qualche paese della zona euro può essere contro-bilanciato da un andamento opposto in altri paesi.
- Collaterale. I governi depositano un collaterale in cash presso la Eda, pari alla perdita attesa della Eda stessa sulla sua esposizione verso i settori pubblici. Ciò dovrebbe consentire alla Eda di emettere gli Eurobond al tasso d’interesse privo di rischio e di finanziare i governi allo stesso tasso.
- Per evitare sussidi incrociati, il costo del deposito collaterale dovrebbe essere ripartito tra i paesi in proporzione al loro rischio di credito. Per la precisione, ciascun paese dovrebbe partecipare al deposito in proporzione al collaterale che sarebbe necessario se decidesse di emettere titoli di debito senior per suo conto e di renderli privi di rischio. Ciascun paese potrebbe così contribuire a garantire gli Eurobond in due modi: alta reputazione di solvibilità o deposito in cash.
Molte di queste caratteristiche sono state già suggerite. L’ultima è invece più innovativa e richiede qualche spiegazione. Consideriamo il caso in cui un paese si faccia per conto suo il tranching del debito pubblico in una quota senior e una junior. Questa operazione (domestic tranching) non muterebbe il costo complessivo del debito di quel paese: il guadagno per l’emittente sul debito senior verrebbe esattamente compensato dal maggior costo del debito junior. Al contrario, gli Eurobond sarebbero in grado di ridurre il costo medio del debito, grazie alla garanzia congiunta e all’effetto di diversificazione. La riduzione può essere misurata dalla differenza di collaterale necessario per rendere il debito senior privo di rischio. Per definizione, il domestic tranching non beneficia della garanzia congiunta e della diversificazione. Di conseguenza, l’ammontare totale di collaterale che sarebbe necessario per rendere privi di rischio i titoli senior emessi dai governi dell’area euro in uno scenario di domestic tranching sarebbe più alto di quello necessario nel caso degli Eurobond. La differenza tra i due livelli di collaterale rappresenta la riduzione di costo del debito ottenuta grazie agli Eurobond.

COME EVITARE SUSSIDI INCROCIATI

Possiamo calcolare il contributo equo di ciascun paese al deposito collaterale che assiste l’emissione di Eurobond, in modo tale da evitare sussidi incrociati tra paesi. La regola è semplice: ciascun paese dovrebbe contribuire in proporzione al collaterale che sarebbe necessario per rendere privo di rischio il suo debito senior nell’ipotesi di domestic tranching. I paesi ad alto debito dovrebbero contribuire di più; ciò non impedirebbe loro di usufruire di una riduzione del costo medio del debito rispetto ai livelli attuali. I paesi con elevato merito creditizio dovrebbero contribuire di meno. In particolare, quei paesi che, grazie alla loro reputazione, sarebbero in grado di emettere per conto loro titoli senior privi di rischio anche senza collaterale, non sosterrebbero alcun costo aggiuntivo partecipando agli Eurobond: poiché già contribuiscono con la loro reputazione, non dovrebbero contribuire al deposito in cash. Inoltre, non vi sarebbe alcun onere di interessi in più per quei paesi, visto che sul debito domestico non potrebbero spuntare un tasso inferiore a quello sugli Eurobond, essendo quest’ultimo uguale al tasso privo di rischio.
Rispetto agli attuali tassi di rendimento, il costo del debito junior aumenterebbe: da questo lato, non vi sarebbe alcuna differenza tra Eurobond e domestic tranching. La riduzione di valore dei titoli junior, rispetto alle attuali quotazioni dei titoli pubblici, potrebbe costituire un costo notevole per il settore privato. Questo potrebbe però essere limitato dall’incentivo a perseguire politiche fiscali più responsabili, limitando così le emissioni di titoli junior, proprio grazie al fatto che il costo marginale di emettere debito salirebbe. Sotto questo profilo è indispensabile che gli Eurobond coprano solo una quota del debito pubblico, almeno per i paesi ad alto debito.

UN ESEMPIO

Concludiamo con un esempio numerico. Consideriamo uno scenario in cui, nei prossimi dieci anni, il surplus primario medio della zona euro (in rapporto al Pil) sia lo 0,9 per cento, con una deviazione standard di 1,5 per cento. La crescita del Pil nominale sia del 3 per cento (2 per cento di inflazione più 1 per cento di crescita reale). Poniamo che vi sia una emissione di Eurobond con scadenza a dieci anni. In base al nostro modello, la perdita attesa su questo titolo sarebbe del 2,56 per cento (ipotizzando un livello standard del 60 per cento per la loss given default). Se l’emissione copre il 40 per cento del Pil, assicurare questa perdita costerebbe poco più dell’1 per cento del Pil della zona euro. Quindi, se i paesi della zona euro fossero disponibili a versare un deposito pari all’1 per cento del loro Pil, l’emissione di Eurobond sarebbe certamente fattibile. Come ripartire il costo del deposito? La regola che proponiamo prevede che quei paesi che sono maggiormente in grado di garantire l’emissione con la loro politica fiscale dovrebbero contribuire di meno al deposito. Così, un paese con un surplus primario atteso pari all’1,2 per cento del Pil – contro lo 0,9 per cento dell’euro area – dovrebbe versaremeno collaterale di un paese con un surplus dello 0,6 per cento: quest’ultimo sarebbe tenuto a fornire una assicurazione all’altro paese. In questo schema, il paese meno affidabile, che riceve il beneficio della garanzia dal paese virtuoso, restituisce almeno in parte il favore in moneta.