"Sette missioni per rilanciare l'Italia!". Rispolverando e spulciando i quotidiani rimasti in qualche angolo della cantina, della soffitta o, meglio, della nostra mente era lo slogan con il quale Silvio Berlusconi vinceva le elezioni nell'ormai remoto, sia come momento temporale che storico, 2008.

Tanto perché la memoria potrebbe far difetto, le misure previste riguardavano un contenimento graduale della pressione fiscale sotto al 40%, (oggi siamo ai massimi storici, ndr) ma anche misure, forse, meno valide da un punto di vista dell'impatto mediatico e sull'opinione pubblica ma che, nel generale progetto di rilancio della economia avevano un fondamento sostanziale. Come il versamento dell'Iva posticipato al reale incasso della fattura e i rimborsi da 60 a 90 giorni e l'abbattimento delle pastoie burocratiche e fiscali di ogni tipo. Si passa poi dalla energia nucleare all'aumento del numero dei Centri di permanenza temporanea per l'identificazione e l'espulsione degli extracomunitari clandestini. Sul fronte giustizia si prometteva l'esclusione degli sconti di pena per chi è recidivo e chi ha commesso reati di particolare allarme sociale. E poi l'inasprimento delle pene per i reati contro le "donne e i minori". Poi un grande "piano casa", ed udite udite un periodo di no tax assoluto per giovani che iniziano nuove attività imprenditoriali ed un bonus di locazione per le giovani coppie per creare le condizioni affinché mettano su famiglia il più presto possibile.

Per rilanciare lo sviluppo dell'economia italiana era previsto il rilancio e il rifinanziamento della legge obiettivo e delle grandi opere con priorità alle Pedemontane Lombarda e Veneta, al Ponte sullo Stretto di Messina e all'alta velocità ferroviaria e il coinvolgimento delle piccole e medie imprese di costruzione nella realizzazione delle grandi opere e contestuale produzione di 350mila nuovi posti di lavoro.

Per chiudere in bellezza come sempre si promette per il Sud, un piano straordinario per il potenziamento delle infrastrutture, la creazione di porti franchi, una legge obiettivo per i beni culturali. A questo si aggiunge il contrasto particolarissimo contro la criminalità organizzata, con un piano sicurezza per la legalità.

Naturalmente tutte parole utili alla raccolta del consenso elettorale ma lungi dall'essere minimamente attuate. Superfluo sottolinearlo visto che lo abbiamo osservato in questi drammatici anni dell'ultimo, si spera, governo del Cavaliere.


A tutto ciò è seguita una congiuntura mondiale negativa che ha investito come uno tsunami le economie del mondo globalizzato, (magari in regime di autarchia le conseguenza sarebbero state meno invasive, ndr) che Berlusconi ed il suo governo hanno prontamente e seccamente smentito, in un moderno ed autolesionista negazionismo che ci ha portato a credere, almeno la gran parte degli italiani, che la crisi non esistesse o fosse invenzione degli iettatori della sinistra e, comunque, nel caso si fosse palesata, l'avremmo superata prima e meglio di chiunque altro.

Tra scandali sessuali, intercettazioni imbarazzanti, esponenti politici stranieri volgarmente apostrofati e poltrone distribuite come caramelle agli sconosciuti, per una prestazione impropria, per la spartizione del "monte appalti pubblici "(finmeccanica in testa, ndr), o solo per comprare un silenzio "davvero" d'oro, si arriva dopo tre anni e ormai innumerevoli manovre finanziarie ad una situazione contingente devastata, sul piano economico, certo, ma sopratutto sul piano politico istituzionale.

La nostra credibilità internazionale, mai stata eccellente, oggi si barcamena tra l'imbarazzo e l'ilarità per la scomoda presenza di un Presidente del Consiglio, come da lui stesso affermato, "a tempo perso", la cui unica preoccupazione, nella drammatica situazione economica che viviamo quotidianamente, è quella di legiferare in nome e per conto proprio, ora sulle intercettazioni, poi sul processo lungo, dopo su altre amenità che nel frattempo si saranno appalesate.

Nel frattempo, dopo il declassamento subito da Standard & Poor's, (di cui Scilipoti non conosce nemmeno l'esistenza, figuriamoci la funzione), arriva anche quello da parte di Moody's. (Chi glielo spiega a Scilipoti ora?).

Infatti Moody's ha retrocesso ieri l'Italia dalla "Aa2" alla "A2" con un lacerante taglio di tre gradini. Con altrettanta severità guardando al futuro, ha mantenuto l'outlook negativo, la minaccia aperta di ulteriori declassamenti.

Tre le motivazioni del declassamento che comunque indica come "remoto" il rischio di default per l'Italia. Al primo posto "l'aumento reale del rischio nella capacità di raccolta a medio-lungo termine per gli stati dell'eurozona con alto debito pubblico, come l'Italia".

La seconda motivazione, che ha spinto Moody's a retrocedere l'Italia di tre gradini (come già fatto per la Grecia che è però un caso unico per aver truccato i conti pubblici), è la bassa crescita. "I rischi in aumento di rallentamento della crescita economica, provocati da carenze strutturali macroeconomiche e da prospettive globali sempre più deboli", sono menzionati tra le spiegazioni. Moody's ha evidenziato la "bassa produttività e le rigidità nel mercato del lavoro e dei prodotti". Le riforme impostate dal Governo per rilanciare la crescita dovranno essere "implementate in maniera efficiente".

Infine, è la politica italiana a doversi assumere la responsabilità del declassamento. "I rischi di attuazione e i tempi necessari per centrare gli obiettivi del consolidamento fiscale del Governo e ribaltare il trend negativo sul debito pubblico, a causa dell'incertezza politica ed economica", hanno fatto scattare la retrocessione. Per Moody's più della metà delle misure correttive è basata sull'incremento delle entrate e questo rende l'impianto della manovra vulnerabile all'andamento della crescita italiana e Ue. Viene poi messo in dubbio il "consenso politico per ulteriori tagli alla spesa".

Di conseguenza, Moody's ritiene difficile per il Governo ottenere l'avanzo primario programmato per ridurre debito/Pil (che Moody's prevede al 120% a fine anno) e spesa per interessi. Il declassamento riflette dunque "il peso di tutti questi rischi" che grava su quelli che restano alcuni punti di forza del merito di credito italiano: la mancanza di squilibri significativi nel sistema economico e di pressioni severe sul bilancio del settore privato, finanziario e non (famiglie e imprese); le misure intraprese dal Governo durante l'estate.

Assistiamo al decadimento della nostra Repubblica ormai quotidianamente: il governo lacerato da una guerra di successione intestina che riesce a ricompattarsi solo sull'orlo del precipizio ogni qual volta si fa l'appello per l'ennesimo voto di fiducia, le parti sociali e l'opposizione che gridano al voto anticipato ed alle dimissioni del premier con voce nemmeno troppo convinta ed i processi, le accuse, le tangenti e le corruzioni nella spartizione della "cosa pubblica" a fare da siparietto ad un postribolo, questo sì che lo è per davvero, che si chiama Italia.
Nel frattempo noi continuiamo la nostra vita quotidiana, fra multe, mutui, bollette e borse della spesa sempre meno pesanti, augurandoci, anche questo purtroppo,  che il nostro posto di lavoro non diventi la nostra tomba. L'ultimo pensiero davvero per le donne, madri, mogli, fidanzate che per 3,95 euro l'ora hanno pagato con la vita il caro prezzo cui questa classe politica e dirigente ci ha costretto a pagare la crisi del modello di sviluppo economico e sociale semplicemente iniquo, inopportuno, improduttivo e globalizzato impostoci.
E' il caso che ci fermiamo un momento a riflettere: il modello liberista-capitalista ci ha portato alla crisi mondiale, al depauperamento dei nostri risparmi, alla distruzione del sogno di un futuro caratterizzato da un benessere diffuso. Si è insistito su questo modello, mascherando la crisi sistemica in atto e chiamando i lavoratori a pagare con i propri diritti, con la rinuncia al welfare, cercando di contenere il costo del lavoro con privatizzazioni, liberalizzazioni e delocalizzazioni a manodopera più bassa.
Pensiamo a Tina Ceci, 37 anni, Matilde Doronzo, 32 anni; Giovanna Sardaro, 30 anni; Antonella Zaza, 36 anni; Maria Cinquepalmi, 14 anni e a tutti coloro i quali muoiono sul lavoro, ogni giorno, per 3,95€ l'ora. 
Questa è la competizione nel mondo globale: lo svilimento della dignità del lavoratore, della persona umana, tutto per idolatrare il dio profitto. Riprendiamoci le nostre vite costruendo un mondo dove le persone vengano valorizzate come esseri umani, senza avere una etichetta ed un prezzo.