Era stato annunciato, ora la decisione viene ufficializzata. Dal primo gennaio 2012 Fiat uscirà da Confindustria. La comunicazione arriva direttamente dall’ad Sergio Marchionne che l’ha girata con una lettera scritta ad Emma Marcegaglia. La notizia arriva in contemporanea con l’apertura dei mercati. Con Piazza Affari che precipita. Stesso destino per il titolo Fiat che perde il 4%.

La clamorosa decisione del Lingotto riguarda Fiat e Fiat Industrial. Ecco allora il testo della lettera inviata al presidente degli industriali. “Cara Emma negli ultimi mesi, dopo anni di immobilismo, nel nostro Paese sono state prese due importanti decisioni con l’obiettivo di creare le condizioni per il rilancio del sistema economico. Mi riferisco all’accordo interconfederale del 28 giugno, di cui Confindustria è stata promotrice, ma soprattutto all’approvazione da parte del Parlamento dell’Articolo 8 che prevede importanti strumenti di flessibilità oltre all’estensione della validità dell’accordo interconfederale ad intese raggiunte prima del 28 giugno”. “La Fiat – prosegue la missiva – fin dal primo momento ha dichiarato a Governo, Confindustria e Organizzazioni sindacali il pieno apprezzamento per i due provvedimenti che avrebbero risolto molti punti nodali nei rapporti sindacali garantendo le certezze necessarie per lo sviluppo economico del nostro Paese. Questo nuovo quadro di riferimento, in un momento di particolare difficoltà dell’economia mondiale, avrebbe permesso a tutte le imprese italiane di affrontare la competizione internazionale in condizioni meno sfavorevoli rispetto a quelle dei concorrenti. Ma con la firma dell’accordo interconfederale del 21 settembre è iniziato un acceso dibattito che, con prese di posizione contraddittorie e addirittura con dichiarazioni di volontà di evitare l’applicazione degli accordi nella prassi quotidiana, ha fortemente ridimensionato le aspettative sull’efficacia dell’Articolo 8. Si rischia quindi di snaturare l’impianto previsto dalla nuova legge e di limitare fortemente la flessibilita’ gestionale. Fiat, che è impegnata nella costruzione di un grande gruppo internazionale con 181 stabilimenti in 30 paesi, non puo’ permettersi di operare in Italia in un quadro di incertezze che la allontanano dalle condizioni esistenti in tutto il mondo industrializzato. Per queste ragioni, che non sono politiche e che non hanno nessun collegamento con i nostri futuri piani di investimento, ti confermo che, come preannunciato nella lettera del 30 giugno scorso, Fiat e Fiat Industrial hanno deciso di uscire da Confindustria con effetto dal 1 gennaio 2012. Stiamo valutando la possibilita’ di collaborare, in forme da concordare, con alcune organizzazioni territoriali di Confindustria e in particolare con l’Unione Industriale di Torino. Da parte nostra, utilizzeremo la libertà di azione applicando in modo rigoroso le nuove disposizioni legislative. I rapporti con i nostri dipendenti e con le Organizzazioni sindacali saranno gestiti senza toccare alcun diritto dei lavoratori, nel pieno rispetto dei reciproci ruoli, come previsto dalle intese già raggiunte per Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco. E’ una decisione importante, che abbiamo valutato con grande serietà e attenzione, alla quale non possiamo sottrarci perché non intendiamo rinunciare a essere protagonisti nello sviluppo industriale del nostro Paese. Con i miei migliori saluti. Sergio Marchionne”.


Evidente, oggi, che le soluzioni che la FIAT e più in generale  il modello capitalista-liberista riesce a trovare alla crisi finanziaria, la più grave dal 1929 ad oggi, non risolvono mai il problema affrontandolo alla sua origine, cioè il sistema stesso, ma cerca in ogni modo la propria sopravvivenza cannibalizzando e danneggiando welfare e diritti acquisiti dai lavoratori, umiliando le nuove generazioni, distruggendo le speranze di un futuro sereno sostenuto dal benessere diffuso.

Il sistema capitalistico ha cercato negli anni degli aggiustamenti attraverso le privatizzazioni, cercando misure normative contenitive del costo del lavoro, del welfare, dei diritti volte a non evidenziare la crisi sistemica in atto.

Oggi dalla Grecia agli USA, dai 30.000 statali a rischio licenziamento ai 700 indignados yenkees arrestati arrivano segnali di una prorompente e prepotente presa di coscienza dei popoli: il sistema economico, il modello di sviluppo, il sistema di valori di una società non sono verità rivelate di cui una classe elitaria ed iniqua è depositaria, sono scelte che appartengono alla sovranità popolare, che da oggi noi tutti vogliamo fare, per scegliere davvero per la nostra vita, per il nostro benessere, per il nostro futuro.


Rise up people of the world, rialzatevi popoli del mondo e riprendetevi ciò che vi appartiene: la vostra vita!