«Portiamo in piazza milioni di persone, facciamo fuori il palazzo di Giustizia di Milano, assediamo Repubblica: cose di questo genere, non c'è un'alternativa...». Silvio Berlusconi si sfoga. Parla con Valter Lavitola. Le intercettazioni risalgono al 2009 e sono state depositate agli atti del processo per l'inchiesta di Pescara sui fondi dell'«Avanti», di cui Lavitola era direttore prima di diventare latitante. Le conversazioni sono state pubblicate da la Repubblica.

Il quotidiano rende noto estratti di quattro telefonate dal 20 al 30 ottobre, in cui Lavitola assilla la segretaria Marinella («lasciami vivere» gli dice lei) per avere appuntamenti telefonici con il premier, per organizzare l'arrivo a palazzo Grazioli del generale Spaziante («Ci sta un certo Marco Milanese che non deve sapere niente assolutamente»), per chiedere lo sblocco dei fondi all'editoria che finanziano anche il suo giornale. La «telefonata shock» è una conversazione con il premier del 20 ottobre 2009 in cui Berlusconi si lamenta della situazione affermando anche «siamo nelle mani dei giudici di sinistra» che si appoggiano «a Repubblica e a tutti i giornali di sinistra, alla stampa estera...» Un lunghissimo sfogo che si conclude «per cui o io lascio... Che dato che non sto bene per niente ho anche pensato di fare, oppure facciamo la rivoluzione, ma la rivoluzione vera... Portiamo in piazza milioni di persone, facciamo fuori il palazzo di Giustizia di Milano, assediamo Repubblica: cose di questo genere, non c'è un'alternativa...». E Lavitola gli dice «Presidente, però se mi permette la prima opzione scordiamocela...».
Silvio l'eversivo. Silvio il rivoluzionario. Silvio il dittatore. Il modello di Stato democratico che lui ha in mente non coincide esattamente con quello di democrazia diretta risalente alla antica Grecia,  dove il potere era esercitato direttamente dal popolo ed i cittadini si riunivano nell'agorà (oggi la piazza).
Tanto meno con il modello di democrazia indiretta con una rappresentanza parlamentare eletta democraticamente a suffragio universale dal popolo.
Il quadro dipinto dallo stralcio delle intercettazioni pubblicate è piuttosto inquietante:  secondo il premier, eufemisticamente, non hanno alcuna importanza il popolo (la gente), tanto meno il parlamento.
Forse il presidente del consiglio dimentica che L'Italia è una repubblica parlamentare (quindi a democrazia indiretta), ma che la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Assistiamo quotidianamente, non soltanto da parte del premier a dire il vero,  all'utilizzo personalistico ed individuale delle istituzioni repubblicane, come se fossero di proprietà privata anziché appartenenti alla "res" pubblica.
Le attività legislative e normative che i rappresentanti parlamentari sono chiamati a svolgere hanno come oggetto la qualità della vita del popolo italiano nella sua interezza, con validità "erga omnes". Non come invece accade l'interesse particolare di quella confederazione, di quella corporazione o addirittura, di un singolo soggetto. Si è completamente perso il significato primordiale della politica ossia secondo una definizione aristotelica del tutto valida ancora oggi  l'amministrazione della "polis" per il bene di tutti con la determinazione di uno spazio pubblico al quale tutti i cittadini partecipano.
Spesso abbiamo sentito Berlusconi inveire contro i giudici di sinistra appellandoli come eversivi dello stato di diritto. Ricordiamo bene i manifesti di Lassini la scorsa primavera che invocava "fuori le br dalla procura di Milano" e che avevano un mandante preciso e ben identificato. Quante volte Silvio dai palchi dei comizi dei "circoli della libertà" aveva denunciato l'operato della magistratura eversiva!
I contenuti delle intercettazioni pubblicate da Repubblica sono al limite dell'attentato alla Costituzione in quanto si propone di mutare la costituzione dello Stato, o la forma del Governo, con mezzi non consentiti dall'ordinamento costituzionale dello Stato. E la cosa impressionante è che a pronunciare queste parole è il Presidente del Consiglio dei Ministri, quarta più alta carica della Repubblica Italiana, intrattenendosi telefonicamente con uno dei tanti "faccendieri" che sembrerebbe hanno una valenza ed influenza a livello istituzionale molto più ampia di quanto realmente possiamo immaginare.
L'italia è davvero un campione anomalo nel panorama delle democrazie occidentali. Non soltanto per gli ultimi episodi citati, ma per il tumultuoso mare di avvenimenti succedutisi in questo ultimo scorcio temporale.
Così ogni volta che ci sembra di aver toccato il fondo ci troviamo daccapo a commentare un episodio ancor più grave: dalle corna nelle foto ufficiali ne è passato di tempo, passando per le barzellette con bestemmia contro un avversario politico, alle frasi sessiste, gli scandali sessuali, le quote rosa in parlamento usate per costituire un harem ed il parlamento stesso utilizzato al punto di legiferare unicamente per trarre vantaggi personali per sé o per le aziende di famiglia.
Uno stato nello stato che colpisce al cuore la democrazia, uccidendola. Riflettiamoci: abbiamo assistito negli anni alla graduale sostituzione della rappresentanza politica con la rappresentanza degli interessi. Non è uno stato, ma l'anti stato. Non è democrazia, è eversione della democrazia.