Era nell'aria che non sarebbe stata una manifestazione solo pacifica, come era nell'aria che sarebbe stata una manifestazione oceanica. Entrambe le cose si sono verificate: "Europe Rise Up" per gli italiani è stato un appello che ha fatto subito proseliti: una data, quella di oggi, per ricondurre in piazza i tantissimi movimenti, le innumerevoli vertenze che in questi ultimi due anni hanno attraversato un'Italia fiaccata dalla crisi e da un governo debole e arrogante.


Mentre scriviamo sono ancora in atto violenti scontri sia a piazza San Giovanni che a piazza Vittorio, dove una parte del corteo per cui è stato impossibile arrivare a piazza San Giovanni - dove avrebbe dovuto finire la manifestazione - aveva ripiegato.


La cronaca racconta una manifestazione determinata, fortemente politica, ricca di contenuti. Dal popolo dei referendum, ai terremotati dell'Aquila, dai cassaintegrati, ai precari. Dagli operai della Fiat a quelli dell'Asinara, dalla scuola pubblica ai no Tav. Tutte le facce dell'Italia che resiste e dell'Italia che non è pacificata. Sono arrivati a Roma con pullman da tutte le città del paese, che stamattina risultavano stra pieni, stupendo anche le organizzazioni, che non si aspettavano una partecipazione così entusiastica.


Ma non siamo a Genova 2001.Qui i gruppi organizzati che hanno deciso di alzare il livello dello scontro, che non pensano possa avere un senso  "semplicemente" andare in piazza, hanno letteralmente seminato il panico. Ma erano parecchi, non gruppi spauruti, e sicuramente non infiltrati. A Roma sono andate in scena dinamiche che ormai da anni vediamo rimbalzare in tv tra Grecia, Spagna (non gli ultimi indignados), Inghilterra.
Le azioni violente, molto spesso scellerate, sono iniziate dopo un'oretta che il corteo scivolava da piazza della Repubblica a via Cavour. Insomma, subito, perché perché tanta era la gente che il fiume di persone ha sfilato per almeno tre ore.
Hanno spaccato banche, un supermercato, incendiato macchine - mentre il corteo passava, con il rischio di fare male a qualcuno - e, l'azione più ripresa, a via Labicana hanno incendiato un ufficio del ministero della Difesa. Fiamme fino al primo piano, ci sono voluti i vigili del fuoco per spegnere quell'immensa colonna di fuoco. Il tetto dell'edificio, tuttavia, è crollato.


Spesso lungo la manifestazione ci sono stati dei veri e propri scontri tra i manifestanti che pensavano fosse il caso di spaccare tutto, e chi invece era arrivato a Roma per manifestare pacificamente. Gli uni contro gli altri. Ma poi, a piazza San Giovanni, dove è scoppiata una vera e propria guerriglia urbana (diverse persone, anche tra le forze dell'ordine, sono state ferite, ma un manifestante è ricoverato al San Giovanni in condizioni critiche) anche chi non faceva parte dei "gruppi organizzati" si è contrapposto alla polizia. E a proposito del comportamento delle forze dell'ordine, che per buona parte della manifestazione ha avuto una presenza discreta, c'è da registrare un atteggiamento piuttosto provocatorio nei confronti di chi manifestava. Con veri e propri "caroselli" in piazza San Giovanni, che hanno permesso ai più volenti di impossessarsi, praticamente, del punto di arrivo della manifestazione.
Unanime la condanna dal mondo politico, sia da destra che da sinistra. Ma è pur vero che chi ha alzato il livello dello scontro oggi a Roma faceva parte a pieno titolo di quella grande manifestazione che voleva contestare con forza e determinazione la soluzione alla crisi proposta dalla ricetta indigesta della Bce. Sono ragazzi organizzati, spesso impegnati politicamente, cresciuti con gli scontri greci negli occhi, indisposti a qualsiasi livello di mediazione con la politica istituzionale. Un pensiero politico che crescerà insieme alla crisi mondiale.Ma a piazza San Giovanni i ragazzi hanno anche cercato di contrastare la polizia con le mani alzate. 


La condanna unanime e bipartisan, come detto, è  arrivata nell'immediato succedersi dei fatti violenti occorsi nella capitale, come la sensazione di un deja-vu, ma non siamo a Genova e non siamo nel 2001. La percezione però è che le problematiche contingenti siano immutate e rimaste senza una risposta. Non vuole essere certo una giustificazione dell'accaduto, semmai la ricerca di una verità che come tristemente ci ha abituati la storia del nostro paese, da Piazza Fontana ad Ustica, passando per la stazione di Bologna e il g8 di Genova, rimane avvolta da una nebbia sinistra, ripetutamente rimbalzante contro quel muro di gomma così bene raccontato 20 anni fa da Marco Risi.
Il presentimento che porto nel cuore è che le domande rimarranno senza risposta ed il cambiamento auspicato non perseguirà la strada della giustizia sociale, della lotta alla sperequazione della distribuzione delle ricchezze, della restituzione di un futuro fatto di speranza ai tanti giovani che aspettano solo la possibilità di espressione delle proprie potenzialità lavorative per vivere dignitosamente il proprio domani. Oggi ci è sottratta anche la possibilità di manifestare pacificamente il dissenso e l'indignazione La crisi sistemica in atto, come un caterpillar, corre sopra ai  diritti acquisiti dei lavoratori, devastando redditualità dirette ed indirette, distruggendo il benessere, disintegrando il welfare, dimenticando i soggetti meno abbienti, le fasce più deboli, tutto pur di preservare un potere acquisito negli anni da un capitalismo senza freni che inducendo ad un consumo sfrenato, su mercati sempre più deregolamentati, ha finito per consumare anche sé stesso. Il passo successivo deve essere una rivoluzione sistemica che porti ad un modello di sviluppo diverso la cui base è il risparmio e non il consumo, dove l'equa distribuzione delle ricchezze porti ad un benessere diffuso e a credere quindi ad un futuro migliore. Alla luce di quanto accaduto, però, la domanda è ne abbiamo davvero la forza? e quale il prezzo che dovremo pagare?Rivoluzione o involuzione?