E finalmente è arrivato il giorno della fine di una era, quella del berlusconismo, che ha segnato una epoca storica durata 20 anni lasciando un profondo imprinting non soltanto politicamente, ma anche e, forse, soprattutto, sociologicamente nella società italiana, nel modo di pensare, di agire, di vivere.
Berlusconi attraversando questo arco temporale con il suo potere mediatico, politico e l'indubbio carisma che lo caratterizza ci aveva convinto che un uomo solo al comando avrebbe risolto ogni cosa. Un potere taumaturgico che realizzasse il nuovo miracolo italiano: oggi sull'orlo del baratro, riguardando il film in "rewind" scorgiamo la sottile illusione di ieri, la disillusione di oggi.
Ieri forse, più di oggi, è stata la giornata più drammatica per il cavaliere. Il giorno in cui forse si è definitivamente reso conto di essere ai titoli di coda, tradito dai fedelissimi che nell'ora più buia, quella dell'inesorabile naufragio, abbandonano la nave, salvando il salvabile, sé stessi o almeno ci provano.
Nel lungo vertice notturno a Palazzo Grazioli, spiegano alcuni dei presenti, si è ragionato sui possibili scenari e le possibili soluzioni per uscire dall’attuale situazione critica. Il premier Berlusconi, viene riferito, ha ascoltato i vari ragionamento dei big del Pdl, orientati per la maggior parte sulla convinzione che così non si può andare avanti. Lasciando la residenza romana del premier, il ministro della Difesa, Ignazio La Russa ha spiegato: “Non abbiamo alcuna difficoltà ad affermare che il provvedimento sul rendiconto passerà”. Ma alla domanda, con quali numeri la maggioranza supererà l’appuntamento alla Camera, la Russa si è limitato a replicare: “Ogni giorno ha la sua pena”.

Berlusconi si è preso quindi una notte di tempo: vuole vedere e toccare con mano la consistenza della sua maggioranza. Ogni decisione, quindi, sarà presa dal presidente del Consiglio solo dopo il voto di oggi, sul quale pesa l’incognita dei ‘frondisti’ e la decisione dell’opposizione su un eventuale astensione. Dopo il voto, riferiscono sempre le stese fonti, Berlusconi incontrerà i vertici della Lega e poi riconvocherà lo stato maggiore del Pdl. A seconda di come andrà il voto sul rendiconto sono tre i possibili scenari: la maggioranza tiene e ha i numeri – come ha sostenuto fino a ieri lo stesso Berlusconi – per andare avanti; al contrario, non si raggiunge una quota sufficiente per la sopravvivenza ed allora Berlusconi potrebbe optare per la richiesta al capo dello Stato di dar vita ad un nuovo governo sempre targato centrodestra ma allargato magari ai centristi; oppure la soluzione cara alla Lega del voto anticipato.

Sul nuovo governo, tuttavia, fanno notare le fonti, bisogna valutare l’atteggiamento dello stesso Pdl, per il quale non è indifferente il nome dell’eventuale nuovo premier e resta sempre su questa ipotesi, il ‘nodo’ della Lega che ha ribadito anche oggi a Berlusconi stesso di volere le urne al più presto in caso di caduta. Su tutto, però, prevale la reiterata richiesta dei vertici del Pdl al premier di sbloccare una situazione non piu’ sostenibile, magari anche attraverso le dimissioni. I nomi che circolano sull’eventuale nuovo governo sono sempre gli stessi, anche se mescolati diversamente: per esempio, Gianni Letta premier e Mario Monti vice, e soprattutto superministro dell’Economia. Ma il nome di Letta pare indigesto a chi, tra centristi e Pd, vorrebbe una rottura più netta con il mondo berlusconiano.

In una intervista al Corriere della SeraRoberto Antonione, che ha firmato, insieme ad altri 5 deputati la lettera degli ‘scontenti’ rivela: “Berlusconi mi ha invitato, ma io non ci andrò. Dice che i traditori li vuole guardare negli occhi, ma io non sono un traditore e una frase così non mi ha fatto piacere”. “Io – dice – non ho complottato” ma “ho fatto una scelta politica chiara. Non condivido il modo di agire del presidente e penso che andando avanti così possa fare ancora danni al Paese”. Per questo Antonione non voterà la fiducia: “Se si allarga la maggioranza sarò l’uomo più felice del mondo, ma se non avviene io non posso votarla”. Con Prodi, aggiunge, “non facevamo che tuonare contro di lui e ora la situazione è assai più seria e preoccupante di allora”. Al premier, ricorda, “abbiamo chiesto con grande trasparenza di guidare la transizione” ma lui “si è chiuso nel suo bunker”. Ora però “viviamo in una situazione kafkiana non più sostenibile” ed è “incomprensibile non guardare la realtà. Quando la casa brucia non vado a chiedere a quelli che portano acqua chi sono e da dove vengono”.

Gerardo Soglia da febbraio passato con i Responsabili, parla di un tentativo di avvicinamento da parte dell’Udc: ”Mi vogliono convincere a cambiare casacca? Almeno mi convochino, mi parlino”, spiega in una intervista a Repubblica. Sarà anche “un moscerino, un deputato mini” ma “il mio voto vale come quello di Casini e lo devono capire!”, commenta Soglia. In realtà, riferisce anche in una intervista al Mattino, di ‘abboccamenti’ ce ne sono stati due, uno anche da parte di “Santo Versace” che “vuole fare una formazione a sostegno di Udc e Futuro e libertà. E’ un imprenditore come me, abbiamo discusso a lungo, gli ho detto no”. Perchè “io voto Berlusconi e non tradisco”. Soglia però ribadisce che, come già ha detto al premier “è il momento di lasciare il passo. Ma lui ha detto no, non credo che sia lucido”.



Bisogna doverosamente interrogarsi su chi dopo Berlusconi abbia la lucidità sufficiente per portarci fuori dall'incubo. La realtà è che oggi sull'orlo del baratro, sostituire il premier sia soltanto un palliativo che non risolve la crisi alla radice.

In fondo Berlusconi non rappresenta altro che quello che davvero siamo come paese, come popolo: un paese furbo, pressapochista e arraffone che vede nelle leggi solo un inutile lacciuolo alla libertà di fare ciò che si vuole. Così succede che parcheggiando in doppia fila, colposamente, si provoca la morte di un ragazzo di 12 anni oppure che un nubifragio sia il triste scenario della fine amara di vite innocenti.

Interroghiamoci sul perché un uomo come Berlusconi abbia, in questo ventennio, fatto ciò che ha voluto delle nostre istituzioni repubblicane, disponendo con disarmante semplicità e per usi personali e privati della "res" pubblica. Interroghiamoci sulle responsabilità che il primo guardiano della democrazia, il popolo, inevitabilmente ha. Scopriremo che, nel nostro vissuto, nel nostro quotidiano, nel nostro agire ognuno di noi porta il peso di precise responsabilità per la drammatica situazione contingente che stiamo attraversando. Dovremmo acquistare, come popolo, il rispetto del prossimo, il senso civico di appartenenza allo stato, l'adempimento dei nostri obblighi quali cittadini italiani pretendendo, al contempo, l'ottemperanza dei propri da parte della amministrazioni pubbliche, delle istituzioni repubblicane. Dovremmo cambiare il modo di concepire lo stato ed operare tutti per lo stesso fine: il bene comune. Dovremmo cambiare, certo! Ma alla fine cambieremo soltanto il premier.