Termini Imerese chiude, ma "l'accordo per la riconversione dello stabilimento non è stato ad oggi firmato", sottolinea Maurizio Landini della Fiom, che diffonde il contratto di Pomigliano dove troneggia emblematicamente Sergio Marchionne nelle vesti dello "Zio Sam".

Il neo ministro del Lavoro Elsa Fornero, parlando all'assemblea della Cna, oltre a spiegare che la riforma delle pensioni "è stata largamente già fatta ma i tempi possono essere ulteriormente accelerati" (leggi - ), spiega i principi fondamentali del governo Monti e del suo Ministero, che si basano, afferma, sulle parole chiave "rigore ed equità". Il rigore, per la Fornero, sarebbe "necessario per sanare lo squilibrio economico e finanziario che il resto del mondo ha dimostrato di non tollerare chiedendoci un rientro dal debito in tempi rapidi", mentre l'equità "implicherà che i sacrifici imposti siano equilibrari in funzione della capacità di sopportazione dei singoli" perché, promette, "non possono essere sempre i più deboli, non solo per reddito, a sopportare i maggiori sacrifici".

E tra "i più deboli" rientrano anche i lavoratori dello stabilimento Fiat di Termini Imerese, che da oggi "saranno in Cassa integrazione fino al 31 dicembre, data in cui il Lingotto lascerà definitivamente la Sicilia", visto che "dopo 40 anni di produzione dell'azienda automobilistica torinese, il 24 novembre, termina la produzione con l'ultima Lancia Y che uscirà dalla catena di montaggio dello stabilimento siciliano", come ricorda in una nota la CGIL. La Fornero assicura che "il governo segue con molta attenzione" la questione di Termini Imerese, spiegando che "le medie e le grandi imprese non possono abbandonare il Paese", specificando che "pur nell'autonomia delle parti, il governo è pronto a offrire un contributo costruttivo, se richiesto, alla composizione della vicenda". Nel frattempo, però, "l'accordo per la riconversione dello stabilimento di Termini Imerese non è stato ad oggi firmato", come specifica il Segretario Generale della FIOM CGIL, Maurizio Landini, e questo perché, denuncia, "la FIAT non l'ha permesso". Landini annuncia, quindi, che ha avuto "inizio un presidio permanente che non consentirà di fare uscire le auto dallo stabilimento, fino a quando non ci sarà un accordo", invitando la Fiat ad assumersi "fino in fondo le proprie responsabilità" e favorire infine "la possibilità di una soluzione della vertenza".

Come spiega in una nota la Fiom CGIL, "i nodi più complicati da sciogliere nella trattativa sono quelli della mobilità e dell'accompagnamento alla pensione per i lavoratori di Termini Imerese", tanto che Landini giudica "un atteggiamento arrogante e non accettabile" quello della Fiat "di non voler applicare per i lavoratori di Termini Imerese, lo schema di incentivi alla pensione sempre utilizzato in tutti gli stabilimenti". In quest'ultimo periodo vi sono stati diversi incontri per concludere il passaggio di proprietà tra FIAT e Dr Motors, azienda che acquisirà lo stabilimento di Termini Imerese, ma il MISE ha rinviato al 30 novembre la discussione sulla questione della mobilità. Il 29 novembre, invece, la Fiat incontrerà a Torino i sindacati, appuntamento però fissato in seguito all'annuncio, da parte dell'azienda, di recedere dal 1 gennaio 2012 da tutti gli accordi sindacali e quindi dal Contratto nazionale dei metalmeccanici. Un problema, questo, che il ministro del Lavoro Elsa Fornero non ha ancora sollevato. La sua prima dichiarazione fu semplicemente spiegare che questa "è una questione delicata che va trattata con grande attenzione" (leggi - Marchionne: stop contrattazione aziendale obsoleta. Cioè meno diritti?, mentre durante l'assemblea della Cna sembra collegarsi alla vicenda affermando solo che "il governo segue con moltissima attenzione il caso Fiat nella convinzione che le parti condividano" l'approccio che va "all'insegna dei principi di rigore, equità e crescita".

Il fatto però che la Fornero prometta che da qui in avanti "si potranno rimuovere e attenuare i lacci e lacciuoli che hanno impedito al Paese di crescere" alimenta in qualcuno il dubbio che forse l'idea della Fiat di estendere a tutti gli stabilimenti il contratto di Pomigliano (leggi "Fiat estende contratto Pomigliano, e applica art 8. FIOM sarà esclusa"  non sarà troppo osteggiata dal governo Monti. La Fiom continua decisa la sua battaglia, tanto da diffondere un "opuscolo" dove troneggia emblematicamente un Sergio Marchionne nelle vesti dello "Zio Sam" che, indicando ognuno di noi, annuncia: "Adesso tocca a te!". Nell'opuscolo viene riprodotto integralmente l'accordo del 29 dicembre 2010 (Pomigliano 2), in maniera tale che tutti possano prenderne visione e giudicarlo, senza intermediazioni a volte anche faziose. La Fiom ritiene che sarà infatti questo accordo ad essere applicato come contratto di primo livello al posto del contratto nazionale in tutti i siti Fiat, sottolineando che "i cambiamenti in negativo previsti nell'accordo sulle condizioni di lavoro e sui diritti dei lavoratori, sono di una radicalità tale che è opportuno che i diretti interessati sappiano cosa è stato firmato in modo non filtrato da alcun tipo di sintesi".

In realtà, Marchionne si muove solo nelle logiche di mercato del neo liberismo e del mercato globalizzato. Mi fanno ridere coloro i quali si travestono da difensori del mercato globale pretendendo poi che le aziende investano in territori inariditi economicamente dal malaffare e dalla corruzione. Compito della politica è favorire investimenti rendendo appetibili i luoghi e facilitandone la fruizione con una burocrazia efficiente e snella. Se non ne è capace causando la chiusura degli stabilimenti la colpa non è riconducibile certo ad un amministratore delegato che non fa altro che gli interessi della sua azienda in generale, degli azionisti nello specifico. Se il governo vuole agire in una logica di mercato capitalistico deve giocoforza accettarne le regole, che seppur crudeli sono regolamentate esclusivamente dalla legge della domanda e dell'offerta. Se la politica invece pretende di risolvere la crisi del tessuto industriale applicando soluzioni da statalismo socialista muovendosi in una logica di mercato capitalista è ora che si renda conto che ha sbagliato modello di sviluppo. Che poi Marchionne abbia munto "la vacca" Italia finché ha potuto mandandola tranquillamente al macello oggi è pacifico. A lui se vogliamo possiamo attribuire una responsabilità morale, ma la responsabilità politica rimane in capo a chi, con contributi statali ed incentivi alla rottamazione, ha "dopato" il tanto amato "mercato". Per prima cosa bisogna scegliere a quale modello di sviluppo far riferimento. In quello neo-liberista capitalistico una azienda sta sul mercato unicamente grazie alle proprie potenzialità. Se lo Stato interviene alterando questa logica implicitamente mette in discussione un modello di sviluppo socio-economico imposto dalla caduta del muro di Berlino in poi, ma evidentemente fallace. Ed il fallimento di questo modello è la rappresentazione univoca delle incapacità di questa classe dirigente che come unica soluzione ad una crisi economico-finanziaria da loro stessi generata adottano provvedimenti che tagliano diritti dei lavoratori, previdenza, servizi, welfare.