Le giornate del debito comune sono un esempio di patriottismo economico. E consentiranno alle banche di scaricare i loro bilanci di un po’ di titoli dal valore incerto. Ma i singoli risparmiatori devono anche chiedersi se acquistare in questo frangente titoli di stato italiani sia conveniente. La risposta, come dicono gli esperti del risparmio, varia da individuo a individuo. E le alternative non sono molte. Nemmeno il tradizionale materasso visto che è anche salita l’inflazione.

Malgrado il cambio di governo, il costo del Btp a dieci anni non scende sotto al 7 per cento. Se il nuovo debito sarà rinnovato ai tassi di novembre 2011, il costo medio del debito potrebbe salire oltre il 5 per cento nel 2012 (dal 4 per cento del 2010). Soprattutto, un costo del debito al 7 per cento accresce il cliff risk, il rischio che la perdita di valore del debito italiano porti le banche a ritirarsi dal mercato interbancario, dove fino a ieri si procuravano liquidità dando in garanzia i Btp, e a procurarsi liquidità direttamente vendendo una volta per tutte i titoli del debito nei loro portafogli nella speranza di minimizzare le perdite. Quando questo avviene, un paese ha imboccato il punto di non ritorno sulla strada del default.

LE GIORNATE DEL DEBITO COMUNE

È con questi drammatici chiari di luna che arrivano le giornate del debito comune. In due diversi giorni, il 28 novembre e il 12 dicembre 2011, i singoli cittadini, le famiglie, gli imprenditori o le imprese che decidano di mettere una parte dei loro risparmi in titoli di Stato possono acquistare rispettivamente Btp già esistenti (il 28 novembre nel “Btp day”) oppure Bot a un anno di nuova emissione (il 12 dicembre nel “Bot day”) a condizioni di favore. Cioè senza pagare le commissioni bancarie solitamente dovute nella compravendita di questi titoli. L’iniziativa ha un indubbio sapore patriottico che non può essere sottovalutato, soprattutto in un periodo in cui un’altra parte dell’opinione pubblica - quella del popolo degli indignati - ha rivolto appelli di segno opposto, proponendo di non restituire un debito definito odioso perché contratto e malamente sprecato dalle generazioni precedenti. C’è poi da aggiungere che non tutti i giovani sono indignati. O, se sono indignati, non tutti traggono la conclusione che si debba fare default su un debito ingiusto. Gli studenti di Ogni Promessa è debito dell’Università di Bologna e della nascente associazione “Regaliamoci il Futuro” dell’Università Bocconi hanno aderito all’iniziativa dell’imprenditore toscano Giuliano Melani, promuovendo la raccolta di piccole somme da destinare all’acquisto collettivo di titoli del debito pubblico italiano.
Se l’operazione avrà successo, come osservato da vari commentatori, ciò consentirà alle banche italiane di sgravare un po’ gli attivi dei loro bilanci del peso di titoli dalla valutazione incerta, in cambio di uno sconto sulle operazioni di compravendita. L’operazione potrebbe forse consentire anche al nuovo governo italiano di guadagnare un po’ di tempo nell’approvazione e nell’attuazione delle riforme richieste dai mercati finanziari e dalla necessità di rendere competitive società ricche e invecchiate in un mondo globale affollato di paesi emergenti poco disposti a fare sconti. Ma il tempo dei rinvii è abbondantemente scaduto, come testimonia il crescente nervosismo dei mercati e dei media nazionali e internazionali di fronte alle prime esitazioni del nuovo governo.

PATRIOTTISMO ECONOMICO E RISPARMIO INDIVIDUALE

Le giornate del debito comune non presentano solo aspetti patriottici e di sistema. La questione ha una rilevanza di carattere personale per i risparmi dei singoli italiani potenzialmente coinvolti. La domanda che ci si deve porre è: il patriottismo conviene?
Come scrivono sempre i consulenti del risparmio, la verità è che non c’è una risposta sola per tutti. I rendimenti sul debito italiano sono decisamente più alti che in passato. Per chi è fiducioso che lo Stato italiano saprà onorare le sue promesse e nello stesso tempo non ha bisogno dei suoi risparmi su un periodo di tempo medio-lungo, i Btp (che hanno scadenze variabili da 3 a 30 anni) possono offrire una buona opportunità. Essenzialmente perché i titoli del debito italiano oggi costano poco e rendono bene (se l’Italia onorerà interamente il proprio debito). Il patriottismo può anche convenire.
La risposta può però essere molto differente per chi avrà con elevata probabilità bisogno dei suoi risparmi prima della scadenza naturale del titolo e per chi sia avverso al rischio. Chi si trovasse nella necessità di liquidare i suoi titoli anzi tempo, rischia di mangiarsi tutti in un colpo i guadagni ottenuti sui rendimenti annuali se nel momento della vendita ci si trovasse in una situazione come quella di oggi nella quale chi vende i suoi Btp lo può fare ad un prezzo relativamente basso. Per chi è esposto a necessità di questo tipo, piuttosto che partecipare al Btp day, meglio il Bot day. I Bot hanno infatti scadenze più brevi, comprese tra i 3 e i 12 mesi, e sono di solito soggetti a variazioni di tasso piuttosto contenute. Anche qui le cose possono essere occasionalmente molto diverse, però: l’asta di Bot a sei mesi del 25 novembre ha fatto registrare il tasso del 6,5 per cento, più alto di ben tre punti rispetto all’asta di ottobre 2011.

LE ALTERNATIVE PER I NON PATRIOTTICI

Se non si è troppo patriottici (o troppo autolesionisti), la lista delle alternative non è purtroppo molto lunga. Con l’Italia a rischio di default, si può considerare la possibilità di acquistare titoli di altri Stati europei. Ma greci, spagnoli e portoghesi stanno peggio di noi. E anche ciò che fino al 20 novembre era considerato il più sicuro dei porti sicuri, cioè il bund tedesco a 10 anni, dà segni di cedimento a causa del peggioramento delle prospettive di solvibilità di tutti i paesi nell’area euro. Il tasso che il governo tedesco deve offrire per convincere i risparmiatori a sottoscrivere è aumentato e ha superato i 2 punti percentuali, ritornando ad essere superiore a quello dei titoli del Tesoro americano. I titoli tedeschi e degli altri paesi del nord Europa rappresentano oggi alternative più sicure, ovviamente con rendimenti proporzionalmente molto più contenuti. Se salta l’euro, però, anche i bund denominati in euro perderebbero il loro valore.
Allo sportello della banca, è facile che in questo periodo ai risparmiatori terrorizzati dai debiti sovrani siano offerti strumenti finanziari delle banche che presentano varie caratteristiche piacevoli per i piccoli risparmiatori. I certificati di deposito vincolati per 12 o 24 mesi hanno bassi costi di gestione, tassi di rendimento anche maggiori del 4 per cento lordo e, dal gennaio 2012, una riduzione di tassazione dal 27 al 20 per cento. In più offrono, come per i conti correnti tradizionali, la garanzia del rimborso in caso di fallimento della banca fino a 100 mila euro. Ma se lo Stato italiano va in default, chi paga l’assicurazione sui depositi?

ALTRIMENTI IL MATERASSO

Infine, c’è poi la scelta che sono ritornati a fare molti risparmiatori: il materasso. Con le borse che sembrano montagne russe, il debito pubblico alle stelle e il rischio di fallimento per gli Stati, molti piccoli risparmiatori disorientati sono tornati a tenere il proprio gruzzolo sotto il materasso per paura che le banche o lo Stato italiano falliscano. Il materasso ha il vantaggio di preservare la disponibilità e la liquidità dei risparmi, la medicina più popolare contro l’incertezza. Ma lascia i risparmi esposti alla tassa più odiosa - quella che non si vede - cioè l’inflazione. E l’inflazione ha rialzato la testa nel corso del 2011, sfiorando il 3,5 per cento in ottobre. E potrebbe salire ancora - sia pure temporaneamente - se il governo, per mettere una pezza sul disastrato bilancio pubblico, dovesse ritoccare l’Iva ancora all’insù di uno o addirittura due punti percentuali.
Cosa concludere, dunque? Una sola cosa: durante i giorni del debito comune, va bene essere patriottici. Ma con giudizio.




di Francesco Daveri e Gianni Di Lascio 28.11.2011