La notte avrà portato consiglio a Berlusconi. Si sarà reso conto che la sua stagione politica è giunta al capolinea dopo aver preso atto ieri, in una giornata convulsa,  a Montecitorio della disgregazione della sua maggioranza. La situazione contingente è davvero drammaticamente negativa, al punto che nemmeno il più lascivo, arido ed avido dei fedelissimi non sia stato colto dal dubbio che forse sarebbe stato meglio abbandonare il "padrone" al suo destino, ormai segnato.
Abbiamo parlato, scritto tanto, tutto sul cavaliere. La promessa (mancata) di una rivoluzione liberale, l'affermazione di un paese agli occhi del mondo che forte della sua storia avrebbe potuto rappresentare anche una eccellenza industriale ed economica. La governance del consiglio dei ministri come se fosse un consiglio di amministrazione di una delle sue floridissime aziende, con l' utopistica speranza di ottenere risultati se non superiori almeno paragonabili. Ed invece sappiamo tutti come sono andate le cose, quale è la condizione oggi.
L'interrogativo ora si sposta sul chi, quando e come sia in grado di rimettere sui binari il treno Italia quasi deragliato dopo aver percorso, per anni, il binario morto dello sviluppo economico favorito dalle finte liberalizzazioni.
Ascoltando i primi interventi degli esponenti delle opposizioni si capisce chiaramente che non ci sono convergenze né su un leader, tanto meno su un programma. Il commissariamento da parte della UE è cosa nota. Inutile adesso sbandierare il vessillo della sovranità nazionale dello stato italiano ricusando l'attuazione delle misure imposte nella ormai celeberrima lettera firmata da Draghi e Trichet lo scorso 5 agosto e, riproposta, se vogliamo in misura anche più rigorosa nel g20 appena conclusosi a Cannes.
Quelle misure per forza di cose bisogna adottarle, per riconquistare la fiducia degli investitori, per ottenere un minimo della credibilità internazionale perduta, per sperare che la BCE continui a riempire i suoi caveau di titoli del debito sovrano italiano, limitando per quanto possibile, la continua risalita del famigerato spread sui bund tedeschi. Forse "la via senza ritorno" l'abbiamo già imboccata, quella dalla quale Irlanda, Portogallo e Grecia, prima di noi, son tornati solo ricorrendo al fondo salva stati, indebitando ulteriormente, se possibile, l'attuale e le future generazioni a venire.
Abbiamo bisogno di soluzione immediate, decise e concrete per problematiche complesse che nella drammaticità degli eventi occorsi si rivelano ancor più ardue da trovare, da attuare. Sento parlare di tracciabilità dei pagamenti superiori ai 500 euro e di misure contro l'evasione. Certo, l'evasione è un problema, va affrontato, risolto. Ma questa classe dirigente, (la stessa che ha porta borse pagati in nero, che assegna appalti ad amici e parenti, che utilizza il potere politico derivante dalla poltrona acquisita da nominato, non da eletto, quale volano per l'arricchimento personale), è certa che in una ipotetica classifica dei provvedimenti prioritari da attuare nell'immediato l'evasione occupi un posto di tale rilevanza da essere la prima risposta da dare al paese?
Penso vengano prima la eccessiva pressione fiscale (prima causa della evasione e non per scelta), il precariato,  confuso con la flessibilità del lavoro, gli eccessivi costi della politica a tutti i livelli, centrali e periferici, l'accesso al credito per le imprese vero motore trainante della economia italiana, una più equa distribuzione della ricchezza e del reddito, combattere la criminalità organizzata, il malaffare, la corruzione che inibiscono le vere eccellenze ad emergere ed affermarsi, costruire un nuovo modello di sviluppo socio economico di cui la meritocrazia sia la pietra miliare, dare una possibilità concreta alle eccellenze formatesi nel nostro paese di sviluppare l'innovazione in Italia, restituire all'istruzione ed alla ricerca il ruolo di formazione, di modellamento, di edificazione di una nuova classe dirigente capace, concreta, affidabile.
Il dopo Berlusconi offre una grande possibilità: dare al paese quel nuovo modello di sviluppo di cui abbiamo e sentiamo enormemente bisogno per rilanciare il paese non soltanto economicamente. Sarebbe  il vero volano per un rilancio che porterebbe di nuovo la speranza. L'auspicio è che questa speranza possa venire interpretata da una personalità lungimirante portavoce di una nuova politica che risolva le problematiche, senza pedissequamente adottare provvedimenti corporativi difensivi che non creano uno sviluppo organico, che nella situazione contingente, rappresenterebbero la mannaia del boia che si accanisce sul condannato a morte Italia. A questo punto pretendiamo una politica VERA! Vera interprete dei bisogni del cittadino che sappia, con le risposte adeguate risolvere le problematiche della comunità, tracciando nel contempo, le basi per creare le condizioni per lo sviluppo e per la crescita.