Vale la pena leggere le parole pronunciate qualche giorno fa da Paolo Savona, presidente del Fondo interbancario di tutela dei depositi ed ex ministro dell’Industria nel governo Ciampi. Savona, intervenuto al convegno “Quale futuro dell’Europa”, esprime dei concetti che spiegano chiaramente ed inequivocabilmente la situazione economico-sociale che il nostro Paese sta vivendo, ed una possibile via d’uscita.

La sua dichiarazione è la seguente: “L’Italia deve pensare ad un piano per uscire dall’euro, perchè i costi sociali per rimanerci potrebbero essere troppo alti da sostenere. I gruppi dirigenti del Paese hanno sì il dovere di avere un Piano A per l’Europa, e cioè come restare dentro l’euro ma anche un Piano B, cioè come uscirne, nel caso ci costi troppo sul piano sociale ed economico, in una nazione con 16 milioni di pensionati e 31 milioni di lavoratori.

Ora la Banca centrale europea ci ha strappato la sovranità fiscale ma senza darci alcuna garanzia politica. Noi insomma abbiamo un alto debito ma denominato in una moneta che non è la nostra, e che non possiamo stampare in caso di necessità. La classe dirigente dovrebbe valutare anche i costi alternativi alla situazione attuale che ci sta portando alla deflazione visto che la BCE ha solo poteri di stabilità finanziaria ma non di sviluppo, come la Federal Reserve americana.

Mi riferisco cioè ad un uscita dall’euro che certo causerebbe inflazione , ma ci permetterebbe anche di tornare a stampare moneta, fissare i tassi, stabilire il rapporto di cambio e andare verso un nuovo equilibrio complessivo. L’Italia è entrata in maniera troppo superficiale nel Trattato di Maastricht, e doveva e poteva fare come ha fatto l’Inghilterra: invocare la clausola che gli permetteva di non entrare anche nella moneta unica”.

Cosa aggiungere, se non la preoccupazione che gli attuali governi “tecnici” – che tra l’altro prospettano scelte puramente politiche – non siano in grado di andare oltre quella stringente dinamica globale dell’esclusivo risanamento dei conti pubblici, senza passare dall’indispensabile idea di sviluppo, senza la quale saremo tutti quanti costretti solamente a pagare, pagare errori di altri, che oggi, svuotando di significato gli impianti democratici, hanno assoggettato le sorti del futuro di interi Paesi.

Andrea Sironi