Che si dimetta o non si dimetta, che resti disperatamente in sella o si decida ad abbandonare, la traiettoria di Renata Polverini in ogni caso alla sua curva finale. E lo stesso tentativo di auto assoluzione allestito in queste ore non sembra smarcarla più di tanto dall'abbuffata dei suoi consiglieri.
Sarà difficile in futuro raggiungere il grado di miseria culturale, di degrado umano che emerge da questa storiaccia della destra laziale. Non è l'unico caso di utilizzo privato di finanziamenti pubblici, dell'accumulo e sperpero a fini personali. Le paghette del «trota» e gli stessi accaparramenti del tesoriere dell'ex Margherita fanno parte dello stesso campionario. Così come, tutti insieme, stanno a segnalare quanto agonico e decomposto sia ogni simulacro istituzionale.
Ma con quale credibilità la presidente Polverini oggi rivendica la sua estraneità al malaffare, quando proprio grazie ai capi bastone di Tuscia e Ciociaria, ai Battistoni, ai Fiorito e a tutti gli altri, si è garantita in questi anni la tenuta della sua giunta di assessori improvvisati, la sua compagnia di giro, di consulenti, collaboratori, amici e compari? Fa bene ad andarsene (sempre che lo faccia davvero), ma per favore ci risparmi il suo indignato stupore. Forse non conosceva chi le era capitato di accogliere in consiglio regionale? Non sapeva con chi avrebbe dovuto lavorare, concordare leggi e delibere, stabilire patti e accordi politici? Le sfuggiva forse che la destra, a Roma e nel Lazio, è popolata da personaggi discutibili, peracottari e faccendieri vari?
Le sue dimissioni sono un gesto di dignità personale e politica, ma non certo un atto di eroismo istituzionale. La sua breve esperienza, ancor prima dello squallido sconquasso nel gruppo consiliare Pdl, si era distinta per diverse scelleratezze, dalla sanità all'urbanistica, dal piano casa alla macelleria sociale. In un territorio flagellato dalla crisi, con centinaia di vertenze, cassa integrazione a ciclo continuo, licenziamenti a raffica, il tutto in assenza di politiche economiche regionali, strategie anticicliche, programma di ripresa e rilancio.
Renata Polverini se ne sta andando risucchiata nello stesso gorgo di Fiorito e gli altri, ma la sua crisi, la sua sconfitta sono nel fallimento delle politiche di destra, nel Lazio come a Roma. E' una stagione ormai al tramonto, quella che si sta intrecciando tra la Regione Lazio e il comune di Roma, e che vede la presidente e il sindaco penosamente affiancati nella loro rabbiosa ritirata politica.
E pensare che cinicamente c'è già chi va ipotizzando un giro di valzer tra i due. Si candidi Renata in Campidoglio e vada Gianni dove meglio ritiene.